Si è aperta fino all’8 dicembre nella Galleria dell’Accademia di Firenze la Mostra “Dal Giglio al David. Arte Civica a Firenze fra Medioevo e Rinascimento”.
L’esposizione, unica nel suo genere, si propone di valorizzare il territorio cittadino presentando quelle opere d’arte nate per arricchire i palazzi pubblici, le sedi delle Arti, le mura e gli altri luoghi emblematici della città a testimonianza del ruolo giocato dalle immagini nella comunicazione e nella propaganda dei gruppi che governano Firenze in età comunale e repubblicana. Un percorso che comincia con sigilli e gli stemmi araldici nel Medioevo, per proseguire con le tavole raffiguranti la Madonna e i santi patroni della città, e concludersi emblematicamente con il David, la scultura capolavoro di Michelangelo, originariamente collocata in piazza della Signoria come simbolo della repubblica fiorentina e adesso conservata alla Galleria dell’Accademia. In mostra anche le cosiddette “pitture infamanti”, pitture murali situate in luoghi pubblici che raffiguravano fatti e personaggi invisi alla città, come per esempio l’affresco con la Cacciata del duca d’Atene proveniente dall’antico carcere delle Stinche e ora a Palazzo Vecchio. La rassegna è curata da Daniela Parenti e Maria Monica Donato (catalogo Giunti).
Circondata e protetta dalla cerchia muraria nella quale si aprivano le porte di accesso alla città, fra il XIII e il XIV secolo Firenze costruisce la propria identità culturale e politica di pari passo con la trasformazione architettonica dello spazio urbano.
Il Battistero di San Giovanni Battista, creduto all’epoca un tempio pagano di età romana poi trasformato nel fulcro della cristianità cittadina, e la Cattedrale di Santa Reparata, riedificata in forme più grandiose a partire dal 1296 con la nuova dedicazione a Santa Maria del Fiore, erano gli edifici identificativi della città, atti anche a svolgere funzione civica prima della costruzione del Palazzo del Capitano del Popolo, poi Palazzo del Podestà (dal 1250) e del Palazzo del Popolo, poi Palazzo dei Priori (dal 1299), con la loggia e la piazza antistante.
Nella prima sezione della mostra si può seguire l’affascinante percorso con il titolo “La città e i santi protettori”.
Insieme all’araldica, erano quasi sempre i santi patroni a rappresentare Firenze nei testi figurativi; protettori della città, erano presenti in effigie fin dalla cerchia muraria, nelle arcate interne delle porte, e la loro immagine tornava più volte nelle pitture murali e nelle tavole dipinte che trovavano posto negli spazi di rappresentanza situati nelle residenze della Magistratura. Oltre alla Vergine e alla triade più antica, composta da Giovanni Battista, dalla giovane martire Reparata e dal primo vescovo Zanobi, si aggiunsero progressivamente santi legati a eventi politici e militari di importanza cittadina, come Anna, propizia alla cacciata del tiranno Duca d’Atene, Vittore, Barnaba e Antonio abate, connessi con l’affermazione dei guelfi sui ghibellini.
Nella seconda sezione viene messo in evidenza il tema “Lo spazio politico: Comune, Popolo, Parti e Signori”.
Il governo della città simboleggiato dal Giglio fu assicurato nel tempo da una pluralità di soggetti politici. Dapprima fu l’aristocrazia cavalleresca (i milites) a dare vita al Comune, con le sue istituzioni consiliari e la magistratura esecutiva del Podestà. Alla metà del Duecento a guidare Firenze fu invece il Popolo, un movimento di mercanti, banchieri e notai, che affiancò le proprie istituzioni a quelle del Comune, si rese fautore di una grande espansione economica, suggellata dalla coniazione del Fiorino d’oro, e promosse la costruzione del primo palazzo pubblico (l’attuale Bargello), destinato ad ospitare i consigli e il Capitano del Popolo. Sia il Comune sia il Popolo si diedero propri statuti e svilupparono, in modo coordinato ma talora conflittuale, l’amministrazione delle funzioni pubbliche: la giustizia, la fiscalità, i lavori pubblici. Le lotte tra Guelfi e Ghibellini e, in seguito, con la reggenza dei Sovrani angioini non fecero venir meno il Comune, il Popolo e le Parti, che continuarono a operare in uno spazio politico sempre più affollato e diviso: la lotta per il potere si inasprì dando luogo a bandi ed esclusione di cittadini dalla partecipazione alla res pubblica.
L’itinerario storico, dell’esposizione, si concluse con “Le Arti e Orsanmichele”, sezione che appare tra le più affascinati della mostra, per lo sfavillare di opere d’arte, nate grazie alla raffinata e attenta committenza delle Corporazioni verso le “Arti” nella città di Firenze.
Sebbene non di rado le Arti maggiori abbiano assunto il patronato di ospedali e chiese, è Orsanmichele l’edificio sacro identificato delle corporazioni. Sorto come Loggia e deposito del grano, edificato a più riprese a partire dal XIII secolo, si trasformò in un luogo di culto per la presenza di un’immagine miracolosa della Vergine col Bambino, intorno alla quale, sui pilastri dell’edificio, fin dalla prima metà del XIV secolo le Arti cominciarono ad apporre le immagini dei loro santi patroni sotto forma di affreschi, pitture mobili, sculture. Quest’ultime, destinate alle nicchie poste sui pilastri esterni, videro coinvolti nella loro esecuzione i migliori scultori del Quattrocento, che, in un’ideale competizione, hanno trasformato l’oratorio in un caposaldo del Rinascimento.
Maria Paola Forlani