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Gino Songini. Il gatto e la volpe
30 Marzo 2013
 

Un micione ingrassato dalla barba pepe e sale e una volpe dal viso di lattuga si affacciano ai teleschermi per non dire nulla. Non possono rispondere ai cronisti, in nome della trasparenza lasciano la conferenza stampa prima che cominci e poi si lanciano per le vie di Roma inseguiti da un nugolo di reporter coi taccuini vuoti in mano. Questa è la loro democrazia. Per loro è democrazia farsi eleggere in parlamento con poche centinaia, a volte con poche decine di voti raccolti sul web tra amici e parenti e poi presentarsi alle camere magari senza sapere cos'è la BCE, ma con la sicumera di chi porta il verbo della verità, della trasparenza, dell'onestà. No, non ci siamo. A me non importa niente se mandano in streaming l'incontro con Bersani, alla fine del quale la volpe dal viso di lattuga commenta: «Mi sembrava di stare a “Ballarò”!» e poi mettono l'oscuratore ai loro incontri dopo i quali nessuno, come sempre, risponde alle domande dei giornalisti. I due guru, Grillo e Casaleggio, dettano da lontano le linee, i tempi e i modi delle azioni dei loro sottoposti, ma di queste comunicazioni non si sa nulla, assolutamente nulla. Tutto ciò, naturalmente, sempre in nome della trasparenza. Nessuno di loro può andare in televisione, nessuno può parlare. Solo il gatto (Crimi) e la volpe (Lombardi) possono presentarsi davanti ai giornalisti continuando a non dire nulla, limitandosi ad augurare “buon lavoro” con la faccia da schiaffi e tutto questo, naturalmente, sempre in nome della trasparenza. Mi dice un amico: «Guarda che comunque il loro programma è condivisibile, si può essere d'accordo con loro su molti punti». Sarà. Ma se questi punti non sono che specchietti per le allodole a me non interessano proprio, anzi, non fanno che aumentare la mia incazzatura. Ma si può sapere cosa intendono fare in parlamento? Mi sembra che questi poveri ragazzi, a volte veri e propri dilettanti allo sbaraglio, siano manipolati dall'alto senza alcuna possibilità di una loro iniziativa, di una loro idea, di una loro presa di posizione. Se all'inizio avevo guardato a questo movimento con qualche benevola curiosità, ora, ogni giorno che passa, provo una specie di rifiuto che a volte somiglia moltissimo alla repulsione. E mi piacerebbe che si trattasse soltanto di mie sensazioni. In realtà io non vedo alcuna attenzione ai problemi della gente. Purtroppo, lo si può ormai constatare con chiarezza, il paese sta andando di male in peggio. Gli indicatori economici non fanno che peggiorare, l'economia è ferma, le aziende hanno il fiato corto o chiudono, i disoccupati aumentano, la benzina è la più cara d'Europa, ecc. In questa situazione parlare di riforme (della giustizia, della burocrazia, del fisco, ecc.) è come parlare della coltivazione dei pomodori su Marte. Ciononostante il gatto e la volpe (ma quanto sono antipatici!) ripetono come un ritornello il loro “no” a tutto e a tutti, alla faccia dei milioni di italiani che hanno dato loro fiducia.

Ma ora non è più tempo di mandare “affan...” l'uno e l'altro, ora non è più tempo di insulti più o meno volgari a destra e a manca. Ora si gioca a carte scoperte e il bluff non vale più. “Hic Rodus hic salta”. Qui è il parlamento e qui devi agire. Gli italiani vi hanno votato per risolvere i loro problemi e non per continuare la recita degli insulti o per giocare a nascondino. Uscite dunque dalla piazza virtuale del web e calatevi nella piazza reale dove vivono persone che soffrono sulla loro pelle l'assenza di una politica minimamente attenta ai loro bisogni. Occorre rimboccarsi le maniche e non rinchiudersi nel guscio di una finta democrazia costruita sulla rete e lontana dalla realtà, non si può continuare a cullarsi nell'idea di una presunta purezza di fronte a tutti gli altri brutti, sporchi e cattivi. Gli ideologismi basati su simili convinzioni non hanno portato che disastri.

Purtroppo il gatto e la volpe (degli altri non mette conto parlare, perché a loro è interdetto esprimersi) pare non si rendano conto di tutto questo e non fanno che continuare col loro gioco di dire e (soprattutto) non dire, quasi facendosi beffe di tutti, fedeli ai diktat del guru miliardario, che detta legge dal suo villone affacciato sul mare di Genova. E fedeli a quell'altro capellone di cui si sa poco, che, neanche fosse il calendario dei Maya, ha predetto prossima ventura la terza guerra mondiale. Vecchio detto del mio paese: An sé en mè a bun ferè! (“siamo nelle mani di un buon fabbro!”)

Insomma, per farla breve, a me pare che la nostra politica non stia facendo passi avanti. Tutt'altro. E non intendo riferirmi soltanto ai problemi che abbiamo davanti e ai quali ho prima fatto cenno, ma anche e soprattutto al sistema, all'impianto democratico che pure abbiamo costruito dalla fine della guerra in poi.

Non vorrei spingermi fino a dire che è in gioco, o in pericolo, la democrazia. Ma che in questo modo di proporsi e di operare all'interno del sistema ci sia qualcosa di anomalo è innegabile. Certo non sono più i tempi di Cola di Rienzo, di Savonarola (il solo in buona fede), o di Masaniello. Nel nostro sistema politico-istituzionale sono presenti anticorpi che sanno all'occorrenza contrastare i pericoli di infezione. Ma bisogna tenere la guardia alta e vigilare. Il ruolo dei partiti, quello dei sindacati, quello della libera stampa sono fondamentali per un paese democratico. Naturalmente occorre che si faccia pulizia all'interno dei partiti così come all'interno delle istituzioni ma non possiamo buttare dalla finestra il bambino insieme all'acqua sporca. Quello che abbiamo costruito in questi decenni, con grande fatica e in mezzo a tante difficoltà, ha permesso al nostro paese di affacciarsi con rispettabilità sulla scena internazionale, ha permesso agli italiani di conseguire un certo benessere e una vita dignitosa. Non dimentichiamoci di come eravamo. I giovano studino un po' di storia e anch'essi se ne renderanno conto. Diffidiamo dunque dei rivoluzionari in villa e riprendiamo nelle nostre mani il destino del paese. La strada è lunga e il cammino difficile. Ma non fidiamoci di chi propone comode scorciatoie e predica il verbo della verità come i profeti che hanno avuto la rivelazione dall'alto. Non abbiamo bisogno di guru né di veggenti. E in quanto al gatto e alla volpe, scusandomi coi lettori per il linguaggio raffinato che non dispiacerà al comico genovese, non aggiungo altro se non quello che a volte si sente dire nei paesi veneti: Per mì ai pò anca andar a farse ciavàr!

 

Gino Songini

(per 'l Gazetin, aprile 2013)


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