Nel rione Mirafiori abbiamo tutti imparato a ballare guardando Michael Jackson in televisione. La straduccia in mezzo alla fila di casette, baracche e bottegucce è sempre piena di ragazzini che ballano, imparando dai grandi e insegnando ai più piccoli. Un giorno saremo tutti famosi e il mondo intero saprà che nel rione Mirafiori, pieno di siciliani, calabresi e pugliesi, i talenti nascono come la gramigna negli orti che abbiamo lasciato per venire qua, dove i nostri genitori lavorano nelle fabbriche e portano a casa soldi e non chiacchiere, e noi possiamo andare a scuola insieme ai torinesi, anche se tutti ci riconoscono e ci chiamano ‘terroni’ ma senza cattiveria, solo per scherzare. La maestra non vuole sentire questa parola ma non castiga nessuno, spiega che l’Italia è una scarpa sola per tanti piedi e che tutti hanno diritto ad avere una scarpa, nel caso nostro uno stivale bello che arriva fino alla coscia, con la punta che quasi sembra calciare la Sicilia.
Ecco, sul calcio i maschietti non si accordano, e tutte le volte che c’è una partita importante – come quando la Juve gioca con il Palermo o col Bari, in casa o fuori casa – ci scappano insulti e botte, ma dura poco e nessuno si fa male sul serio. I grandi invece si chiudono dentro casa con la televisione accesa, e tutti, al rione Mirafiori, sanno com’è finita la partita dai rumori che vengono dalle case, se si urla e si canta o se si rompono i piatti.
Noi ci sentiamo grandi come il nostro Jacko, il re del pop, anche lui cresciuto in periferia, e ci muoviamo al ritmo della sua musica e inseguiamo come lui il sogno di diventare, un giorno, famosi. Famosi e ricchi, per comprarci tutta la Mirafiori e le altre aziende automobilistiche e trasferirle al sud per dar lavoro agli uomini e benessere alle famiglie, a sud dove c’è sempre il sole e il mare è trasparente e azzurro e i pescatori ancora escono a notte a buttare le reti.
Ecco, questo ci piacerebbe a noi ragazzini, tornare a fare i pescatori a casa nostra, o le mogli dei pescatori. Ma allora a cosa vi serve la Mirafiori e tutte le altre aziende, ci chiede la maestra quando capisce dai temi che ci assegna la nostra mentalità, le nostre aspirazioni.
È semplice, vogliamo tornare a vivere come i nostri nonni, ma senza essere poveri come loro, senza dover mangiare tutti i giorni sardine e sgombero ma quello che ci va, e il sabato sera andare nei migliori ristoranti a mangiare pesce non pescato e cucinato da noi, ma passato per le mani dei migliori chef venuti dal nord, formati alla scuola svizzera.
Insomma, dice la maestra, vorreste essere ricchi per poter fare la vita dei poveri senza essere poveri, ed è proprio così.
A pensarci bene la nostra è un’idea stupida, o che sembra stupida, e forse è la stessa che aveva in mente Jacko quando a cinque anni si esibiva con i suoi fratelli per le viuzze del suo quartiere, loro, i favolosi Jackson Five, ma lui non voleva fare il pescatore e non voleva tornare al sud come noi, con la nostra pelle scura di sole. Ecco, tra noi e Michael in comune c’è solo la passione per il ballo, anzi, la passione che lui ci ha scatenato per il ballo, e forse qualcuno di noi diventerà famoso, famoso e ricco, ma non come lui, impossibile diventare famosi e ricchi come lui, il nostro Big Boy, e una volta arrivato in televisione qualcuno di noi potrebbe chiamare gli altri e farli entrare uno per volta dalla porta di servizio e sistemarli in qualche modo, come quando si lascia il paese per Torino e si chiama gli altri appena trovata una sistemazione.
Ma la televisione non è come la terra che accoglie gli emigranti, dice la maestra dopo aver letto i nostri temi, la televisione è un’azienda che fa i suoi affari e di cui non si entra a far parte trascinandosi dietro tutto il parentado. Ma poi mentre dice questo la maestra riflette, tace e riflette, ci guarda e sorride e dice che noi ragazzini del rione Mirafiori siamo proprio forti. In realtà, dice la maestra, in televisione si entra anche per raccomandazione, ed è vero pure che è come una terra buona che produce ricchezza, ma è anche una terra pericolosa piena di buche dove ti puoi anche spezzare le gambe, e cioè i sogni, e che per uno che ce la fa altri mille fanno fiasco e si piangono addosso per il resto della vita. Ma questo non riguarda noi, dice ancora la maestra, noi le buche le conosciamo bene e non ci cadiamo dentro facilmente, siamo figli di emigranti del sud che hanno risalito la corrente, come fanno i salmoni per andare a deporre le uova. Be’, che c’entrano signora maestra i salmoni con noi, le chiediamo, e lei risponde che tutto c’entra con tutto in natura, e ci dà una bella lezione su Darwin e l’evoluzionismo passando poi al creazionismo, e conclude dicendo che se uno ha talento lo deve saper tirare fuori e si deve impegnare per farsi strada, importante è mettersi alla prova per capire di che pasta si è fatti.
La nostra maestra si chiama Rosalia, figlia di Ciccio Caruso e Concetta Greco, ed è stata portata in fasce a Torino, dove la famiglia si è stabilita nei pressi della Mirafiori in una comunità di siciliani.
Dice la maestra che al sud ci va a passare le vacanze, ma per viverci preferisce la nostra città piena di nebbia e di lavoro, dove crescono i suoi figli. E pure noi, che forse un giorno arriveremo in televisione.
E allora tutti a ballare come Michael Jackson, il nostro mito nato nero e diventato bianco con tante operazioni, perché non accettava il suo sangue carico del sole del sud. Ma nella sua danza c’era tutta la sua terra, così come nella nostra c’è tutta la sua anima negra.