31 Maggio 2013
La mia posta è piena di annunci avvisi volantini inviti su vari modi allegri di festeggiare il 2 Giugno: sembra diventato realtà un sogno che avevo coltivato da decenni, ripetendo ad ogni 2 giugno la mia insoddisfazione -per non dire altro- per la cerimonia militaresca e pomposa che si ripeteva stancamente e con grande dispendio: sfilate, bandiere, bande, corone d'alloro, discorsi roboanti e militari a go-go. Avevo incominciato a protestare, perché mi capitava -tornando a Bolzano dai miei impegni milanesi la notte tra l'1 e il 2 giugno- di non poter quasi raggiungere casa mia, senza passare ronde e controlli, perché abito proprio sul corso lungo il quale sfilava il corteo del 2 giugno.
Pensandoci un poco, avevo concepito un sentimento di ingiustizia. Ma come? mi dicevo stizzita, il 2 giugno è la Festa della Repubblica, non delle Forze armate, la Festa delle Forze armate è il 4 novembre, e non si capisce perché i militari debbano avere -loro soli- due feste. Poi con quelle rumorosissime esibizioni delle Frecce tricolori, pericolose, costose, inquinanti, da vendere come macchine da guerra ad altri paesi. Non voglio che la Festa della Repubblica serva da vetrina per vendere i prodotti della Finmeccanica.
Pensandoci ancora, mi ero convinta che era meglio avere una festa che assomigliasse piuttosto al 14 luglio francese: si canta e balla per le strade tutta la notte, per festeggiare la presa della Bastiglia; così avevo cominciato a proporre che -non solo nei giardini del Quirinale- ma in ogni piazza, parco, giardino pubblico si ballasse, si piantassero banchetti di cibi e bevande, magari anche gestiti dai e dalle migranti, che avessero voglia di farceli conoscere. Insomma tutto ciò che di fatto sta succedendo spontaneamente. La celebrazione ufficiale del 2 giugno è disertata quasi come i seggi elettorali, ma in questo caso è un buon segno.
Una cosa sola mi manca: per equità avevo proposto che ogni anno si mettesse in luce un gruppo, una attività, una questione e su quella puntasse la festa: ad esempio un anno medici/he infermieri/e, un anno l'artigianato, un anno il territorio ecc. ecc. Sarebbe un bel modo di riconoscere la cosiddetta “società civile”, e favorire la partecipazione. Per l'anno in corso mi piacerebbe che si mettesse a tema la “riforma” della Costituzione e il presidenzialismo, che adesso tutta la destra e un bel po' di centristi e riformisti -a partire da Napolitano- propongono come panacea.
Orbene bisogna sapere che un capo di stato e insieme di governo eletto direttamente dal popolo con una specie di voto di fiducia che dura una legislatura, non si può ovviamente far decadere senza andare subito a nuove elezioni e che non rappresenta più democrazia, ma una democrazia più formale ristretta e di spettacolo, non di partecipazione. Non essendo per ora previsto l'inserimento nel nostro ordinamento costituzionale dell'impeachment, non si potrebbe intervenire nemmeno contro un presidente divenuto ineleggibile per pregressi impedimenti giuridici. Insomma un bel passo indietro e la fine di possibili controlli sull'operato di chi sta al sommo del potere. A me pare molto pericoloso e non da discutere in commissioni di saggi o di pazzi, di esperti e tecnici, ma largamente nel popolo. Vale la pena di pensarci.
Postilla sulle Frecce tricolori. Quando fui candidata al Senato risultai eletta nelle due circoscrizioni in cui ero stata messa e optai per calcoli vari per il Friuli-Venezia Giulia, pur avendo mantenuto ottimi e carissimi rapporti con l'Abruzzo, l'altro mio collegio. Ero stata eletta da poco, infatti si stavano distribuendo le presidenze delle Commissioni e mi proposi per la Presidenza della Commissione Difesa. I voti dei componenti erano in perfetta parità e io sarei passata perché più anziana. Mentre si attendeva l'elezione, dal Friuli mi arrivarono messaggi perché prendessi posizione contro le Frecce, andai alla loro base e lì un comitato di genitori e insegnanti e assistenti di nidi e di scuole per l'infanzia, mi fecero vedere attestati medici e raccontarono che i e le piccole avevano crisi di panico alla partenza rumorosissima e inattesa delle Frecce; osservai anche il cartello che un signore spiritoso che aveva un vigneto vicino alla base aveva esposto e che diceva: “Specialità: vino al cherosene”. Mi informai e trovai che negli altri paesi le frecce non ci sono o comunque non sono di stato, ma di club privati, e che non partono dalla terraferma, ma dalla tolda di qualche portaerei in modo che il terribile rumore si espande sul mare e non disturba. Una mia dichiarazione contro l'inquinamento acustico e ambientale provocato dalle Frecce -come è noto- fu molto pompato dalla stampa e mi costò la Presidenza, perché il senatore De Gregorio dell'IDV cambiò schieramento e prese la presidenza. Rimasi nella segreteria della Commissione, senza poter spiegare altro, ma ricevendo anche un invito del comandante della base, insieme a tutti i commissari. Ottima accoglienza, ottimo pranzo, esibizione delle Frecce saltata perché il tempo non era bello, e interrogatorio da parte del comandante: “Ma senatrice sono o no belle le nostre Frecce?” Rispondevo: ho un'altra idea di bello ecc. ecc. Il Comandante insisteva e cercavo qualche battuta che mi attirasse il consenso dei e delle friulane presenti al banchetto: all'ultima domanda: “Ma insomma senatrice, che cosa le piace allora?” risposi: Preferisco il Tocai, tra gli applausi. Sono stata oggetto di molte telefonate minatorie e di battute sprezzanti. In seguito comunque cercando una qualche utilità di quei costosi e pericolosi giocattoli, chiesi se si potessero mandare le Frecce a spegnere gli incendi di bosco, dato che sono così brave a scendere in picchiata, ma mi fu risposto con alterigia che non erano affatto attrezzate a reggere sotto la pancia dei bidoni d'acqua. Insomma non sono riuscita a trovare una loro qualsiasi utilità.
Lidia Menapace |