Confesso, sono una quasi giovane eletta nel Partito Democratico con le primarie. Mi costituisco, anche se forse non è una notizia: non sono tra i 101 franchi tiratori di Prodi.
È con imbarazzo che nelle scorse settimane ho letto e ascoltato le dichiarazioni di chi imputa la responsabilità della crisi del Partito Democratico, esplosa in Parlamento, ai giovani eletti con le primarie, rei di essere impreparati, indisciplinati.
È con preoccupazione che oggi osservo come da alcune parti si mettano in discussione, tout court, le primarie. Mi chiedo da cosa, da chi, il Pd si debba difendere, nel nome di quale ordine, di quale progetto? Mi sembra una restaurazione silenziosa, ma poco cortese, non tanto nei confronti degli eletti, neppure, non solo, degli elettori, ma per la sopravvivenza del Partito Democratico stesso.
Le parlamentari Rosy Bindi e Teresa Bellanova, ma anche il grande elettore, Presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, il segretario del Pd lombardo, Maurizio Martina (ma a bisbigliarlo sono in molti altri), all’indomani dell’elezione del Presidente della Repubblica, hanno attribuito quanto accaduto ai giovani delle primarie, rei di non avere consapevolezza del loro ruolo.
Una posizione troppo ingenua per essere vera, specie se sostenuta da politici esperti, che assomiglia piuttosto ad una difesa maldestra, volta a negare un confronto aperto e democratico.
E allora mi chiedo chi debba sentirsi responsabile davvero di quanto è accaduto e sta accadendo.
O è chiaro solo a me, che tali accuse non colpiscono gli eletti, ma i loro elettori, che, sentendosi dare dei cretini perché hanno scelto persone di cui si fidano, sono evidentemente dei cattivi elettori. Cambieranno partito, anche se nessuno sembra curarsene.
Se dovessi interrogarmi sulla tenuta del gruppo del Partito Democratico, prima di dare degli irresponsabili ai colleghi, chiederei loro perché sul vincolo di fedeltà al partito abbia avuto la meglio il patto di fiducia con gli elettori. Elettori che, come i deputati, non hanno capito, perché non è stato loro né comunicato né spiegato, il brusco cambio di direzione nelle scelte.
Chi oltre alla responsabilità ha esperienza, credo, dovrebbe farla valere. Perché, altrimenti, attribuire la colpa per scrollarsela, mi sembra una grande vigliaccata inutile, e di più, una grande foglia di fico dietro la quale non ha senso, tanto meno ora, nascondersi. Non è tempo di giocare in difesa, di chiudere pesanti cancelli in faccia agli elettori e ai militanti, escludendoli dalle decisioni di un Partito che vorrebbero fosse il loro.
E poi una nota malinconica, ma il Pd ci credeva davvero oppure no alle primarie come metodo democratico, tanto da farne una bandiera di diversità rispetto agli altri partiti, diversi dal Pdl ad esempio? O il dietrofront è solo una boutade per non irritare gli alleati? Deve essere sicuramente così, altrimenti saremmo davvero tutti uguali.
Alessia Rotta, deputata eletta a Verona e provincia
con le primarie per i parlamentari
(dal blog [ciwati.it], 7 maggio 2013)