Il fiorire di assaggiatori e degustatori a vario titolo offre lo spunto per mettere a fuoco qualche concetto in tema di assaggi e assaggiatori. Innanzi direi che assaggiare significa provare il sapore di un cibo o di una bevanda mentre degustare vorrebbe dire riconoscere la qualità, giudicare e valutare un cibo o una bevanda. In breve, assaggiare sarebbe maggiormente attinente al giudizio soggettivo del “buono o non buono”, “mi piace o non mi piace”, mentre degustare sarebbe l’inizio del sentiero della scoperta dei sapori, degli aromi e della struttura del formaggio, almeno agli effetti del soggetto in azione.
Immaginiamo ora che attorno al tavolo di assaggio siano seduti sette assaggiatori di diversa estrazione e provenienza; ai sette assaggiatori viene offerto un campione di formaggio proveniente dalla stessa forma di formaggio. Eccoli con le loro “certezze”…
Il primo è il tecnico che ha prodotto il formaggio, da un lato definibile un assaggiatore tecnico, e dall’altro in flagrante conflitto d’interessi. Le sue note ovviamente, non sono critiche.
Il secondo potrebbe essere definito un assaggiatore amatoriale; l’appassionato personaggio solitamente dedica le sue attenzioni alle specialità casearie a fine pasto, dopo la classica mangiata e bevuta tra amici appassionati di buona cucina e di buoni prodotti. Nel caso specifico ha la pretesa di essere il “leader del gruppo”, in due parole, quando il formaggio è valido per Lui deve essere valido per tutti, almeno per tutti quelli seduti intorno a quel tavolo.
Il terzo assaggiatore è un esperto della degustazione enfatizzata. Tanto per intenderci, quelle degustazioni da mercato, da fiera, da televisione; le sue note, piene di aggettivi ridondanti, enfatizzanti, descrivono il prodotto in modo affascinante ricco di aromi che sente solo Lui.
Il quarto assaggiatore potrebbe essere, perché no, un aspirante assaggiatore ONAF, abituato a valutare il formaggio impiegando la metodica di valutazione sensoriale basata su un assaggio ragionato e descrittivo, dove prima si descrive il prodotto e poi si valuta secondo una scala a punti su una serie di otto parametri, ordinatamente riportati nelle sue note.
Il quinto sarebbe un assaggiatore agonistico, solitamente impiegato nelle giurie dei concorsi per formaggi durante le feste patronali locali. Quelle festanti giurie composte generalmente da politici, maggiorenti, eno-gastronauti e così via che, s’incontrano direttamente in fiera per eleggere un vincitore con un vero e proprio assaggio agonistico, in modo che alla fine della fiera, la coppa offerta dallo sponsor, possa/debba essere consegnata al vincitore del concorso. Le sue note riportano il suo secco giudizio che ignora la descrizione del prodotto.
Il sesto assaggiatore, quotidianamente impegnato in un laboratorio di analisi sensoriale, è un membro di un panel addestrato, in costante esercizio per valutare i prodotti su basi e riferimenti scientifici, la cui elaborazione statistica aumenta la ripetibilità dei vari test: di differenza, di descrizione, di standard, in grado di limitare le variabili di giudizio alle sole, singole e momentanee capacità percettive. Questo, muovendosi in un ambito diverso dal consueto è insicuro nelle note, se non propriamente confuso.
Il settimo assaggiatore è un personaggio che non s’accontenta facilmente, è uno che cerca di arrivare ad un giudizio sensoriale professionale utilizzando terminologie idonee e non ambigue. Descrive il formaggio in assaggio utilizzando aggettivi misurabili, seguendo un modello di degustazione ripetibile. Nell’occasione viene ribattezzato l’assaggiatore errante (nel senso di nomade, di viaggiatore evoluto), perché si documenta e studia, perché sperimenta e raffronta diversi metodi, perché tende a migliorare, con umiltà e prudenza. Nelle sue brevi note è l’unico che usa il verbo condizionale e che evidenzia la soggettività del giudizio.
Vincenzo Bozzetti
(da InForma n. 1, ottobre 2012)