Nel 2013 ricorre il terzo centenario della morte del Gran Principe de’ Medici, l’erede al trono toscano, figlio del granduca Cosimo III e di Margherita Luisa d’Orléans.
Figura di spicco allo scadere del Seicento. Ferdinando si distinse per l’amore per la cultura nel senso più pieno del termine: i suoi interessi collezionistici e mecenatizi si svilupparono in parallelo, e ben presto, a quelli per il teatro, per la musica, per la scienza, facendo del giovane delfino un vero e proprio faro nella Firenze del tempo.
La Galleria degli Uffizi gli dedica una mostra con il titolo “Il Gran Principe Ferdinando de’ Medici (1663 – 1713) Collezionista e Mercante”, fino al 3 novembre 2013 (catalogo Giunti) a cura di Riccardo Spinelli. L’evento vuole dare «una immersione nell’arte, nel gusto, nella curiosità e nel capriccio di un’intera epoca» (Cristina Acidini) – vuole rendere omaggio a questa straordinaria personalità, eclettica e articolata, presentandone le caratteristiche salienti in merito al collezionismo artistico ma anche alla passione per lo spettacolo. Nelle sale al piano nobile della Galleria, un tempo occupate dall’Archivio di stato e oggi, progressivamente, consegnate al nuovo, grande nascente museo, in altrettante sale tematiche in cui sono, ora, presentate opere e documenti significativi della vicenda biografica del delfino toscano che, premorendo al padre, appunto il 31 ottobre 1713, non ebbe pieni doveri di Stato, potendo così sviluppare quelle passioni che lo accompagnarono nella pur breve vita.
Le prime sezioni, una delle quali iconografica, dedicata all’immagine del principe, illustrano gli interessi giovanili per la musica e per il teatro e i luoghi di tale interesse, soprattutto la villa Pratolino, palcoscenico ideale per gli ozi e i divertimenti del principe. Accanto a lui si vedono i suoi musici, i suoi librettisti, gli uomini che si occuparono della sua educazione che fu selezionatissima, affidata ai ‘migliori ingegni’ della Firenze tardo secentesca. Una sezione è dedicata alle nozze del principe con Violante Beatrice di Baviera, alle cerimonie fiorentine del tempo, ai lavori di adattamento della reggia di Pitti che subì un massiccio restauro documentato in mostra con disegni e altre memorie.
Nelle sale successive, dedicate alla prima fase del collezionismo artistico di Ferdinando, in cui vengono presentati quei pittori graditi al giovane principe, soprattutto fiorentini o naturalizzati tali, verso i quali l’erede al trono mostrò una preferenza, come Anton Domenico Gabbiani.
Due settori nei quali il principe si distinse con particolare incisività, nel campo del collezionismo e del mecenatismo, furono la natura morta e la scultura.
Nel primo Ferdinando mostrò un gusto decisamente scelto, individuando in Bartolomeo Bimbi il grande artista locale, quello che meglio di altri poteva ben rappresentare la corrente più moderna, compiutamente barocca, di questo filone artistico. Al contempo, grazie a una fitta rete di consulenti, procacciatori, esperti, il principe tenne d’occhio il mercato ‘straniero’, peninsulare come europeo, facendo arrivare in collezione le opere dei più brillanti artefici che per lui produssero sensazionali capolavori, spesso eseguiti a Firenze: tra questi il napoletano Giuseppe Recco, Munari, Fardella, Crespi, Campidoglio, Tamm e tanti altri presenti in mostra. Nel campo della scultura Ferdinando protesse i maestri locali, quelli formatisi a Roma all’Accademia medicea, privilegiando Giuseppe Piamontini, Giovan Battista Foggini, Balthasar Permoser e Massimiliano Soldani Benzi, che produssero per il Delfino alcuni dei loro capolavori, visibili nel loro fulgore in mostra.
Un altro aspetto che l’esposizione degli Uffizi evidenzia è quello del collezionismo di opere antiche da parte del principe Ferdinando il quale non si limitò a raccogliere opere di artisti contemporanei ma, nella migliore tradizione medicea, si interessò costantemente della pittura cinque-seicentesca, italiana e non, facendo arrivare a Firenze una mole enorme di dipinti, molti dei quali capolavori che oggi fanno la ricchezza dei musei fiorentini quali: Uffizi, Galleria Palatina o Museo della Natura Morta a Caiano. In questo settore, l’intraprendenza collezionistica del principe raggiunse livelli mai visti in famiglia: Ferdinando, pur di assicurarsi i grandi capolavori sacri ancora conservati nelle chiese di Firenze, della Toscana ma anche in altre zone d’Italia, procedette con una frenetica ‘campagna-acquisti’ di prestigiose pale, fornendone copie, finanziando interi restauri delle strutture che contenevano gli originali, comprando e pagando salati alcuni capolavori sommi dell’arte occidentale. É grazie a Ferdinando, infatti, che oggi si possono ammirare nei musei fiorentini, agli Uffizi come a Pitti, opere quali la Madonna dal collo lungo del Parmigianino, la Madonna delle arpie di Andrea del Sarto, la Pala Farnese di Annibale Carracci, la Visione di Margherita da Cortona, la Pala Dei di Raffaello, il Martirio di Santa Caterina di Riminaldi, la Discesa di Cristo dalla croce di Cigoli e tante altre.
Accanto a queste opere spesso monumentali, fatte oggetto di spettacolari ‘restauri’ e ampliamenti, Ferdinando sviluppò anche altri filoni collezionistici. Ad esempio, nella Villa del Poggio a Caiano dette vita, sul finire del XVII secolo, a un ‘gabinetto di opere piccole’ nel quale fece confluire dipinti di ridotte misure (non dovevano superare una certa misura) riempiendo le pareti dal pavimento al soffitto, esemplificando così, in maniera quanto mai originale, scuole, maestri e tecniche pittoriche varie e articolate: in mostra, il ‘gabinetto’ del Poggio è ricostruito e due pareti di questo vedono rialloggiati i dipinti nella sistemazione voluta dal principe.
Allo scadere del Seicento, tuttavia, le preferenze artistiche di Ferdinando variano sensibilmente e si indirizzano verso le grandi scuole che non siano la Toscana: sono gli anni della scoperta di maestri quali Sebastiano Ricci e il nipote Marco, Giuseppe Maria Crespi, Alessandro Magnasco, Anton Francesco Peruzzi, Niccolò Cassana, Rosa da Tivoli, Francesco Trevisan, molti dei quali presenti a Firenze perché invitati dal principe, attentissimo alle novità in campo figurativo, nonostante il declino psico-fisico che segna gli ultimi anni di vita, caratterizzati da un invecchiamento precoce ed inesorabile.
Maria Paola Forlani