«Vivono tra noi, amano come noi, si arrabbiano, pensano, deducono, campano come ognuno di noi. Li puoi incontrare a far la spesa, in coda in automobile, al mare (forse di più la mattina presto) o, meglio, in montagna, dal dottore, in eventi pubblici. Si sposano, si lasciano, hanno figli e si impegnano per sbarcare il lunario, pensano agli altri ed alla loro famiglia proprio come noi. Leggono, si informano e si documentano come tutti, scrivono (probabilmente) un po’ più della media. Quindi cos’è che li differenzia? Niente, sono persone né migliori né peggiori delle altre se non quando hanno l’occasione di trasmettere come solo la loro penna può fare, di essere filtro tra ciò che hanno dentro e ciò che è fuori ma anche tra ciò che loro vedono ed altri magari no.
Eppure i Poeti ci sono e non solo nelle accademie, sui libri, nei caffè letterari o nei concorsi a tema ed un motivo, come per le zanzare o per gli economisti, un motivo ci dovrà pur essere! A chiederselo tra sé e sé o tra loro lo troveranno senz’altro, come troveranno una vecchia zia od un giovane appassionato idealista che comprerà copie di edizioni stampate e strappate al proprio stipendio o ad un editore recalcitrante. Ma io non lo chiedo ad uno di loro. Lo chiedo agli altri, a chi relega la Poesia a serie troppo spesso sciocca di rime o la lega all’espressione di sentimenti propri del culmine di un’infatuazione. Lo chiedo a tutti quelli che non hanno mai sfogliato una silloge, a coloro che dopo la scuola hanno usato i libri di poesia per aggiustare gambe di tavoli traballanti o per scacciare le già citate zanzare (allora forse queste due categorie si motivano a vicenda? Ma gli economisti?), a chi ritiene il linguaggio e la comunicazione solo come un mezzo per raggiungere spesso fini non troppo simpatici, chi lo ha sfilato, sfinito, svilito perché l’importante è dare voce alla pancia e pronunciare parole forti che scuotono le orecchie di chi ne sente già troppe ogni giorno. Mi rivolgo a loro e contemporaneamente ai miei simili, i Poeti, che non riterrebbero chiusa una giornata se non incidendo una pagina dei propri sentimenti, i lirici che rendono epica la nostra Umanità, i critici che si ribellano all’impoverimento linguistico, riconoscendo in questo (come altri illustri prima di loro) le minacciose basi per l’appiattimento morale e civile.
Nello scrivere come in altre poche funzioni nobili dell’uomo escono fuori le recondite motivazioni, come proprio in questo caso: la Poesia ed i Poeti servono perché tutto il resto abbia un senso! Perché il ferro possa carezzare, il freddo emanare calore, il cattivo compiere del bene.
Andiamo, fratelli, consideriamo lo Stato della Poesia come unico futuro possibile e ritroviamoci in piazza della Repubblica a Firenze presso La piazza dei libri il prossimo martedì 23 luglio alle 19 dove presenteremo questo progetto insieme ad alcuni ospiti, per veder infine volare, nel cielo più limpido, palloncini colorati, partoriti direttamente dai nostri più fertili pensieri».