Nella circolare ministeriale 43 del 15 aprile 2009, il Ministero dell’Istruzione fissava le coordinate dell’attività di orientamento in ambito scolastico sottolineando come:
«Compito principale della scuola e di ogni docente, attraverso la sua disciplina, è quello di aiutare lo studente nello sviluppo perché possa realizzare integralmente se stesso, potenziando le sue capacità per inserirsi in modo attivo e creativo nella società in rapida trasformazione. Perciò è riduttivo collocare le attività orientative solo nelle fasi di passaggio e transizione in relazione alle scelte da affrontare. Esso, essendo collegato alla formazione globale della persona e allo sviluppo dell'identità, deve attraversare ogni ordine e grado di scuola e ogni disciplina».
Eppure ci si ritrova a parlare di orientamento scolastico praticamente solo tra gennaio e febbraio, il periodo delle iscrizioni scolastiche, quando l’urgenza dei numeri si fa più pressante e tutte le scuole si rifanno il make upper catturare qualche iscritto in più. In una logica serrata di competizione ogni scuola punta sulle sue armi migliori, esaltando i lati positivi, celando eventuali nei, sbandierando innovazioni vere o presunte, improbabili indirizzi, in un gioco al rialzo (o al ribasso?) dove spesso le regole, quelle basiliari dell’onestà intellettuale, possono anche venire meno. Eppure il dovere morale di noi insegnanti, come dei dirigenti, è di uscire da questa logica che ci vede l’un contro l’altro armati perché è del futuro di tanti ragazzi che stiamo parlando.
È urgente e doveroso strutturare un’attività didattica che oltre a trasmettere e far apprendere contenuti, miri alla crescita di sé all’interno della realtà sociale in cui il ragazzo è inserito, potenziando le abilità possedute per leggere e fronteggiare la complessità del mondo odierno, grazie allo sviluppo dei processi di conoscenza, crescita e apprendimento. In questo quadro s’inseriscono le competenze orientative, ovvero l’insieme di risorse, caratteristiche, abilità, atteggiamenti e motivazioni che permettono alla persona di affrontare consapevolmente l’esperienza formativa. Eppure purtroppo, e troppo spesso, l’orientamento viene affidato semplicisticamente alla buona volontà di insegnanti che declinano in maniera “matematica” i risultati conseguiti dai ragazzi: è così che, nella scelta delle scuola secondaria di II grado, ad un determinato voto corrisponde una scuola ben precisa, in una triste graduatoria di scuole di seria A per le eccellenze e scuole di serie B a cui sembrano tristemente condannati i meno “talentuosi” o i presunti tali. Ma questo non significa orientare: un orientamento “serio” dovrebbe prendere avvio da una discussione sulla professionalità docente stessa, al fine di comprendere l'importanza della funzione esercitata, adottando la prospettiva dell'“orientarsi per orientare”. Un orientamento, se vogliamo attribuire a questo una qualsivoglia valenza di significato, dovrebbe prevedere:
- una formazione iniziale e in itinere di docenti che possano progettare e sperimentare percorsi personalizzati, affiancati anche da professionisti dell’ambito orientativo
- l’utilizzo di modalità educative permanenti e trasversali per tutti gli ordini di scuola e attraverso le diverse discipline.
Solo in quest’ottica potrebbe venir superata l’episodicità e la straordinarietà dell’intervento orientativo; intervento orientativo che dovrebbe avere come fine il successo formativo che si esplica in un processo globale di crescita della persona, durante tutto l’arco della vita, sin dalla scuola dell’infanzia. Solo in quest’ottica sarebbe possibile evitare i tanti “giochi illusionistici” presentati tra gennaio e febbraio… per un’iscrizione in più...
Fabiana Cruciani
Docente di italiano e storia
presso l’I.T.T. “Leonardo da Vinci” di Foligno