“Potere/ simili a questi rami/ ieri scarniti e nudi ed oggi pieni/ di fremiti e di linfe,/ sentire/ noi pur domani tra i profumi e i venti/ un riaffluir di sogni, un urger folle/ di voci verso un esito; e nel sole/ che v’investe, riviere/ rifiorire!” Eugenio Montale
“è così semplice in fondo/ abitare luoghi che non abbiamo mai visto (e ritrovare, una domenica pomeriggio/ in un angolo più buio/ una disimparata nostalgia” Alessio Casalicchio
“Ritorna un tuo sorriso/ riflesso opaco dalle lenti/… il pioppo in cortile è pervaso dal sole” Matteo Bianchi
“Indipendentemente dal desiderio del piacere, esiste nell’uomo una facoltà immaginativa, la quale può concepire le cose che non sono…e stante questa forza immaginativa si possono credere reali cose che non sono” Giacomo Leopardi
Se si possono credere reali le cose che “non sono” ci si può anche provare a guardarla in faccia questa realtà spesso disumana “quando stanno per volare via/ li spostano in fondo al corridoio, / per non dare impiccio a chi uscirà/E raccoglievo le sue cose, ciò che più non sarebbe stato…” che, accolta, letta, sofferta ,vissuta e scritta si offre nell’ipotesi di un compito poetico d’alterità senza rassegnazione e abbellimenti consolatori. Ed è con questo “altro” che i due poeti si interrogano, si confrontano e si scrivono da camere separate da una parete leggera che permette di “ascoltarsi scrivendo” nel silenzio, nella complicità e nel presente. La costellazione dei pesci domina le notti autunnali e molte stelle che la compongono appaiono doppie così come, pur nella propria singolarità, i versi non si snodano in contrasto ma anzi a lettura attenta si presentano addirittura apribili ad intersezioni di confidente amicizia e tali da creare insieme una struttura polisemica a quattro mani. “Pesci in cielo e il tuo/ nostro segno non brilla/ più la solitudine” e i pesci respirano il mare, la sua vastità segreta, conoscono le segretezze degli abissi, i colori dei fondali accolgono il cielo e inventano per gli uomini gli angeli che poi raggiungeranno con ali pesanti la terra brulla, arida, indifferente, immemore se non per le parole dei poeti, di questi due poeti che pur molto giovani, possiedono la saggezza dello sguardo sulla realtà e ne parlano senza misericordia alcuna, anche quando fa male persino respirare “e la luna coricata sul parabrezza/ senza le tue pretese/ prostituta che non si dava/ …Qui il pensiero del gelso non cambia/ o non esiste. Trapassa il randagio/ spirito oltre il confine della misura,/ ma sbatte, s’infrange e non scorge/ diverso tono di specchio in specchio”. E l’amore conosce tempo e disattese, assenze dentro il cui vuoto si cerca “qualcos’altro”, forse lì nella finestra aperta su un’altra e dentro la cui casa si intravvede un’immagine incorniciata di oggetti e memorie. Il dissolversi di noi e di chi amiamo è colto nelle stagioni, per entrambi i poeti, stagioni autunnali o primaverili, di passaggio, in transito, su binari, stazioni, cimiteri e rosaspine, incise sull’etichetta di un barattolo che svela un segreto. Quello della vita. “il poeta deve camminare” scrive Matteo. Immagino sporgere da una porta “malchiusa” un biglietto, una risposta forse.
È Alessio.
io sono un uomo che non ha mai pregato,
che ha vissuto solo di difformità e fantasie
avide di carne e movimento, e tuttavia
non v’è ragione perché i miei occhi d’improvviso
si voltino altrove, così rapidi e dissennati
ai giorni che più non si lasciano toccare.
E ancora Matteo…
Aprivo affranto i papaveri
contando di anticiparne la fioritura;
non spettava a me, al contrario
ne violavo intorto la natura.
Patrizia Garofalo
Alessio Casalicchio e Matteo Bianchi, L’amore è qualcos’altro
Empirìa, 2013, pp. 68, € 12,00