Oggi tutta Italia ricorda l'Emilia e il terremoto devastante che, in tre forti scosse, cancellò centri storici, capannoni industriali e vite umane. Si ricorda quel terribile giorno con la giusta ammirazione per gli emiliani che hanno raccolto le proprie forze e ricominciato tutto da zero, ricostruendo i loro paesi e le loro vite.
Certamente questa gente merita un applauso e un grazie per l'esempio dimostrato, ma non dimentichiamo che chiunque... quando riceve la forza e i mezzi per farlo... si impegna per ricostruirsi la casa e la vita. Lo hanno fatto, in silenzio, anche gli alluvionati di Giampilieri, in Sicilia, coi pochi mezzi a loro disposizione, lo ha fatto il Veneto dopo le esondazioni dei fiumi.
Lo avrebbe fatto anche L'Aquila se qualche mente malata non avesse deciso di bloccare le loro vite per sempre sotto quelle macerie. Che nessuno dimentichi, oggi, i cittadini dell'Aquila: gente fiera e forte, che nulla ha da invidiare agli emiliani e che aveva pronti martelli, chiodi e trapani per ricostruirsi il centro storico polverizzato dal terribile terremoto del 2009. Non glielo hanno permesso. Hanno messo le transenne e militari armati tra loro e le loro case. Politici senza spina dorsale li hanno utilizzati come “esempio elettorale”, per dimostrare che guai ha combinato la precedente amministrazione o che belle casette di legno sono state donate grazie a loro.
Ma agli aquilani non importava delle casette di legno né delle colpe di nessuno. Volevano solo una cosa: il permesso di ricostruire le loro case. Non glielo hanno mai dato. E sono passati quattro anni. Quattro anni di lutto e di vergogna che nessuno dovrebbe dimenticare... Prima di riempire di complimenti l'Emilia (che comunque li merita), complimentiamoci con la gente dell'Aquila per aver sopportato eroicamente la peggiore delle umiliazioni. Quella di vedersi puntare un fucile in faccia, come una bestia criminale, quando tutto ciò che volevi era raccogliere le foto di famiglia dalle macerie.
Grazia Musumeci