Era partito giovane, già marito e padre, per l’Argentina a fare il sarto per riscattare la vita trascorsa in un paese di pietre che guardavano il mare ma che ammassava amarezze e sconfitte come i ciottoli che, dopo le mareggiate, si accatastavano vicino al ponte.
Ci furono donne compiacenti, assistenti al dolore, crocerossine del sesso, ma lui ebbe solo bocca per mangiare e mai più per sorridere.
Dall’altra parte del mondo, una luce fioca, di quelle che staccano gli occhi anche a chi vede, accompagnava il ricamo di tovaglie e coperte che per un po’ l’hanno aspettato poi, invecchiate dal dolore, sono state riposte in una custodia per essere mostrate a qualche ospite compiacente. In memoria e con l’odio sfilacciato che segnava l’orlo a giorno degli ultimi asciugamani.
Lui non si vide più e le mani parlarono prima degli occhi.
Era partito giovane anche il figlio.
Lassù in alto sul mare si aspettano gli uomini e si spera in un approdo.
Silenziose, oggi le donne vuotano un materasso e ne dipanano la lana, se la passano tra le mani come se carezzassero piano, la pelle di qualcuno che non è mai giunto.
Il latte di mandorla è sempre pronto, i bicchieri puliti e la tovaglietta è sempre quella di allora, ricamata a dodici anni mentre si aspettava il padre.
Da oltre oceano arriva la sua esistenza, l’hanno visto; ha novantanni, forse non ha dimenticato.
Il tempo così dilazionato, gli avrà fatto immaginare i sassi come barriere al suo passaggio. Dopo secoli, da rocce sul mare, restano solo pietre dilavate, rotolate vicino alla strada. I suoi bagagli sarebbero stati troppo pesanti per salire su, in paese.
Le sue mani sono ingombre di regali mai fatti ma non potrebbe mai suonare a quella porta che, senza occhi, guarda il mare.
Patrizia Garofalo, testo e foto