Il controllo dell'amministrazione pubblica sugli orari dei negozi è come il finanziamento pubblico ai partiti. Una storia travagliata in cui quando sembra che tutto sia come dovrebbe, cioè come stabilito dalla legge, ecco che in qualche modo si cerca di farlo rientrare dalla finestra. È un continuo andirivieni dove gli unici a farne le spese sono, come sempre, i cittadini contribuenti e consumatori.
Per il finanziamento pubblico ai partiti, nonostante varie promesse elettorali, per il momento sembra che tutto rimanga grossomodo com'è oggi. Non solo, ma ci sono anche alcune associazioni di consumatori che spudoratamente stanno proponendo una sorta di finanziamento pubblico anche per se stesse.
Per i negozi, sembrava che fosse stata messo un punto fermo col decreto “salva Italia” del Governo Monti, con tanto di bocciatura, da parte della Corte Costituzionale, della legge Toscana che voleva fare il contrario della legge nazionale.
Invece no. Alla commissione commercio della Camera ci sono i pasdaran del controllo ad ogni costo che non vogliono rassegnarsi. A parte la proposta di Scelta civica che, ovviamente, sposa la liberalizzazione già decisa dal suo leader, Mario Monti, quando era capo del Governo, ci sono due proposte che sono significative:
- una del Movimento 5 Stelle che vuole capovolgere la situazione consegnando alle Regioni la facolta' di decidere in materia;
- una del Partito Democratico che confonde le leggi con le promozioni comunali: relatore l'on. Dario Nardella (foto), la proposta intende affidare ai Sindaci la definizione di un calendario di aperture da concordare con le associazioni di categoria; calendario a cui i commercianti possono scegliere se aderire o meno, anche in virtù dei benefit che le singole amministrazioni offriranno (per esempio: circuito di informazione ufficiale di cui potrebbero beneficiare gli aderenti al calendario delle chiusure). A parte la molto probabile incostituzionalità di questi benefit (perché per quelli che aderiscono alle proposte dei Comuni e non per tutti?), c'è una preponderante evidenza: che si fa una legge per dire ai Sindaci cosa potrebbero fare per volontariamente non rispettare la legge nazionale? Non sarebbe questa, piuttosto, una iniziativa dello specifico assessorato al commercio di altrettanto specifico Comune, ammesso che negli elenchi siano indicati tutti i negozi e non solo quelli che volontariamente non usano la legge nazionale? Non ce ne voglia l'on. Nardella (ex vice-Sindaco di Firenze), ma si ricordi che una cosa è fare le leggi nazionali, altra è fare le iniziative di un Comune!
Vincenzo Donvito, presidente Aduc