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Giuliano Ghilotti. Profitti e perdite 
Come incassare 33 milioni di lire per qualche ora di lavoro
Decreto di liquidazione dell’acconto a Corrado Cottica
Decreto di liquidazione dell’acconto a Corrado Cottica 
04 Novembre 2011
 

«Ho subito da questo Tribunale le angherie più devastanti. Oltre al sequestro del mio denaro, il rifiuto di riconoscere “per insufficienza probatoria” il pagamento delle mie retribuzioni per un periodo di due anni.

Quale insufficienza probatoria? Vi sono più di cento testimoni!

L’assai precaria situazione nella quale l’ingiusto fallimento mi ha sprofondato, ridotto nella più assoluta indigenza, sono “accampato” in una cantina umida e malsana, senza aperture, in mezzo a vecchie cianfrusaglie e masserizie, che comunica col piano superiore per mezzo di una botola. Ho 70 anni con i conseguenti acciacchi dell’età. Per il mio sostentamento sono obbligato a realizzare dei lavori sporadici di fattorino, sebbene in possesso di diploma e parlo e scrivo in cinque lingue».

Giovanni Grignano

 

 

Ci occupiamo del fallimento della Società ISAV, di cui Giovanni Grignano, alla cui memoria è dedicata l’Associazione Avanti Diritto era amministratore, per dimostrare come nefaste similitudini insite nella gestione dei fallimenti leghino passato e presente.

Giovanni Grignano ha trascorso gli ultimi lustri della sua vita combattendo invano, povero e solo, contro potenti e prepotenti, per una giustizia che non è mai riuscito a ottenere. In qualità di tecnico aveva accettato di diventare socio accomandatario della ISAV (società produttrice di insaccati) per risanarla. Risultò chiaro fin dall’inizio (e il rendiconto finale lo conferma) che il fallimento venne dichiarato senza motivo (i debiti, nonostante le ingenti spese di procedura e un condono IVA, vennero pagati quasi integralmente). Grignano denunciò che il “fallimento”, considerato “ricco” negli ambienti giudiziari, consentì al primo curatore (Necchi) di reperire ingenti risorse.

Necchi, legato da stretti rapporti di amicizia con l’allora Presidente del Tribunale di Sondrio, Luigi Minotta, per altre vicende, finì in gattabuia. Anche Minotta ebbe i suoi guai: venne indagato per interesse privato in atti d’ufficio e si dimise dalla Magistratura per evitare il peggio.

Grignano, pur non avendo alcuna colpa e pur essendo stato assolto con formula piena dai reati di concorso in bancarotta fraudolenta e falso in bilancio per cui è stato processato, è stato travolto impietosamente dal fallimento e gettato nella miseria più nera.

Il quadro che dipingiamo oggi è un’inezia rispetto a questa cornice, ma è ugualmente significativo: si tratta della liquidazione del compenso ad un curatore del fallimento ISAV. Non del curatore Necchi (quello incarcerato), e nemmeno del successivo, Serventi (imputato di abuso d’ufficio per aver causato danni per centinaia di milioni alla gestione del patrimonio ISAV e ai creditori e parallelamente per avere favorito due banche locali), ma del terzo e ultimo, Corrado Cottica.

Ciò che va considerato innanzitutto è il fatto che il compenso del curatore, calcolato sulla base di tabelle ministeriali che possiamo definire molto generose, deve essere liquidato, come prescrive l’art. 117 della Legge Fallimentare, dopo l’approvazione del rendiconto finale, essendo solo allora possibile al Giudice Delegato del Fallimento (e al Comitato dei Creditori) valutare il lavoro svolto, la perizia dedicata, i risultati ottenuti. Fino a quel momento il Curatore si deve accontentare di un fondo spese ed eventualmente di un modesto acconto. Vediamo come sono andate le cose per i tre incaricati.

Necchi. Gli fu corrisposto, prima di finire in Via Caimi, un compenso di £ 23.530.000; questo malgrado le sue gravi responsabilità, e l’imperizia, che causarono gravi danni ai creditori per avere determinato, a causa della mancata produzione di documentazione necessaria, l’insinuazione dell’Ufficio IVA nel passivo ISAV per £ 1.793.980.000 (ridotte, grazie ad un condono a circa £ 700 milioni).

Serventi. La sua richiesta di onorario al giudice delegato fu “stoppata” dal parere del subentrato Cottica, il quale non mancò di far rilevare come «nel complesso l’attività del Serventi è stata piuttosto modesta (condono IVA e richiesta di liquidazione di compensi ai legali)». Al Serventi fu quindi liquidato il compenso minimo di £ 1 milione per ciascuna delle tre procedure fallimentari (società e soci in proprio). Tutta la “trippa” non distribuita rimase, pertanto, nel piatto del successore.

Corrado Cottica. Il precedente curatore, Serventi (imputato di abuso d’ufficio e poi prosciolto) dimenticò, malgrado l’avvocato della curatela glielo avesse ricordato per iscritto, di acquisire al patrimonio del fallimento la somma £ 1 miliardo e 147 milioni derivante da una causa contro la Banca Popolare, vinta in primo grado nel 1988 e confermata in appello nel 1991. La maggior parte del lavoro che portò al “fallimento” questi soldi fu, pertanto, svolto prima della nomina del Cottica, al quale, tuttavia, andarono “onori” e “compenso”.

Salvo errori questo fu il lavoro eseguito dal Cottica dalla nomina, avvenuta il 14/09/1994, alla liquidazione del compenso, accordato tre mesi dopo: esame degli atti; lettera a Serventi; costituzione in causa civile; relazione sommaria al Giudice Delegato; comunicazione dei conti della gestione Serventi ai falliti e ai creditori; sei istanze al Giudice Delegato; lettera con richiesta pagamento della somma da sentenza Corte D’Appello a Banca Popolare Sondrio; lettera all’avvocato della curatela. Per questi tre mesi di “intenso” lavoro conteggiò un compenso di £ 80.753.165, «commisurato all’attivo conseguito», di cui chiese la liquidazione di un acconto.

L’acconto gli venne accordato dai giudici in £ 33 milioni netti più IVA (vedi documento), importo che, all’epoca corrispondeva a quanto un operaio guadagnava in due anni.

Il Grignano, nelle sue denunce, imputò al Cottica un danno arrecato ai creditori e ai falliti, con contestuale beneficio alle banche per oltre un miliardo di lire.

La storia si ripete ancor oggi in qualche fallimento: chi si arrende si annienta. Chi non si arrende viene annientato.

Auspichiamo, peccando forse di presunzione (o di ingenuità) che questo articolo possa in qualche modo contribuire a smuovere le acque affinché, quantomeno per l’immediato futuro, qualcosa possa cambiare.

 

Giuliano Ghilotti

(da 'l Gazetin“Carta canta”, ottobre 2011)



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Dir. responsabile Enea Sansi - Reg. Trib. Sondrio n. 208 del 21/12/1989 - ISSN 1124-1276 - R.O.C. N. 32755 LABOS Editrice
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