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Patrizia Garofalo. “La bottega del non fare” di Giuseppe Samperi
07 Dicembre 2012
 

Credo nella poesia di un uomo
che muore impaurito sulla croce

 

Per chi arriva dal mare, sia egli pescatore, navigante o poeta, Marzameni si presenta con i colori accesi delle case. Da un lato del paese domina la grandezza delle vecchie tonnare ormai in disuso, scheletri del passato, cattedrali abbandonate, carezzate da brandelli di cielo che ne illuminano la solitudine. Tornano per il poeta passato e odori e sensazioni dimenticate: amavo il caffè preso a ritroso pochi minuti prima al caldo del camino... o forse era altro.

Il vigneto del padre con i tralci annodati dentro secchielli d'acqua e buchi profondi si spande, nobile e faticoso spazio su cui segnare, appuntare, sfogliare e imprimere alla parola, l'originalità che nomina Giuseppe Samperi “scrittore di terra e mare”. E l'ebrezza del vino, o meglio il gustarne l'essenza, offre appiglio al ricordo anche quando il vigneto non ci sarà più e Catania ospiterà il poeta durante gli anni dell'Università, accorato cantore della sua terra senza sfumature, terra di vita e morte, di parola graffiata, terra d'assenza riempita dal giallo ocra della piana del Calatino. Come da un diario nel quale abbiamo, senza discrezione, messo mano, leggiamo di notti trascorse tra vino e memoria, di abbandoni ai quale lo scrittore non si rassegna e che trangugia, aspettando il tempo del disamore. Dalla aridità del suolo nascerà invece un grande albero dalle radici forti e smisurate, un abbraccio di terra, cielo e mare che costituisce il registro poetico sia della prima silloge dell'autore, L'ultimo maratoneta, che di questa raccolta. Le pagine dedicate alla vendemmia, al podere, alla fatica fino all'ultimo respiro, riportano tematiche verghiane, illuminate da un intimismo cui la traduzione della memoria dona gli incantati momenti di un pomeriggio di confidenza con il padre, profumato di braci e di vino alla cui sacralità non si deve mai far torto.

Mi serve un albero, la sua cellulosa a miscellanea con il mio sangue, le mie braccia dirompenti verso il cielo pelle a pelle con la sua diramante corteccia, il suo sibilo silente unito ad un mio sussurro lento, le sue foglie ed i miei fogli, il suo silenzio ed il mio silenzio.

E sarà la bottega del non fare aperta su ampi agrumeti ad essere il luogo non luogo del fare davvero ritornare i sogni, la fanciullezza, il gioco, la dolcezza, la poesia che sbigottisce davanti ad un tramonto e ride entro stanze colorate di fanciullezza ridestata.

Spaesanti le immagini sognanti del testo che spesso confliggono con momenti di dura meditazione; cuore e intelletto in continua dicotomia si trasformano in un susseguirsi di immagini, ricordi e surrealismo cogitante ed insistente che come martellante pioggia crea ritmi ondivaghi affidati ad un'analisi spesso cruda di se stesso. E il poeta ci racconta di Judica fuori e dentro, della sua casa del nespolo e del cordone ombelicale che gli impedisce di volare, delle partenze, dei ritorni, delle speranze, e in questa originale modalità vive la sua poesia. Nell'abbracciare il tempo dell'amore e del disamore quando l'aoristo è un desiderio scampato alla festa.

Settembre 2012

Patrizia Garofalo

 

 

Giuseppe Samperi

La bottega del non fare & altri racconti

Edizioni del Calatino, E-book, 2012


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