| Amsterdam. Nella sede di 'Amnesty International' nel corso del viaggio di Yoani |
11 Aprile 2013
Karen Caballero ha intervistato Yoani Sánchez per conto di Radio Tv Martí. Il video in spagnolo si può vedere al sito: www.martinoticias.com. Riassumo con uno sforzo di sintesi domande e risposte. L’intervista a Yoani è intervallata da rapide apparizioni di Antonio G. Rodiles – direttore di Estado de Sats – che illustra il programma politico “Por otra Cuba” (porotracuba.org) e dalla lettura di alcuni articoli fondamentali tratti dalla Dichiarazione dei Diritti Umani.
– La separazione familiare è il destino di tutti cubani. Tu come l’hai vissuta?
La separazione familiare fa parte del dolore di ogni famiglia cubana. Un dolore difficile da sopportare ma è la nostra vita. Ho riabbracciato mia sorella dopo due anni di separazione ed è stato un abbraccio doloroso. Cuba è vicina a Miami, un braccio di mare di pochi chilometri, ma è lontana per colpa di una folle ideologia e della repressione governativa. Poche miglia marine si trasformano in un abisso.
– Miami è proprio come viene raccontato a Cuba?
No davvero. La propaganda governativa racconta una Miami dove vivono persone che odiano Cuba. Il discorso retorico parla di gusanos, di mafia, di nemici. In realtà la maggior parte delle famiglie cubane vive grazie ai parenti emigrati a Miami, sono i nostri esiliati a sostenere l’esistenza quotidiana di chi è rimasto in patria. Da un punto di vista architettonico, Miami è stupenda. Una grande città, pulita e moderna, con una vita culturale intensa, simile all’Avana, nonostante la differenza tra splendore e decadenza.
– Cosa manca a Cuba per realizzare un vero cambiamento?
Il popolo cubano deve svegliarsi e lottare, perdere la paura, gettare la maschera e chiedere di essere ascoltato. Il vero nemico è l’apatia. Il governo fonda la sua forza sulla maggioranza silenziosa, che tace e va avanti, senza occuparsi di politica. Lo so bene perché anch’io sono stata apatica, ma dall’apatia ci si può svegliare, grazie all’informazione. Diffondere notizie a Cuba serve anche per sognare la libertà.
– Spiegaci cos’è successo nella tua vita nel 2002, quando sei andata in Svizzera. Si parla di un matrimonio con un cittadino tedesco…
Se c’è una cosa che ho imparato da Fidel Castro è a non parlare della mia vita privata. Ci sono cose della mia vita che sono soltanto la mia vita, non devono appartenere ad altri. Alcuni studenti di tedesco, ai quali impartivo illegalmente lezioni di spagnolo, mi aiutarono a comprare il biglietto per andare in Svizzera, dove ho fatto un’esperienza meravigliosa. Ho lavorato in una libreria latinoamericana dove ho imparato a conoscere gli scrittori che a Cuba mi impedivano di leggere. La Svizzera mi ha dato molte opportunità, mi ha insegnato a programmare le mie attività con precisione, mi ha insegnato a lavorare con metodo. Ma io volevo tornare a Cuba. Provavo troppa nostalgia del mio paese e della mia famiglia. Per questo ho preso la folle decisione di tornare e di gettare la maschera, cominciando il mio esorcismo personale nel blog Generación Y.
– È vero che sei favorevole alla eliminazione dell’embargo?
Certo, ma a condizione che tale provvedimento venga concordato con tutte le parti in causa, non è una cosa che riguarda solo il governo cubano e quello nordamericano, devono essere coinvolti anche il popolo residente sull’isola e l’esilio. L’embargo è solo un baluardo ideologico che va rimosso. Serve solo come motivazione per compattare il popolo contro un presunto nemico. Non è servito allo scopo.
– Cosa pensi di Eliecer Ávila e Rosa María Payá?
Tutto il bene possibile. Sono due grandi risorse per il futuro. Cuba non è completamente rossa o verde oliva, come pensano molti stranieri che sono stati a Cuba solo per una breve visita. Non è una nazione monocolore. Le sfaccettature sono molteplici. Eliecer Ávila è un giovane che si è formato all’interno del Partito Comunista, eppure si è reso conto che la libertà è importante, che non è possibile crescere come paese se non si procede a un cambiamento radicale. Quando mi accorgo che a Cuba ci sono giovani come lui e come Rosa María Payá, ho molta speranza nel futuro. Il popolo cubano è stanco del discorso monocorde. Servono persone giovani e responsabili. A Cuba va depenalizzata la discrepanza, questa è la cosa più importante da fare. Io non possiedo le soluzioni a ogni problema, ma so che senza libertà di espressione e di associazione, senza la libertà economica, non potremo ottenere niente. Prima la libertà. Il resto verrà di conseguenza.
– Nel 2007 hai cominciato a scrivere il blog Generación Y per parlare della realtà cubana. Tutti hanno cominciato a conoscerti nel mondo, ma non a Cuba.
Sono più conosciuta fuori dalla mia terra che a Cuba, ma non importa. A Cuba il governo detiene il monopolio informativo. Tu pensa che non conoscevo i Buena Vista Social Club: è stato uno straniero a parlarmene per la prima volta. In ogni caso mi rendo conto che la conoscenza dei cubani sulle mie attività sta aumentando, perché ci sono persone che mi fermano per strada, mi pongono domande e mi incoraggiano. A me piace lavorare in équipe e scambiare idee con gli altri. Il giornalismo è la mia carriera. Voglio continuare a comportarmi come una persona libera. Spero solo che Papà Stato non mi punisca per quel che ho fatto e che non decida di non lasciarmi più uscire da Cuba.
– Per tuo figlio speri in un futuro migliore? Non temi che voglia espatriare come fanno molti giovani cubani?
Il problema di ogni madre cubana è che un figlio possa emigrare. Siamo nati e cresciuti in un simile situazione, purtroppo. Non credo che il sistema che stiamo vivendo durerà ancora per molto tempo, ma so che ci aspettano momenti difficili. In compenso sono sicura che avremo una Cuba pluralista che non penalizzerà più la discrepanza e la prosperità. Sono sicura soltanto di una cosa: tornerò a Cuba per lavorare a un cambiamento che porti l’isola verso la democrazia.
Gordiano Lupi |