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Gordiano Lupi. Questa è la vita (1954) di Pàstina, Zampa, Soldati, Fabrizi
22 Luglio 2013
 
Regia: Aldo Fabrizi, Sergio Pàstina, Mario Soldati, Luigi Zampa. Soggetto: Luigi Pirandello. Sceneggiatura: Vitaliano Brancati, Giorgio Bassani, Aldo Fabrizi, Mario Soldati, Giorgio Pàstina, Luigi Zampa. Fotografia: Giuseppe La Torre. Montaggio: Eraldo Da Roma. Musiche: Carlo Innocenzi, Armando Trovajoli. Scenografia: Peppino Piccolo, Salvatore Prinzi. Produttore: Felice Zappulla per Fortunia Film. Distribuzione: Titanus. Interpreti: Emilio Cigoli (narratore), Turi Pandolfini, Totò, Myriam Bru, Giorgio Costantini, Aldo Fabrizi, Walter Chiari, Lucia Bosè, Domenico Modugno, Antonio Nicotra, Pina Piovani, Mario Castellani, Luigi Pavese, Lauro Gazzolo, Jone Morino, Carlo Romano, Zoe Incrocci, Amina Pirani Maggi, Giovanni Grasso jr, Attilio Rapisarda, Anita Durante. Durata: 96’. Bianco e Nero. Commedia/Drammatico.
 
   Questa è la vita è un grande film d’autore, anzi di molti autori, strutturato in quattro episodi, sceneggiato da scrittori di buon livello sulla falsariga di altrettante novelle di Luigi Pirandello.
   La giara, di Renato Pàstina, è interpretato da Turi Pandolfini, Domenico Modugno, Franco Gandolfi e Antonio Nicotra, ci porta in Sicilia rurale per raccontare tradizioni d’un recente passato. Un riparatore di brocche finisce prigioniero della giara che sta riparando e provoca una lite con il padrone che vorrebbe essere risarcito. La giara va in mille pezzi dopo che l’artigiano aveva dichiarato al padrone che preferiva restare nella giara per sempre piuttosto che pagare. I fratelli Taviani faranno un bel remake allargato di questo episodio in Kaos (1984), film a episodi che sfrutta la bravura di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia nella loro ultima interpretazione. Un segmento interessante, abbastanza fedele alla narrazione di Pirandello, che in un livido bianco e nero ricostruisce con dovizia di particolari la vita nella campagna siciliana. Il ventaglino, di Mario Soldati, è l’episodio più datato, ma è interessante come documento che ci fa conoscere una Roma anni Cinquanta tra nobiltà, soldati e povera gente. Myriam Bru è molto brava nei panni della ragazza madre che si ritrova con un bambino da mantenere, ma finisce per spendere i soldi di un’elemosina in un ventaglio. La ragazza usa il suo acquisto per farsi notare da un bel soldato e il regista lascia solo intuire cosa potrà accadere. La patente di Luigi Zampa è un piccolo capolavoro di comicità amara e umorismo surreale interpretato da Totò e Mario Castellani. La sceneggiatura è molto fedele alla novella di Pirandello, Totò interpreta con una comicità sopra le righe il ruolo di un aspirante iettatore, un uomo evitato da tutti per la sua fama di menagramo. Totò pretende a ogni costo il rilascio di una sorta di patente di iettatore, in maniera tale da poter vivere sfruttando tale qualifica. Totò vestito di nero, occhiali scuri e bastone con pomello a forma di gufo è una scena indimenticabile,così come sono fantastici i poteri da menagramo che fa cadere lampadari e scoppiare fuochi d’artificio. In ogni caso il segmento capolavoro del film è Marsina stretta, di Aldo Fabrizi, regista e attore nei panni di un vecchio professore che fa di tutto per maritare un’ex allieva (una stupenda Lucia Bosè) con un ricco e innamorato pretendente (Walter Chiari). L’episodio è impreziosito dalle interpretazioni di Luigi Pavese e Carlo Romano. Molto teatrale e giocato sull’interpretazione eccellente di Aldo Fabrizi, professore innamorato della sua allieva come un vecchio padre, coinvolto nel suo destino sino a forzare la mano della famiglia del promesso sposo che osteggia le nozze. Molto ben ricostruito il pudore del vecchio professore, i modi da intellettuale d’altri tempi, ottima la parte preparatoria con Luigi Pavese che lo convince a indossare una stretta marsina per fare il testimone alle nozze. Sarà il vestito scomodo a dare al gentiluomo la forza di irritarsi e di imporre la sua volontà dopo la morte improvvisa della madre della ragazza. “La felicità di una persona a volte dipende da una marsina stretta”, conclude. Un episodio che alterna momenti comici a frammenti drammatici, ma che scorre su un abile registro da commedia all’italiana, affrontando i casi della vita e facendo sorridere su situazioni al limite del grottesco.
   Questa è la vita ricorda un’opera teatrale in quattro quadri, molto ben girati, basati su solide sceneggiature, arricchiti da interpretazioni di altissimo livello e da una colonna sonora straordinaria composta da Carlo Innocenzi e Armando Trovajoli. Ottima la fotografia in bianco e nero di Giuseppe La Torre.
   Rassegna critica. Paolo Mereghetti (due stelle): «Quattro episodi tratti da altrettante novelle di Pirandello, nelle quali, come sottolinea un insolito prologo didascalico, si vorrebbe riflettere sui rapporti tra realtà e finzione. In realtà le quattro regie non si staccano molto da un’onesta notazione di costume: le cose migliori sono a livello di sceneggiatura, soprattutto per La patente (Vitaliano Brancati collabora con Zampa) e Il ventaglino (Giorgio Bassani affianca Soldati)». Morando Morandini (due stelle e mezzo): «Uno dei primi film a episodi del cinema italiano post bellico (il primo fu Paisà) insieme ad Altri tempi e Tempi nostri di Blasetti, un filone che fu coltivato specialmente negli anni Sessanta. Il migliore dei 4 sketch è La patente, e non soltanto per la presenza di Totò: alla sceneggiatura diede il suo apporto Vitaliano Brancati, così come per Il ventaglino Mario Soldati ebbe il conforto di Giorgio Bassani. La giara fu ripreso e dilatato dai fratelli Taviani in Kaos». Non condivido del tutto i pareri dei due illustri critici, perché ho rivisto un film invecchiato molto bene, ancora oggi godibile, un quadro straordinario di come eravamo. Gli episodi migliori sono Marsina stretta e La patente, mentre Il ventaglino - con buona pace di Bassani - pare il più datato. Le tre stelle concesse da Pino Farinotti, pur senza motivare, sono più che condivisibili.
 
Gordiano Lupi

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