Oggi è il 20 settembre, non una data qualsiasi ma la ricorrenza di una giornata storica che i laici, cioè coloro che ritengono non debba esserci alcuna interferenza tra istituzione religiosa e stato, non possono per nessun motivo dimenticare. La situazione politica e sociale è, certamente, molto cambiata dal tempo della presa di Porta Pia.
Eppure, a pensarci bene, quel 1870 è più vicino di quanto si possa immaginare. Anche oggi c’è necessità di una breccia e, per giunta, di più ampie proporzioni. I confessionalismi, nella loro declinazione peggiore, avanzano, minacciano, fanno paura.
Stiamo assistendo ad una lotta senza quartiere per l’imposizione e il predominio di una verità assoluta, con tutto ciò che di negativo ne consegue come diretto e inevitabile riflesso nella vita civile, nella nostra quotidianità.
Le nostre libertà, quelle liberali, per intenderci, sono fortemente a rischio. Da un lato, la continua ingerenza della Chiesa cattolica, apostolica, romana, in versione ratzingeriana e, quindi, anticonciliare, comprime e limita pesantemente lo spazio per quell’azione riformatrice di cui il paese necessita come dell’ossigeno, dall’altro, si avverte come altrettanto asfissiante la pressione coercitiva proveniente da quella parte d’islam divenuta sempre di più integralista, fanatica, barbaramente ottusa.
Lo vediamo ormai, purtroppo, tutti i giorni. Come un bubbone pestifero, l’incomunicabilità si sta diffondendo a macchia d’olio. Emblematica è la paura riscontrabile nei nostri migliori intellettuali. C’è come una sorta di autocensura, di arrendevolezza dovuta al terrore di eventuali ritorsioni per vignette, battute, opinioni che potrebbero risultare sgradite ad orde deliranti pronte ad incendiare animi e piazze.
Non si possono esprimere liberamente giudizi. Bisogna andare con i piedi di piombo, timorosi di non scalfire altrui suscettibilità. In compenso, si accetta passivamente un bavaglio che di fatto viene così messo alle nostre coscienze. Si tratta di un ennesimo, e stavolta più palese e drammatico, episodio della lotta tra democrazia e totalitarismo.
Fa riflettere amaramente che un goffo imitatore hitleriano come l’attuale presidente iraniano, che senza mezzi termini ha sbandierato ai quattro venti il proposito di distruggere lo stato israeliano, possa trovare credito presso i nostri governanti e trovi una sponda sicura nel presidente della repubblica francese. Viene spontaneo chiedersi che ruolo svolga realmente la Francia nella vicenda del nucleare iraniano e, più in generale, nel traffico internazionale di armi.
Siamo ad un bivio e non possiamo restare in mezzo al guado, a meno che si voglia accettare con indifferenza e acquiescenza l’imposizione di burqa e chador per tutte le donne e magari le recite coraniche negli istituti scolastici oppure, dall’altra parte, il ripristino del Sillabo. Non possiamo consentirlo anche per rispetto del sangue versato da chi, nel 1870 come nella resistenza, ha consegnato la propria vita, se stesso, ad una battaglia di libertà per tutti, non per pochi.
Ecco perché oggi, con commozione e insieme con fierezza, guardiamo a Porta Pia con l’auspicio che il muro dell’odio possa crollare una volta per tutte e si affermino dialogo, nonviolenza, apertura, libera religiosità, in una parola che il liberalismo prevalga su ogni tentazione autoritaria, coercitiva.
Francesco Pullia
(da Notizie radicali, 20 settembre 2006)