Lettera a un bambino mai nato lo lessi la prima volta d’un fiato nei primi mesi del 1978 e diverse volte vi tornai sopra nel corso degli anni. Denunciava quel libro la condizione lacerante della donna moderna, che con il graduale inserimento nella società degli uomini perdeva per via quelle peculiarità che nei millenni ne avevano fatto una figura esclusivamente dedicata alla famiglia e alla cura della prole. Un atto di coraggio quello della Fallaci in quel periodo di travagliata transizione in cui la donna cambiava la vecchia pelle e non aveva in cambio nulla di pronto da indossare, si andava creando un tessuto che era tutto da tramare e da confezionare poi secondo un modello di nuova fattura.
Il coraggio lo dimostrò non solo nello svolgersi della storia, ma più ancora nel finale.
Una scelta di non scelta con cognizione del dolore che in ogni caso ne sarebbe conseguito.
Senza chance. Com’era la donna in quegli anni di fine Settanta dilaniata da una coscienza in embrione.
Questa è la Oriana Fallaci che oggi saluto. Lessi in seguito diverse altre sue opere ma nessuna mi penetrò in profondità, e qualcuna mi scivolò sulla pelle. Non sempre il lettore incontra lo scrittore, ma è cosa soggettiva.
C’è poi la Fallaci che respingo. La morte tende a mitigare i giudizi, ad abbellire la maschera funebre. E ritengo ciò offensivo prima di tutto per chi non può più battersi a faccia scoperta. Che non può più confrontarsi con la sua verità con l’altrui verità.
Senza rabbia e senza orgoglio saluto una grande professionista che ha dedicato la vita e gli ultimi suoi sofferti anni alla scrittura, volendo lasciare un solco inequivocabile del suo passaggio. Non ho letto le sue ultime opere e tantomeno le leggerò ora che l’Autrice non è più contestabile. Fuori per sempre da ogni bega umana.
Quando lessi La Rabbia e l’Orgoglio in formato lettera di Oriana Fallaci sul Corriere della sera del 29 settembre 2001, provai uno sdegno rimasto inalterato. Come probabilmente la rabbia totale e cieca della Fallaci. Quell’articolo lo conosciamo tutti ed è inutile analizzarlo ancora. E dopo averlo letto mi dissi con orrore e pietà che quel bambino mai nato non aveva per fortuna conosciuto l’odio allo stato puro.
Ci fu la risposta di Tiziano Terzani che fu un lenimento provvidenziale per chi come me aveva accusato il colpo sferrato da una donna che malediva e sputava su quella parte di umanità che avrebbe - se avesse potuto - cancellato dalla terra.
Ti saluto, Oriana Fallaci. Mi tengo di te solo la bella dedica che mi facesti un giorno, come a tutte le donne, quando ti facevi ancora aggredire dai dubbi, quando ancora non tradivi te stessa: «A chi non teme il dubbio/ a chi si chiede i perché/ senza stancarsi e a costo/ di soffrire di morire…»
Senza rabbia e senza orgoglio.
Maria Lanciotti