È una spallata generazionale quella del Movimento Cinque Stelle, che punta a buttare via tutto. A spazzare volti, storie, linguaggi. Non fa distinzioni tra il bambino e l'acqua sporca. Grillo, circondato da un florilegio di ingeneri newage pragmatici e da poche figure umanistiche e critiche, ha un linguaggio che funziona perché non eleva, non ha profondità storica, identità e parla ad una pancia affamata.
Un'esplosione inevitabile data l'incapacità del sistema politico di essere contaminato dalla nuova domanda di partecipazione, trasparenza e democrazia, in gran parte conseguenza della rivoluzione della cittadinanza digitale.
Senza essere mai citato in TV, Grillo nel 2007 raccolse in un solo giorno 336.144 firme autenticate, di molto eccedenti le 50.000 necessarie alla presentazione della proposta di legge di iniziativa popolare. Quell'offerta di collaborazione non venne mai discussa in Parlamento. Destino inevitabile per un lungo elenco di proposte popolari, che assieme al tradimento storico dell'esito di numerosi referendum (ma anche dell'ultimo sull'acqua) hanno determinato la necessità per il movimento nato sulla spinta del suo blog, di “farsi istituzione”, di puntare al Governo del Paese. Qualsiasi tentativo di maggioranza parlamentare, non farà che avvicinare questo esito.
I Radicali, sconfitti, divisi, abbattuti e scoraggiati, devono smetterla di chiedere un riconoscimento a questo ceto dirigente ormai disintegrato. Un riconoscimento si è atteso, mettendo anche in gioco la vita, dalla destra e dalla sinistra. In ultimo nella richiesta prima a Monti di accogliere lo scopo della lista Amnistia Giustizia e Libertà e poi a Zingaretti di erigere alla virtù radicale l'eccezione ad una regola ipocrita imposta a tutta la coalizione.
Il riconoscimento di per sé avrebbe avuto un valore enorme, tanto da cambiare il soggetto riconoscente, lo avrebbe aiutato nelle sue contraddizioni positive e riformatrici. Ma da tempo non è più sperabile da questa classe dirigente ottenere alcunché. Dobbiamo riuscire a tornare ad ottenere qualcosa da noi stessi, a camminare sulle nostre gambe. Con gli iscritti, con i sostenitori, con i sottoscrittori, magari di singole battaglie.
Quando la rivoluzione sessuale e civile arrivò in Italia, da tempo i Radicali cantavano “The Times They Are a-Changin”, scritta nel 1964. A quel movimento si proposero appuntamenti e date che concretizzarono in modifiche legislative quella rivoluzione antropologica che si muoveva in tutto il mondo. Esattamente come oggi avanza quella digitale.
Non possiamo pensare che anche il dialogo con Grillo possa funzionare con appelli, prefazioni o email private. Tanto meno attendere che si faccia carico di battaglie civili. Il dialogo con Grillo va aperto con i referendum, con proposte di legge e con delibere popolari raccolte in tutti i comuni, sfidando il loro impegno in difesa di questi strumenti. Saranno i quesiti referendari a costringere Grillo a delle risposte, non i giornalisti. Finora ha sempre schivato scrupolosamente i temi che dividono. I Radicali hanno invece dalla loro la capacità di proporre la forza di SÌ decisi su temi maggioritari.
Qualsiasi sia lo scenario politico che avremo davanti (l'immobilismo attendista di un governissimo, le elezioni anticipate, un governo appeso al filo della non-sfiducia), è necessario, accanto alla pressione sul nuovo parlamento e sul nuovo Papa per un provvedimento che possa far ripartire la giustizia, attivare in tutta Italia dei comitati per nuovi referendum nazionali. Mettere in pratica cioè la Mozione generale dell'11° Congresso di Radicali italiani.
Referendum accompagnati da comitati territoriali che attivino, contemporaneamente a quelli nazionali, tutti gli strumenti di democrazia disponibili negli statuti. Comitati che riprendano l'esperienza aperta di “Milano SÌ muove” e “Roma SÌ muove”, anticipati in anni passati da diversi tentativi in località minori. Coinvolgendo nella diffusione delle iniziative artisti locali, programmatori, musicisti, performer, videomakers, architetti, urbanisti, in un parola la classe creativa da cui spesso dipende la vita urbana, nelle esperienze alternative alla cementificazione delle grandi famiglie.
Queste ultime elezioni dimostrano anche quanto non sia impossibile riattivare un movimento di raccolta firme a costo zero, grazie all'autofinanziamento (e a un po' di entusiasmo). Come ha ricordato Antonella Soldo nell'ultimo comitato di Radicali italiani, raccogliere 500 mila firme in tre mesi vuol dire raccogliere 2 mila firme a settimana per regione, cioè esattamente quante sono state raccolte in una settimana in Puglia, con metà dei militanti. E tanto è stato realizzato in diverse realtà locali. Così come è stato possibile per Giannino raccogliere nel fervore delle sua lista, senza alcuna struttura preventiva, il doppio della firme sufficienti a presentarsi alle elezioni. Su temi che i sondaggi dimostrano come da tempo ampiamente maggioritari, possiamo farcela. Temi urgenti per il Paese, che tornino a riempire il discorso pubblico di problematiche che vivono nella vita reale degli italiani.
Simone Sapienza*
(da Notizie Radicali, 28 febbraio 2013)
* Collaboratore di RadioRadicale.it simone.sapienza@gmail.com