Gesti. Ce ne sono che “parlano”, sono “argomenti veri”; sono quelli, annotava Francesco Acri (qualcuno lo ricorderà come “elegantissimo” traduttore dei “Dialoghi” di Platone), che “non si riassumono”, come non si possono riassumere le posture di Socrate: quel grattarsi la gamba là… “dov’era tuttavia la pressura della catena…”.
Gesti destinati inevitabilmente – al di là della volontà stessa di chi li compie – a essere e restare “argomenti veri”, sono le dimissioni di Joseph Ratzinger dal “mestiere” di papa, il suo volersi “pensionare”, ritirandosi in un convento, “sparendo” senza scomparire, forse anzi, più presente che mai. E “argomenti veri” sono i primi gesti del successore, Francesco: quella croce di metallo, le scarpe più da montanaro e certo non firmate Prada… Papa semplice, come dicon tutti, papa “comune” come più propriamente lo definisce Marco Pannella, che a quel termine, “comune”, recupera e restituisce un significato che si era andato smarrendo.
Gesti sono anche le due nomine a presidenti della Camera e del Senato di Laura Boldrini e Pietro Grasso. Gesti che sono anch’essi “argomenti veri”, sotto o dietro i quali – come ha notato qualcuno – probabilmente c’è il “nulla”, di Pierluigi Bersani, del PD, di Giorgio Napolitano che sia (la cui “saggezza” sempre più si traduce in un Golem sfuggitogli dalle mani).
Winston Churchill, insuperabile nell’arte delle freddure, sosteneva che sugli Stati Uniti si può sempre contare, perché “fanno la cosa giusta dopo aver esaurito tutte le possibilità di fare quelle sbagliate”. L’Italia e la sua soffocante (s)partitocrazia, da questo punto di vista, senza dubbio è molto “americana”: nel senso che tutte le cose sbagliate le si sa fare benissimo. Sarebbe bello se si fosse finalmente giunti nella fase della “cosa giusta”. Non si azzarda tanto, ma occorre pur prender atto che Boldrini e Grasso sono comunque due ottime scelte. Così “gesto” e insieme “argomento” è Boldrini che si reca al Quirinale a piedi, e non con il codazzo di auto blu; “gesto” e “argomento” sono nel discorso di insediamento, i richiami alle condizioni disperate degli immigrati, alle carceri, alla legalità. Rondini, certo, che volano faticosamente in un cielo cupo, ci vuole ben altro per far primavera. Ci sono sessant’anni di spartitocrazia, di sistematica e “scientifica” rapina e spoliazione di diritto, legalità, tradimenti di legge e a partire dalla Costituzione.
È possibile, probabile che da domani, o magari già da oggi, le dighe del conformismo, del “compromesso” più deteriore, da ladri di Pisa e di Siena, prendano il sopravvento, e ulteriormente frustrino l’urlo di pulizia e richiesta “nuovo” che questo paese, in modo caotico, disordinato, contraddittorio, esprime. È possibile, probabile che dopo un primo sbandamento, gli alfieri e i corifei del regime spartitocratico riescano a escogitare nuovi modi per praticare l’antipolitica di sempre, con le ambiguità, i suoi giochi delle parti, gli opportunismi che sono la “cifra” di questo antifascismo fascista e sfascista. E però, i “gesti-argomenti veri”, quelli restano: destinati a incidere più di quanto si creda e appaia. E forse, chissà, anche “loro”, gli sfascisti, al di là della loro stessa volontà e coscienza, sono destinati a restarne segnati. In maniera indelebile e incacellabile. Forse. Chissà. Per i radicali che siamo, che vogliamo e cerchiamo di essere vale l’antico: “Fai quel che devi, accada quel che può”.
Valter Vecellio
(da Notizie Radicali, 18 marzo 2013)