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Riflessioni su una vita dedicata al palcoscenico: Franco Branciaroli ne “Il Teatrante” di Thomas Bernhard 
di Gabriella Rovagnati
14 Dicembre 2012
 

Per reggere un testo come Il teatrante, copione del 1985 di Thomas Bernhard, ci vuole un grande attore, e Franco Branciaroli, che ha ormai all’attivo quarant’anni di carriera, ha dimostrato di esserlo interpretando Bruscon, il protagonista della pièce, suddivisa dall’autore in quattro scene, compattate invece in due atti nell’allestimento – di cui Branciaroli firma anche la regia – in cartellone in questi giorni al Teatro Grassi di Milano. Il teatrante del titolo è insieme autore, attore e regista della commedia “La ruota della storia” che, secondo la consumata tecnica del “teatro nel teatro”, sta per essere messa in scena. Le ambizioni megalomani di Bruscon, le sue pretese di proporre un allestimento perfetto del suo copione, affiancato dalla moglie Agathe, malata di polmoni, e dai figli Sarah e Ferruccio – due insulsi ragazzetti che, a detta del loro stesso genitore, sono incarnazioni dello “antitalento” – si scontrano però con una realtà in cui diventa impossibile per il mattatore realizzare i suoi ideali d’artista. La troupe si appresta infatti a esibirsi nella sala da ballo di una squallida trattoria di un buco di provincia austriaco, Uzbach, dove l’esigua popolazione ignorante non può certo essere facilmente messa a confronto con grandi personalità del passato quali Metternich o Madame Curie, Churchill o Napoleone, che invece l’universalistico copione di Bruscon passa in rassegna. Il contrasto fra le velleità dell’artista e la pochezza dei mezzi di cui dispone, il divario fra la pretenziosità del dramma e l’ottusità dell’ambiente in cui sta per essere rappresentato, rende il fallimento dell’impresa fin dall’inizio del tutto prevedibile. Secondo una tecnica che caratterizza molti copioni di Bernhard, la messinscena si ferma infatti allo stadio conativo, si arresta là dove l’azione vera e propria dovrebbe cominciare. Tutto si riduce ai preparativi dello spettacolo, alla fatica delle prove e alla preparazione dei dispositivi tecnici necessari. E qui, come un tormentone, torna di continuo la richiesta, da parte di Bruscon, di ottenere dal capo dei pompieri il permesso di poter spegnere tutte le luci, anche quelle d’emergenza, per i cinque minuti conclusivi dello spettacolo. C’è qui una chiara allusione a quell’assurdo scandalo che aveva scatenato nel 1972 la messinscena del dramma L’ignorante e il folle a Salisburgo, per il finale del quale Bernhard aveva parimenti richiesto al corpo dei pompieri due minuti di buio assoluto. Alle prove generali il suo desiderio era stato esaudito; la sera della prima, invece, contravvenendo agli accordi presi, le luci d’emergenza erano rimaste accese per ragioni di sicurezza. Lo spettacolo fu sospeso per protesta subito dopo la prima serata. L’insistenza di Bruscon sul ruolo dei pompieri, divertente già di per sé, acuisce il suo carattere provocatorio, se si tiene conto del precedente scandalo, visto che Il teatrante andò in scena per la prima volta proprio a Salisburgo, “la città dei suicidi”, come Bernhard la definiva nel suo sarcasmo.

Benché Bruscon ottenga dal capo dei vigili il permesso di immergere la scena nell’oscurità totale, il suo spettacolo, che diventa chiaramente sinonimo della sua stessa vita, è destinato al fallimento.

Inutili sono gli sforzi dell’attore di spingere i figli a migliorare la loro recitazione, spiegando loro il senso e la gravità delle parti che hanno da interpretare. Alla impermeabilità dei suoi familiari si aggiunge poi anche lo sfavore del tempo che minaccia tempesta. Quando si sta per aprire il sipario si scatena un temporale furibondo, un fulmine colpisce un cascinale, che prende fuoco inducendo il pubblico convenuto a un fuggi fuggi generale e i pompieri a correre in soccorso di chi minaccia di essere travolto dalle fiamme. Già nei panni di Napoleone, Bruscon si accascia affranto su una sedia. Il teatrante è uno dei molti Geistesmenschen di Bernhard, uno dei molti che nella sua produzione (anche narrativa) si occupano di arte e di cose dello spirito e sono destinati sempre a soccombere, vittime del loro maniacale perfezionismo. Fissati e supponenti, diventano misantropi egocentrici, e questo loro rifiuto di accettare i limiti della realtà li condanna a non superare mai lo stadio di un virtuoso dilettantismo. Anche questo testo è infarcito degli ingredienti costanti delle opere di Bernhard: insulti contro l’Austria, contro la piaggeria dei piccoloborghesi, la falsità dei cattolici devoti, la mendacità del teatro e di chi ne fa strumento di lavoro. Ma anche in questo caso la tragedia personale Bruscon è stemprata dall’autore in un’ironia corrosiva, che conferisce a quest’uomo, che esce sconfitto dalla sua lotta caparbia contro un mondo, che non sente fatto a sua misura, e a una società insensibile all’arte, tratti di grottesca comicità. Branciaroli riesce con sapiente istrionismo a mettere in luce il doppio tratto del personaggio, presuntuoso e patetico, eroico e balordo e, in fondo, vittima e carnefice di se stesso. Sorprendenti sono invece alcune scelte linguistiche nella versione del testo, anche se il traduttore, secondo un’incresciosa, diffusa abitudine non viene neppure menzionato sulla locandina. Le marche di acqua minerale più diffuse in Austria, Römerquelle e Apollinaris, rimangono tali nella versione italiana. Perché però la Leberknödelsuppe, la minestra di canederli di fegato, un piatto grasso e sostanzioso, tipico della cucina contadina della provincia austriaca, viene trasformato in un’improbabile stracciatella?

 

 

Teatro Grassi
dall'11 al 23 dicembre 2012

Il teatrante
di Thomas Bernhard
regia Franco Branciaroli
scene e costumi Margherita Palli
luci Gigi Saccomandi
con Franco Branciaroli
e con (in ordine alfabetico) Tommaso Cardarelli, Valentina Cardinali, Melania Giglio, Daniele Griggio, Cecilia Vecchio,Valentina Violo
produzione CTB Teatro Stabile di Brescia, Teatro De Gli Incamminati


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