Parla con calma, chiara, senza generare equivoci su quanto dice, bella, vivace nello sguardo, piena di sogni che è certa siano forieri di prossimi cambiamenti.
«Non è una crisi» dice, ed insiste più volte su questo concetto, «è l’inizio di una rinascenza». Parafraso il resto. “È dalla sofferenza che nasce sempre qualcosa di buono. Così come prima del parto il dolore è forte, sembra un dolore finale e cocente e pieno di incertezze… poi il figlio nasce e vivrà dei sogni che avremo saputo trasferire in lui”.
Yoani è speranza, ottimismo, determinazione a non dover e volere essere conforme, certa di una strada di libertà che è fede che non incespica mai, quella che passa e che si respira a pieni polmoni. Significativo l’esempio del recinto di pecore… non puoi imprigionarle, qualcuna vorrà uscire e andarsene e non si dovrà fermarla… Credo non sia privo di riferimento preciso questo netto rifiuto all’inscatolamento, alla massificazione che veramente poco conosce la parola “libertà”.
Ha ricordato tutte le persone che le sono state d’aiuto, vicine nel cuore, nella solidarietà, nella lotta senza armi che ha visto la sua parola colpire più di un sasso. “Mi ha salvato l’elettronica, il mio blog, aver potuto parlare al mondo anche se siamo controllati e non abbiamo internet nelle nostre case”.
Ha parlato dei grandi, di tutti i grandi, Mandela, Gandhi ma ha dato particolare rilievo a chi non assurgerà mai agli onori della cronaca. Ha parlato delle donne di Cuba, del loro coraggio di vivere e lottare, di gruppi di dissidenti che ogni volta che si riuniscono, rischiano l’arresto.
Era la Yoani che volevo vedere, che avevo letto dalle traduzioni e libri di Lupi… sono stata felice, felice e grata.
Patrizia Garofalo