E nelle valli dove quell’uomo si era rifugiato, nel casone dove viveva, ancora persisteva l’odore di gente passata, gli attrezzi dei pescatori, poggiati al muro, ormai solo per essere visti da qualche turista curioso, gli ricordavano, quando tornava a casa, immagini di gente che riunita nella stanza, la sera, raccontava del mare mentre le donne pulivano le anguille.
Ogni tanto imbiancava le pareti, quasi per allontanare il passato e le incrostazioni saline che dal mare, salivano sempre più in alto fino ad invadere, vistose, il soffitto della camera in cui dormiva.
E aspettava il sole che sempre bianco copriva le valli come un lenzuolo bagnato contro il quale strofinarsi alla ricerca di un tepore dimenticato e poi, sempre più cercato.
Ed erano lunghe le giornate, soprattutto quando il mare arrivava violento vicino alla sua casa e sbatteva contro i fusti delle tamerici ricordandogli l’attesa lunga di una primavera che avrebbe tardato ad arrivare.
Si sentiva un po’ ragazzino, un po’ uomo, un po’ vecchio, un po’ solo, un po’ dimenticato, un po’ eroe, ma era contento.
Lo tradivano quegli attimi lunghi nei quali non sapeva come e perché il cuore battesse così forte, “è solo quando salgo le scale” era solito dirsi, ma un giorno, capitò anche a letto mentre guardava le macchie di muffa sul soffitto cercando, per addormentarsi, di dare ai loro contorni immagini di figure rassicuranti. Ad un tratto l’assalì un’ansia forte, prepotente che l’uomo non seppe come controllare. Si allontanò dalla casa e andò verso l’acqua. Di lui non si seppe più nulla; ancora oggi dicono che un fantasma si aggiri tra le valli ma nessuno sa cosa mai quest’uomo avesse visto su quel muro.
Patrizia Garofalo