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Adolescenti allo sbaraglio: Risveglio di Primavera di Frank Wedekind 
di Gabriella Rovagnati
08 Maggio 2013
 

Critico caustico dell’autoritarismo imperante nel tardo Ottocento, Frank Wedekind (1864-1918), uno degli autori più dissacranti e uno degli accusatori più diretti del falso puritanesimo borghese di fine Ottocento, nel suo primo dramma, Frühlings Erwachen (Risveglio di primavera, 1891), attaccò i metodi formativi dell’era Guglielmina, illustrando l’oppressione e la repressione che famiglia e scuola esercitano su un gruppo di liceali, inducendoli alla disperazione. Il testo, a tratti non lontano dal presentarsi come un vero e proprio manifesto della liberazione giovanile, denuncia la violenza, sottile o manifesta, di una pedagogia basta su un’omertà che si dimostra letale: Wendla muore perché la sua stessa madre la sottopone a una pratica abortiva; Moritz si uccide per la vergogna di essere stato bocciato, Ilse diventa la ragazza di tutti, Melchior, meno fragile, nonostante le molte umiliazioni e le molte tentazioni autodistruttive a cui è esposto, è l’unico del gruppo al quale alla fine si prospetta un futuro.

Quando questa “tragedia di ragazzi”, come recita il sottotitolo del dramma, fu rappresentato per la prima volta a Berlino nel 1906, suscitò naturalmente grande scandalo, soprattutto perché smascherava la menzogna di una morale che negava alla fisiologia i propri diritti e finiva per diventare più traviante delle peggiori devianze.

Ci vuole coraggio a rimettere in scena un testo così datato e in apparenza così lontano dai problemi degli adolescenti di oggi. Invece la versione che ne propone Claudio Autelli (in scena al Teatro Out Off di Milano fino alla prossima domenica) - pur con alcune inutili lungaggini e alcune gratuità (come quella di far recitare a Moritz un’intera scena in mutande) - è sostanzialmente riuscita, grazie soprattutto alla bravura delle interpreti femminili. Esilaranti sono le attrici che interpretano la madre di Moritz, una borghese che prova ad assumere atteggiamenti progressisti, e la madre di Wendla, la quale nell’impaccio con cui tenta di spiegare alla figlia il mistero della sessualità, somiglia tanto alla “sessuologa” Anna Marchesini di tanti sketch televisivi. Le stesse attrici sono poi le insegnanti della scuola - diversamente che in Wedekind, dove i professori del liceo sono tutti uomini -, un’istituzione che, invece di essere luogo di accoglienza, di apprendimento e di promozione della maturazione dei giovani, è presentata con il debito sarcasmo come una sorta di tribunale che non lascia all’allievo imputato - colpevole di aver spiegato a un compagno con uno scritto e dei disegni la dinamica del coito - nessuna possibilità di replica.

Alla fine del dramma, in una scena che si svolge al cimitero, il cadavere di Moritz si presenta a Melchior cercando di attrarlo nella sua sfera di morte; ma il giovane, pur corteggiato dall’idea di porre fine volontariamente al suo disagio come l’amico, finisce per seguire un “signore mascherato” (che era Wedekind stesso a recitare), portavoce invece dell’impulso vitale che ha alla fine il sopravvento. Forse la più bella idea della regia di Autelli è quella di aver sostituito il criptico signore mascherato dell’originale con una bella ragazza dalla chioma rossa, personificazione ancor più trasparente del “sì” alla vita.

 

 

Risveglio di primavera
di Frank Wedekind
traduzione di Gianni Bertocchini
adattamento di Claudio Autelli
regia di Claudio Autelli
con i diplomati della Scuola di Teatro del Fraschini
produzione Fondazione Teatro Fraschini

fino al 12 maggio teatro out off


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