Regia: Quentin Tarantino. Soggetto e Sceneggiatura: Quentin Tarantino. Fotografia: Robert Richardson. Musiche: Mary Ramos. Scenografia: J. Michael Riva. Costumi: Sharen Davis. Trucco: Eba Thorisdottir. Produzione: Reginald Hudlin, Pilar Savone, Stacey Sher, William Paul Clark. Produttori Esecutivi: Bob Weinstein, Harvey Weinstein, Shannon McIntosh, Michael Shamberg, James W. Skotchdopole. Case di Produzione: Columbia Pictures, The Weinstein Company, Super Cool Man Shoe Too, Double Feature Films, Super Cool ManChu Too. Distribuzione: Sony Pictures Italia. Interpreti: Jamie Foxx (Django), Cristoph Waltz (Dr. Schultz), Leonardo Di Caprio (Calvin Candie), Samuel L. Jackson (Stephen), Kerry Washington (Broomhilda), Laura Cayouette (Lara Lee), James Remar (Ace Speck), Don Johnson (Big Daddy), Zoë Bell (Tracker Peg), Walton Goggins (Billy Crash), Jonah Hill (Bag Head), Bruce Dern (Curtis Carrucan), Franco Nero (Amerigo Vassepi), James Russo (Dicky Speck), Tom Savini (Tracker Chaney), Don Stroud (sceriffo Bill Sharp), M.C. Gainey (Big John Brittle), Cooper Huckabee (Lil Ray Brittle), Dennis Cristopher (Leonide Moguy), Quentin Tarantino (Frank), Tom Wopat (maresciallo Gill Tatum), Rex Linn (Tennessee Harry), Amber Tamblyn (cammeo), Nicole Galicia (Sheba). Doppiatori italiani: Pino Insegno (Django), Stefano Benassi (Dr. Schultz), Francesco Pezzulli (Calvin Candie), Massimo Corvo (Stephen), Daniela Calò (Broomhilda), Chiara Colizzi (Lara Lee), Domenico Maugeri (Ace Speck), Mario Cordova (Big Daddy), Andrea Lavagnino (Billy Crash), Simone Crisari (Bag Head), Franco Zucca (Curtis Carrucan), Franco Nero (Amerigo Vassepi), Carlo Valli (Dicky Speck), Dante Biagioni (sceriffo Bill Sharp), Renzo Stacchi (Big John Brittle), Sergio Di Giulio (Leonide Moguy), Franco Mannella (Frank), Dario Oppido (maresciallo Gill Tatum), Maia Orienti (Sheba). Genere: Western. Durata: 165’. USA.
Quentin Tarantino torna a omaggiare il cinema italiano dopo Bastardi senza gloria (2009), ispirato all’omonimo film di Enzo G. Castellari, anche se il soggetto era del tutto diverso. Django Unchained parte dal Django (1966) di Sergio Corbucci e Ruggero Deodato (regista della seconda unità che dirige quasi tutto il secondo tempo), ma sviluppa un discorso originale. Cacciatori di taglie e razzismo ci sono anche nel film di Tarantino, espressi in contesti diversi, mentre non si ripropone la trovata della bara che il pistolero si trascina dietro con una mitragliatrice nascosta. L’omaggio al Django di Corbucci è sottolineato dalla presenza di Franco Nero in un cammeo nelle vesti di un negriero italiano che dialoga con il protagonista Jamie Foxx. Nero: “Come ti chiami?”. Foxx: “Django. Si pronuncia Giango. La D è muta”. Nero: “Lo so”. Come per dire - strizzando l’occhio ai cinefili - che è stato il primo a portare quel nome, quindi deve saperlo per forza. Un’altra citazione esplicita dal Django di Corbucci sono le strade fangose del villaggio dove si svolge l’azione durante le prime sequenze. Infine la musica, perché il tema di Django è il vecchio motivo di Luis Enriquez Bacalov, modificato in salsa moderna, mentre apprezziamo intermezzi musicali curati da Ennio Morricone, con Elisa che canta Ancora qui in italiano. Altre parti della colonna sonora sono tratte da film del passato come Lo chiamavano Trinità, I giorni dell’ira, Città violenta… Tarantino è un cinefilo, appassionato di spaghetti western e in questa lunga pellicola (165 minuti) - niente affatto noiosa - lo dimostra con particolare evidenza. Il film narra la storia di Django (un convincente Jamie Foxx che non fa rimpiangere la rinuncia di Will Smith), uno schiavo nero che diventa cacciatore di taglie sotto l’abile guida del dottor Schultz, un ex dentista interpretato da un ottimo Christoph Waltz. La seconda parte del film, invece, cambia registro e narra la ricerca della moglie di Django da parte dei due uomini, ormai diventati amici. Altra citazione del cinema western italiano, più sottile, perché Tarantino racconta la ricerca dell’amata come se fosse la storia mitologica di Sigfrido e Brumilde. Chi non ricorda le sceneggiature di film come Il ritorno di Ringo (1965) di Duccio Tessari, ispirate alla mitologia classica? Come gli autori italiani raccontavano l’epopea del vecchio west tenendo presente Omero, così Tarantino ricorre al Cantico dei Nibelunghi. Broomhilda (Kerry Washington) è schiava del perfido negriero Calvin Candie (Leonardo Di Caprio), ma ancor più terribile di lui è il capo dei servitori neri Stephen (un grandissimo Samuel L. Jackson), che rende la vita dura a Django. La pellicola è scritta con cura, senza buchi di sceneggiatura, vive di grandi colpi di scena e di emozionanti momenti di tensione. Impossibile raccontare la storia per filo e per segno senza sciupare la sorpresa allo spettatore che si vedrà sommergere da sequenze mirabolanti, una vera festa per gli occhi.
Django Unchained è un film straordinario sotto tutti i punti di vista: ricostruzione storica, fotografia, scenografia, recitazione, montaggio…Soltanto pretestuose le polemiche razziali sull’uso eccessivo della parola negro (nigger) usata al posto di nero (black), perché il film è antirazzista, sono i bianchi a fare una pessima figura. Tarantino ridicolizza i razzisti con una scena comica ricca di dialoghi trash, al limite del fumettistico, quando un gruppo di proprietari terrieri incappucciati cerca di vendicarsi dei due cacciatori di taglie. La discussione sui cappucci tagliati male che non fanno vedere bene crea una situazione comica per stemperare un crescendo di violenza. La pellicola cita anche il cinema splatter perché il sangue schizza da ogni fotogramma, in maggior quantità che nel vecchio spaghetti western. Non manca anche un accenno al tortur - genere di gran moda - quando Django viene catturato e appeso per i piedi, rischiando di vedersi tagliare gli attributi.
Grande successo di pubblico negli Stati Uniti, il più grande successo di tutti i tempi per Tarantino, ma anche in Italia il film incassa 400.000 euro nel primo giorno di proiezione (17 gennaio 2013). Un successo meritato, comunque, perché siamo in presenza di cinema vero, non di una stupida commedia americana, né di un inutile television movie italiano. Il film è stato girato in California, tra il Melody Ranch di Santa Clarita e Mammoth Lakes, ma anche in Wyoming e a New Orleans (Louisiana). Attendiamo Tarantino alle prese con il prossimo lavoro che dovrebbe completare la trilogia dei tempi moderni: Killer Crow, la storia di un gruppo di soldati di colore che combatte nella Francia del 1944. Non ci deluderà.
Gordiano Lupi