C’è molto interesse sul territorio di Langa e Roero per l’imminente arrivo in libreria del nuovo libro di Donato Bosca edito da Priuli & Verlucca col titolo Eravamo tutti contadini. Soldati di Langhe e Roero alla Grande Guerra 1915-1918.
L’autore dedica questa sua nuova fatica letteraria alla madre Ida Carmine, prematuramente scomparsa, e ai due nonni che hanno combattuto la prima guerra e hanno portato a casa la pelle, in particolare il suo omonimo Donato Bosca che regalò alla Patria dieci anni della propria vita, tra servizio militare, addestramento, anni di guerra.
Ritenendo di fare cosa utile trasmettiamo scheda di presentazione del volume e due immagini di supporto.
p. l’Associazione Arvangia, Monica Pio
Donato Bosca, recuperante della memoria contadina premiato in più occasioni, ha iniziato a collaborare con la Casa Editrice Priuli & Verlucca di Ivrea nel 1999 con il libro Masche. Voci, luoghi e personaggi di un “Piemonte altro” attraverso ricerche, racconti e testimonianze autentiche, volume giunto alla terza edizione. Da allora, ogni anno, è riuscito a riproporsi come autore, firmando otto dei 32 titoli editi nella collana “Quaderni di Cultura e di Civiltà Piemontese”.
L’ultima fatica letteraria dello scrittore originario di Mango arriva in libreria a fine ottobre e si intitola Eravamo tutti contadini. Soldati di Langa e Roero alla Grande Guerra 1915-1918. Si tratta di un evento editoriale atteso, con presentazioni già in calendario a Canelli (sabato 21 ottobre), Castino (domenica 5 novembre), Alba (venerdì 17 novembre), Rocca de Baldi (venerdì 1 dicembre), Montà d’Alba, Niella Belbo, Dogliani, Asti, Torino in data ancora da definire.
I libri di cui si occupa Donato Bosca in qualità di autore o di curatore hanno successo in virtù di una tecnica di narrazione che è nello stesso tempo strategica e coinvolgente, come se in ogni libro prendesse corpo una partitura di voci che trasforma l’io narrante in coro. Succede anche nel nuovo libro. Come sempre l’autore parte dalla propria famiglia, dalle testimonianze della madre, dei due nonni Donato e Pasquale, dei parenti; poi, allarga il discorso all’intero paese chiamando in scena altri protagonisti: Luigi Manera, classe 1898, Pio Maggiore, classe 1892, Giuseppina Bosca, classe 1916, Luigi Bona, classe 1886, Caterina Fazio, classe 1895. Dal paese di Mango spazia a macchia di leopardo sul territorio collinare di Langa e di Roero, dando voce a Maria Bosca di Cossano Belbo, Maria Cagnasso e Angiolina Boschis di Monchiero, Carlin Del Santo di Magliano Alfieri, Luigi Ravina di Cissone d’Alba, Sebastiano Marengo di Baldissero d’Alba, Celso Agosto di Trezzo Tinella, Sabino Traversa di Serravalle Langhe.
Il fil rouge che collega le microstorie strappate all’oblio sono i libri letti sull’argomento, le tesi di laurea esaminate, gli articoli raccolti nel corso degli anni, i documenti conservati presso la “Casa delle Memorie”. In questo modo l’epopea della Grande Guerra si delinea anche attraverso le citazioni tratte dalle tesi di laurea di Bruno Bruna (“Ricerche sulla scrittura popolare nella Prima guerra mondiale. Epistolari di soldati cortemiliesi”), di Angelo Baudana (Problemi inerenti alla partecipazione dei contadini delle Langhe alla Prima guerra mondiale), e di Renato Penna (“Ex voto e devozione popolare nella diocesi di Alba”), dai libri di Gerardo Unia (“Figli di questa terra”), di Remo Gianuzzi e don Boarino di Castagnole Lanze, di Giulio Parusso (“Alba e la Grande Guerra”), di Sergio Susenna sul Santuario della Moretta di Alba, dai testi inediti di Carla Quilici “Ricordi famigliari” e di loRenzo Fenoglio “Serravalle Langhe”, dai documenti inediti messi a disposizione da Amedeo Castagnotti, archivista della Curia vescovile albese, dagli articoli di Diego Lanzardo sul soldato Giovanni Torta detto Nino di Cherasco e di Katia Robaldo sui profughi da Castrano, dalle lettere di Don Attilio Destefanis di Narzole, dal memoriale di Andrein Botto, pubblicato a puntate sul bollettino parrocchiale di Frabosa, dai saggi di Carla Ponzano sul nonno soldato “medaglia di bronzo”, di Gianfranco Maggi e di altri studiosi, primo fra tutti il “maestro” Nuto Revelli.
