The Juniper Passion, opera drammatica in tre atti sulla Battaglia di Montecassino, eseguita in prima mondiale nel Teatro Romano di Cassino
«Da ragazzo ero molto orgoglioso del fatto che mio padre avesse combattuto nelle due grandi battaglie della 2ª New Zealand Expeditionary Force: El Alamein e Monte Cassino. Parlando del Nord Africa mio padre ricordava il deserto rovente di giorno e le gelide notti stellate. Dell’Italia ricordava le montagne, le macerie, gli italiani e la loro calorosa accoglienza e la distribuzione da parte dei neozelandesi di cibo, cioccolata e piccoli regali per i bambini. E sempre parlava degli uomini, Snow da Auckland, Joe da Motueka, di uomini sempre vivi, e di altri che non sono mai più tornati a casa. Persino negli ultimi mesi della sua vita ho visto che prendeva in mano le fotografie di quei volti e di quei luoghi ormai lontani». Ed è per un debito con la Memoria storica e personale che John G. Davies scriverà il libretto The Juniper Passion, dedicato a suo padre Richard Ferguson (1920-2003) e a tutti i Caduti durante la battaglia di Montecassino (gennaio/maggio 1944). E sarà Michael F. Williams a penetrare nel pathos della storia per trarne la formidabile musica su cui viaggeranno le parole.
Un’opera drammatica in tre atti con un cast di artisti internazionali di eccelsa bravura, la superba regia dello stesso John G. Davies affiancato da una Christine Hamp in stato di grazia (che ha anche curato la traduzione del libretto), l’Orchestra del Conservatorio “L. Refice” di Frosinone diretta dal genialissimo Maestro Marco Attura e formata da brillantissimi elementi che piace qui nominare: violino I Loreto Gismondi, violino II Cristian Cerelli, viola Marco Palmigiani, violoncello Donato Cedrone, contrabbasso Alessandro Del Signore, flauto Erika Macalli, clarinetto Dario Bellardini, tromba Luigi Bartolini, trombone Daniele Di Stefano, pianoforte Roberto Murra, organo Luca Pelosi, percussioni Fabrizio Bartolini, Tommaso Capuano, Giampiero Carlini. E le voci superlative di Alessandro Luciano e Amitail Pati tenore, Stephanie Acraman, Lilia Carpinelli e Julia Booth soprano, James Ioelu basso-baritono, Joe Beckwith e David Griffiths baritono. Senza tralasciare di nominare per l’indispensabile magico apporto il Maestro Antonio D’Antò supervisione musicale, John Parker progettazione, Wayne Laird audio director, Michael Knapp light design, Moss Patterson-Juniper dancers coreografia, Sean Castles video e tutto l’impegnatissimo staff tecnico. Per la compagnia di danza contemporanea maori The Juniper Passion, otto elementi e una sola anima, viene in mente un’unica parola: indescrivibile.
Detto ciò, nulla si è detto. Come si è potuto organizzare un progetto di tale portata, di cui certo non è facile afferrare l’incredibile valenza, che mette insieme la Nuova Zelanda e l’Italia per portare musica laddove c’è stata distruzione e morte, il gesto riparatore e rappacificatore che solo l’arte può intessere col suo universale linguaggio?
Remando contro. Contro l’assenteismo di una società distratta e disimpegnata, contro le cassandre e i rinunciatari, contro la burocrazia orba e il burocratese di maniera, contro lo scetticismo e le logiche (illogiche) del consumismo, contro la flemma delle istituzioni e contro quel concetto di comodo detto ‘crisi’. Remando contro la sfiducia che questa società alimenta, alimentando la fiducia che allontana abbattimento e prostrazione. Una pazzia, insomma. Perché qualcuno doveva pur attivarsi per accogliere nella nostra bella, sofferente Italia, una proposta così significativa e artisticamente possente. La cultura non è una parola vuota, quando a pronunciarla è Valeriano Bottini (responsabile per la parte italiana), che non si è lasciato minimamente interdire dagli innumerevoli intoppi che hanno reso ancora più gravoso il compito organizzativo (per un progetto totalmente autofinanziato, non va dimenticato) e ha puntato dritto all’obiettivo comune, centrandolo in pieno: fornire una produzione indimenticabile. Un discorso nuovo si apre, sia sul piano umano che artistico, e forse più in là troverà appoggi consistenti anche da parte delle istituzioni, al momento latitanti, e diversa apertura da parte di un pubblico altrimenti sensibilizzato.
L’opera The Juniper Passion è stata eseguita dal vivo in prima mondiale al Teatro Romano di Cassino, con repliche a Roma e Nemi.
Maria Lanciotti