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Vetrina – In libreria/ Maria Lanciotti. Quinta stagione
10 Agosto 2013
 

Quinta stagione*

 

 

Flautista

 

Prendi aria:

Dammi anima

E una lacrima.

 

 

Come un bacio

 

Il tempo della vita:

Breve e lunghissimo

Come un bacio fra innamorati inesperti.

 

 

Preghiera

 

Assaltare alture

E declivi

Con lo sguardo perduto nell’erba

Che al vento si flette

In preghiera.

 

 

Noi

 

In tutte le creature

Sperse di Dio

Io mi ritrovo.

 

 

Incorrisposto amore

 

Uggiolando i cani

Si accucciano ai piedi

Del padrone

E con gli occhi parlano

D’incorrisposto amore.

 

 

La pazienza del gatto

 

Avere la pazienza del gatto

Quando muore

Leccando l’ultima luce

Lo sguardo già opaco

Il muso nell’erba

Retratti gli artigli.

 

 

Istante

 

Cerco parole per un dire che non ha parole.

Un sole pieno che ti spacca il petto

E ti serra la bocca nella meraviglia

D’esser vivo e pensante

E l’istante che dilegua

Lasciando luce d’alba nella tua sera.

 

 

Fratture

 

Sogno d’ombra.

Troncava un duro arnese

Il marmo.

 

 

Figlio

 

Se non t’avessi avuto

In tutti i figli t’avrei cercato.

T’avrei rubato

Strappato

Dalle braccia non mie.

Se non t’avessi avuto

T’avrei tratto

Dalle mie carni

Con la ferocia d’un dio

Che vuol riprodursi.

 

 

Fumi di vulcano

 

La verità non sta

Chiusa nel cranio

 

Ma aleggia

Come fumi di vulcano.

 

 

Drago

 

Il drago al mio servizio

Ha finito il fuoco.

Striscia ora sul cratere

Delle acque immote.

Il drago al mio servizio

Domani lo mando in pensione.

 

 

Bambola

 

La bambola ha perso

Il trucco i capelli

Un occhio e una gamba.

 

Col suo cuore di pezza

Giocano i cani randagi.

 

 

Venne il fabbro

 

Per paura dei ladri

Tutta la casa era stata sbarrata.

Smarrita la chiave

Non potevo più entrare.

Venne il fabbro.

Aveva la lima e la sega

E il piede di porco.

Io non avevo con me

Neanche l’acqua per bere:

Dentro la casa sbarrata

C’era tutto il mio avere.

Lottò il fabbro col ferro

La porta cedette.

Ma io nuda e leggera

Già mi ero avviata

Verso nuove dimore

Senza porte e inferriate.

 

 

Restare andare

 

Stagione incerta

Tra burrasche e brezze.

Confini instabili

Nuovi panorami.

Restare andare

Faticosa scelta.

Seguire impulsi

Fuori luogo e tempo

Nella smania

Incessante

Di ricerca.

 

 

Attimi

 

Vivo

Teneramente

Carezzando l’erba

Che mi accarezza.

Preziosi istanti

Da masticare

Come l’ultima ostia

Mentre la luce cala

E si prepara a invadere

La notte

Il velo turbolento

Mosso dal sangue.

 

 

Lingua avviluppata

 

La parola fa male

Spinge la parola

E si contrae

Arrotolata su se stessa

Muta lingua

Nera lingua

Lingua avviluppata.

 

 

Granelli

 

I tuoi versi

poeta –

Granelli di terra

Sparsi sulla pietra.

 

Scivola il tempo

poeta –

Particelle d’eterno

Graffiano la pietra.

 

 

Donna

 

Donna non sei

Se per la vita non sei pronta a morire.

 

 

Il sospiro della luna

 

Quante parole dette

Scritte pensate

E il sospiro della luna

Fa un rumore

Che cancella tutto.

 

 

Quinta stagione

 

Non l’aspettavo questo

Tempo qui.

Non potevo immaginare

Che esistesse.

Mi sembrava lunga la vita

Insostenibilmente.

E troppo lungo

Il filo del pensiero

Teso fra il mai

E il sempre.

Troppe le stagioni

Da attraversare

(da cui farsi attraversare)

E c’era la stagione impensata

(dolcissima)

Che vivo

Come roccia infissa

Nella roccia

E braccia d’acque

Carezzevoli e mortali.

 

 

Mistero

 

Queste mie ginocchia

Dure come sassi

Più non strisciano

Chiedendo grazia.

La carne di questa terra

Rimpolpa le mie ossa

Fatte nuove

Dal lungo genuflettersi

Al Mistero

In cui affogo.

 

 

Gallerie

 

Ti ho forse inventato

Albero senza frutti e semi

Ricco di fronde sensibili

E suonanti.

Nella corteccia scabra

Scavai mille gallerie

Per arrivare al segreto

D’una bellezza senza vita e spasmo

Oscillante agli schiaffi

D’uno stanco temporale

Senza grandine e tuoni.

Mai raggiunsi l’inesistente

E riconoscente

Mi aggrappo al furore delle fioriture.

 

 

Agenda 1980

(a Ombretta)

 

Vivere come un fiore

E un passero:

Per un giorno

E per sempre.

 

 

Caverna

 

Lasciare che il magma

Sgretoli e divori

Il più interno massiccio.

Lasciare che si faccia

Caverna incandescente

Il più profondo sito

Del sentire.

Lasciarsi esplodere

Alla spinta irrefrenabile

Del nucleo.

Annuvolare il cielo

Di domande

Cercare fra i detriti

(pezzi d’anima)

Il codice della comprensione.

Dilatare la mente

Per decifrare

Segni visti in sogno

E vedere

(prima che fiorisca)

Il cespuglio lilla

Scalare scogli

E i caratteri del nuovo linguaggio

Impressi in un volume antico

Da sfogliare.

 

 

Arca

 

Quando quel tempo arriva

Che ti sommerge e spazza

Vorresti avere un’arca

Per salvare anche le più piccole cose.

 

 

Alieno

 

Non l’altro mi è alieno

Ma lo stesso mio pensiero

Abissale.

Continuamente scavo

Senza mai cogliere

Il principio della mia interiorità

Insondabile enigma.

 

 

Storia

 

La storia degli uomini:

Spari e canti

Suono di campane

E singhiozzi.

E sempre un ventre

Che produce uomini.

 

 

Non porto con me nemmeno un geranio

 

Vado.

Ogni cosa che lascio è legata

A un passato di frecce.

Non porto con me nemmeno un geranio.

 

 

Non mi pento

 

Libera vivo

Dopo che l’anello ho spezzato.

Vi rimase preso il mio piede

Ma il resto sfuggì alla tagliola.

Zoppico è vero

E piango di dolore

E sanguino illuminando di rosso

La strada

Ma non mi pento lo giuro

D’essere stata la schiava

D’ogni battito e brivido

E dei suoni del fondo.

 

 

Lunga e breve

 

Troppo breve la vita

Per coglierne l’essenza

 

Troppo lunga

Per sopportarne l’empito.

 

 

Maria Lanciotti

* “Quinta stagione” è una sezione della raccolta poetica E dirti ancora, Ibiskos Editrice Risolo, 2012


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