Anche l’inserto fotografico, costruito come album attingendo agli archivi di famiglia, rende omaggio ai penultimi di cui ha scritto Beppe Fenoglio, soldati senza nome come il Guglielmo Chiarle di Cossano e tanti altri che hanno lasciato traccia di sé in una cartolina, in un’immagine dal fronte, in una lettera scritta con gena e commozione. L’appendice documentaria pubblica pagine del diario di prigionia di G.M., capitano del Genio Aeronautico, nato a Torre Annunziata e morto a Torino e presenta un epistolario di straordinaria bellezza di cui diede notizia per primo il giornalista Fabio Felicetti in un articolo pubblicato in terza pagina dal Corriere della Sera venerdì 17 luglio 1992. Vale la pena soffermarsi sulla parte iniziale di quel servizio per certi versi “profetico”:
Alba (Cuneo) – Le loro parole, scritte con calligrafie diverse e su fogli spesso di fortuna, erano finite sopra le assi di una bancarella. Un pacco di lettere, forse novanta, tenute insieme con l’elastico, era poggiato proprio lì, in un angolo. Il trafficante in paccottiglia lo considerava merce e nient’altro. Pensava che i francobolli sulle buste potessero suscitare qualche curiosità in chi bazzicava il mercatino delle pulci. Erano bolli di molti anni fa. Una mattina, davanti al banchetto, si fermò qualcuno in cerca di memorie sepolte. Guardò dentro le buste, lesse in fretta. E scoprì una testimonianza che stava per dissolversi.
«Carissima moglie…»: Ottavio scrive dal fronte, guerra ’15-’18, alla giovane consorte. Non è in prima linea, non racconta di granate e di mortai. «Fa un freddo terribile, la temperatura è di 15 sotto zero. C’è un vento che da tanti giorni getta i soldati per terra». I disagi ambientali non impediscono di trascorrere un Natale senza pena. «Abbiamo fatto cuocere la pasta asciutta, ma prima abbiamo fatto liquefare la neve. Prima che la marmitta bollisse erano le due pomeridiane».
È un contadino, Ottavio: volitivo, autoritario, attaccato alla “roba”, abituato ad un mondo di fatica che trascura i sentimenti. Non pensa alla patria né alle sorti del conflitto, ma continua a dirigere con elmetto e giberne, la sua casa lontana. Entra nei dettagli e si occupa di tutto con martellante insistenza. «Taglia i capelli alla bambina, ma guarda bene la luna, quando i capelli sono più forti».
Un uomo con il senso del dominio e la paura di essere derubato. «Non mandare il servo in cantina a prendere il vino, travasalo tu, in piccole bottiglie, così si controlla meglio». Ha timore che si spenda troppo, che si consumi troppo, ed è male. Suggerisce alla moglie di mangiare minestre di riso, così si evita il secondo.
È seccato perché lei scrive poco e, quando lo fa, si limita ad una cartolina illustrata. Lui, invece, vorrebbe tante notizie, più che della moglie e dei figli, della campagna e dei raccolti. Non sa come costringerla ad essere tempestiva ed esauriente. Rimugina e alla fine escogita una specie di questionario, che spedisce alla remissiva consorte. «Il vino l’hai caricato?», «Mio padre è ancora li?», «La serva è andata via?», «il cavallo l’avete venduto?», «il grano l’avete seminato». Fra una domanda e l’altra uno spazio bianco per le risposte.
L’epistolario di cui dava notizia il Corriere della Sera è ora custodito nella “Casa delle Memorie”, sede-museo dell’Associazione Culturale Arvangia a San Donato di Mango, nelle Langhe, e le risposte che Ottavio implorava sul perché di situazioni insensate come quelle che la guerra obbligava a vivere diventano nel nuovo libro edito da Priuli & Verlucca (pp. 160) tessuto finissimo e drammaticamente reale, senza soste fra passato e presente.