Nel più totale oblio mediatico, a breve partirà la raccolta firme a sostegno dei referendum radicali che caratterizzeranno i prossimi mesi di attività politica dei militanti. I quesiti rappresentano, nel loro insieme, un vero e proprio programma politico in grado di lanciare la sfida a tutte le forze che si dicono liberali, laiche, socialiste o semplicemente affezionate alla democrazia diretta (vero Grillo?). Tra questi risulta particolarmente urgente quello sulle droghe, unico strumento in grado di scardinare un orientamento proibizionista che non sembra essere mutato neppure con l'avvento del governo Letta.
Tira una brutta aria in questo paese per tutti coloro i quali, per convinzione o per convenienza personale – oppure entrambe – auspicano un allentamento della morsa proibizionista sull'Italia. La scelta del governo – ventilata ma non ancora definitiva – di lasciare immutate le deleghe sulle droghe, confermandole fra il Dipartimento Politiche Antidroga in seno alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e il ministero degli Interni, fa capire chiaramente che sarà ancora la repressione a prevalere. Era lecito aspettarsi un cambio di rotta, magari attribuendo la delega sulle tossicodipendenze al ministero per la Salute, prima di dare corso a una norma in grado di far diminuire la persecuzione contro chi cerca sollievo per le proprie sofferenze fisiche, o chi semplicemente apprezza le qualità rilassanti della canapa fumata (di cui un tempo si vendevano sigaretti curativi perfino in Italia) magari frutto di una piccola coltivazione per uso personale.
Nulla di tutto ciò avverrà e a darne l'annuncio è stato lo stesso Giovanni Serpelloni, ovvero uno della triade italiana del proibizionismo – che ha infettato anche l'Onu – comprendente anche Pino Arlacchi e l'inarrivabile Carlo Giovanardi. «Finché in Italia le leggi vigenti, fatte dal Parlamento eletto dal popolo sovrano, considerano l'uso di sostanze un illecito amministrativo oltre che dannoso per la salute e la società, io continuerò a operare in perfetta coerenza con questa legge e le evidenze scientifiche che la sostengono pienamente». Facciamocene una ragione, sembra dire a tutti noi Radicali Serpelloni, in questo messaggio che ha inviato direttamente alla segreteria di Torre Argentina, rilanciato da un comunicato dell'Associazione Radicale Antiproibizionisti; peccato che le evidenze scientifiche non siano per nulla univoche come sostiene il Professore. Se questa è l'aria che tira sarà durissima aspettarsi depenalizzazioni o provvedimenti meno restrittivi, soprattutto se si considera che il sempre sulla cresta Serpelloni, non si fa scrupoli finanche a negare le risultanze di tutte le principali rilevazioni in tema di tossicodipendenze.
Queste, come documentato anche da queste pagine, rivelano che in Italia vige al contempo la legge più proibizionista d'Europa e il più alto incremento di consumatori nel continente. Non secondo Serpelloni: «In Italia, come in altri paesi europei, al contrario di quanto affermato, vi è stato e continua ad esserci un calo del consumo delle sostanze stupefacenti; le carceri non si sono affatto riempite di consumatori e nessuno di essi è stato arrestato in base all'uso personale di droga in quanto, come tutti sanno, la detenzione a fini di uso personale non è un reato penale ma un illecito amministrativo che non prevede l'arresto». Altra menzogna, dal momento che è possibile finire in carcere anche per un paio di piantine o per qualche grammo di sostanza in più, acquistato sempre per uso personale.
L'unica speranza, ancora una volta e non solo sul fronte delle droghe, i “soliti e cocciuti” Radicali con i loro referendum. In questo caso non è stato possibile chiedere l'abrogazione totale di una norma che, ricordiamo, fu votata come comma del maxiemendamento sulle Olimpiadi Invernali di Torino del 2006, circostanza che ha finanche messo in dubbio la legittimità della Fini-Giovanardi. Presto partirà la raccolta firme, per un quesito che, se approvato, porterebbe alla fine della persecuzione per chi coltiva cannabis per uso personale – oggi equiparato a uno spacciatore! – oltre che alla decarcerizzazione delle violazioni connesse al semplice possesso di sostanze stupefacenti.
Infine, seppur non attinente al resto, un doveroso ricordo per Giorgiana Masi. Uccisa per la trentaseiesima volta dall'incapacità dello Stato nel renderle giustizia o dalla grande abilità di quest'ultimo nell'insabbiare tutto. Assieme a quel Francesco Cossiga, detentore della verità sepolta con lui. 36 volte, quanti sono gli anni da quando, appena diciannovenne, Giorgiana Masi se n'è andata. Per mano di chi, ancora non è dato sapere.
Fabrizio Ferrante
(da ePress, 12 maggio 2013)