Terrifica. Orribilmente bella. Una mostra per stomaci non deboli e, nel contempo, di grande raffinatezza formale. Se si tollera la vista del sangue. Dracula e il mito dei vampiri è l'esposizione che affronta un tema entrato di prepotenza nell'immaginario collettivo della modernità e della contemporaneità, qui trasmigrato dal patrimonio di superstizioni e fantasie e paure dal basso medioevo.
In principio fu Vlad Tepes detto Dracul, grand'oppositore dell'avanzata ottomana, voivoda, cioè principe, di Valacchia, la cui crudeltà terrorizzò e ispirò le prime leggende. E nacque la figura del vampiro, la creatura che si nutre di sangue, l'un-dead, il non morto, il dannato delle tenebre che comanda ai ratti, che può trasformarsi in fumo o pipistrello. E fu proprio nel XIX secolo grazie alla rielaborazione operata da Bram Stoker (Dracula vide la pubblicazione nel 1897) che il vampiro acquisì le caratteristiche con cui oggi pienamente lo identifichiamo, sino alla saga di Anne Rice e alla recentissima Twilight.
La mostra si muove su più livelli: storico, antropologico, artistico, del costume e del design. Poche le sale dedicate, quattro, ma i pezzi sono rari e ricchi – non a caso provengono in gran parte dal Kunsthistorisches Museum di Vienna – e gli allestimenti efficaci e di magnifico impatto visivo. In evidenza dipinti e incisioni, armi e oggetti vari, costumi di scena, libri, compresi la prima edizione (con dedica alla madre) del romanzo di Bram Stoker e suoi taccuini. Tutto atto a comporre un viaggio di costruzione di un mito così potente, oscuro, spaventoso e pur affascinante.
Non pochi gli spezzoni cinematografici poiché il grande schermo ha sfruttato a piene mani la leggenda dei vampiri: dall'inquietante, meccanico, fisso, perciò ancor più pauroso, Nosferatu di Murnau a quello ricco di sfumature psicologiche di Francis Ford Coppola (esposti per la prima volta alcuni storyboards del film e la ricostruzione della spettacolare armatura rossa creata dalla costume designer giapponese Ishioka Eiko e indossata nel film da Gary Oldman).
Nell'itinerario non sono trascurate le implicazioni sociologiche, né manca d'esser citato quella sorta di Dracula in gonnella che fu Erzsébet Báthory-Elizabeth Bathory, contessa ungherese che per conservar la giovinezza amava bagnarsi nel sangue di vergini sgozzate o dissanguate. Evidentemente in Transilvania e dintorni c'era allora un discreto appeal con il sangue. La Bathory, sadica oltre ogni misura, torturatrice efferatissima e abitualmente praticante la magia nera, si può meritare la palma della più grande serial killer della storia umana.
Il viaggio si conclude con le tavole originali, in numero di 18, dell'immenso Guido Crepax che aveva fatto incontrare il Conte dai canini di mortale oblio alla sua creatura preferita: Valentina.
Per chiudere una curiosità: l'AVIS, ossia l'Associazione Volontari Italiani Sangue, è partner della mostra. Sul filo di una magica lieve ironia... Semplicemente grandioso. L'AVIS «in alcuni giorni della settimana farà conoscere le sue attività e sensibilizzerà il pubblico ai valori del dono e della solidarietà».
Buone tenebre a tutti!
Alberto Figliolia
Dracula e il mito dei vampiri, Triennale di Milano (viale Alemagna 6, Milano). Sino al 24 marzo. Orari: martedì-domenica 10:30-20:30, giovedì 10:30-23, lunedì chiuso. La biglietteria chiude un’ora prima. Biglietti: intero 8 euro, ridotto 6,50 euro. Prevendita biglietti: www.ticketone.it. Informazioni: biglietteria tel. 02 72434208, www.triennale.org e www.draculamilano.com