«Si può avere un’agenda politica che ricacci sullo sfondo, o ignori del tutto, i diritti civili?», chiede Stefano Rodotà dalle colonne di Repubblica, riferendosi all’agenda Monti. Una prima risposta è che sì, si può: è quello che hanno fatto i partiti per 65 anni, quando non costretti dai referendum radicali o da lotte come quelle di Coscioni e Welby. Un diverso modo di dare la stessa risposta è che sì, si può: perché i programmi elettorali dei partiti italiani non hanno mai contato nulla, non sono mai stati rispettati, e anche quando i diritti civili sono stati inseriti poi non si è mosso un dito per ottenerli.
Ma c’è una questione ancora più importante, che Rodotà sembra voler ignorare nella sua mirabile ricostruzione storica (manchevole solo di qualche nome di protagonista della «rivoluzione dei diritti» degli anni ‘70, da lui attribuita a una generica «politica attenta alla società»). Infatti, prima ancora dei nuovi diritti da conquistare -dall’eutanasia ai matrimoni gay, dalla fecondazione assistita alla ricerca sulle staminali- esiste un problema enorme, evidentemente così enorme da non essere notato: il rispetto dei diritti esistenti.
Il sistema giudiziario italiano, fatto di una decina di milioni di processi pendenti, produce criminalità di Stato, nelle aule di tribunale e nelle carceri, ma anche nelle aziende, negli ospedali, al capezzale dei malati. Quelli che pagano sono innanzitutto gli ultimi, i più poveri, i più clandestini, i più disinformati. È la malagiustizia, oggi, la grande questione sociale del Paese. Anche la cosiddetta (sulla base del discorso di fine anno del Presidente) “Agenda Napolitano”, che a detta di molti integrerebbe e supererebbe sul piano dei diritti sociali l’agenda Monti, a quella grande questione sociale non sa dare una risposta. Stesso discorso per le agende di Bersani, per non parlare d’altri.
C’entra qualcosa tutto ciò con i “diritti civili”? Beppino Englaro ha dovuto attendere 18 anni prima di arrivare a una sentenza definitiva; le coppie che si vedono rifiutata la fecondazione assistita aspettano anni per vedersi riconosciuto -magari dalla Corte europea dei diritti umani- il diritto costituzionalmente garantito alla salute e alla vita familiare, mentre gli scienziati ancora stanno aspettando (spesso da emigrati) il rispetto in Italia del diritto alla libertà di ricerca; le donne che chiedono l’aborto farmacologico continuano a non ottenerlo senza che alcun ricorso giudiziario sia disponibile in tempo utile. E poi: i tossicodipendenti perseguitati ammassati nelle carceri, i malati che subiscono accanimento terapeutico, i disabili bloccati dalle barriere, e ogni altra violenza che avviene contro... la legge già esistente, di fatto non-vigente.
La giustizia criminale paralizza anche le possibilità di alternative politiche fondate sulla legalità e sui diritti. Se Roberto Formigoni ha terminato -seppur anticipatamente- il mandato senza che la sua elezione sia stata annullata, ed è pronto per essere “promosso” a Roma, deve solo ringraziare il fatto che la truffa elettorale grazie alla quale è stato eletto sia rimasta impunita sia sul piano penale che su quello amministrativo, a tre anni dai fatti e dalla denuncia radicale.
I Radicali propongono l’amnistia, e promuovono una lista “Amnistia, giustizia, libertà” aperta a chi ci sta. Invece di andare a cercare ciò che non possono trovare -i nuovi diritti civili- nelle (inutili) agende altrui, offrono a tutti la premessa di ogni diritto civile e sociale, vecchio e nuovo: il Diritto stesso, cioè il suo rispetto, la legalità e una giustizia capace di garantirla. A qualcuno interessa?
Marco Cappato
(dal suo blog, 4 gennaio 2013)