Può benissimo essere, come dicono ormai apertamente tanti esponenti del PdL, che Silvio Berlusconi sia invecchiato male. Anzi è probabile, potremmo dire quasi certo. Ormai non si contano più le “bizzarrie” berlusconesche, e se per un primo momento potevano divertire qualcuno, ed essere accolte con bonaria condiscendenza, ora non v’è nessuno che non ammetta che si tratta di un qualcosa a cavallo tra il patetico e il ridicolo.
Può benissimo essere, anzi è probabile; quasi certo. Del resto se uno si fa “consigliare” da una corte dei miracoli in cui spicca per acume e senso politico un personaggio come Daniela Santanchè; se accade che un Guido Crosetto ammetta tutto il suo scoramento, e sconsolato riconosca di non saper più cosa si può dire fare; se gli zelanti e solerti impiegati dell’“autentica interpretazione” del dire e del fare del “Capo” non sanno letteralmente che pesci pigliare, perché il “Capo” li contraddice e smentisce se stesso sette volte settanta al giorno…; se tutto questo è vero, come è vero, e accade come accade, allora molto se non tutto si spiega.
È vero: i sondaggi, anche quelli personali e ritenuti “sicuri”, diagnosticano per il PdL una sorta di accanimento terapeutico; se il gradimento nei confronti della persona Berlusconi cala a picco; se ormai “meno male che Silvio c’è” viene percepito come lo spot ridicolo che è, una via di mezzo tra le celebrazioni ai vari rais prima che fossero spazzati dalle primavere arabe, e un omaggio che forse viene tributato ai dignitari del regime solo in Corea del Nord…; tutto questo è vero… Però è altrettanto vero che Berlusconi non ne può più di quel cascame ex Alleanza Nazionale che si ritrova tra i piedi. Non sa che farsene, e anzi li detesta di tutto cuore i vari Maurizio Gasparri e Ignazio La Russa: che si tolgano dai piedi, che spariscano, è il sogno di queste settimane… C’è poi il lavoro ai fianchi che gli fa la Lega di Roberto Maroni alleata nientemeno che con l’odiato ex ministro delle Finanze Giulio Tremonti; ci sono i vecchi democristiani che mordono il freno… C’è Alfano, e ormai da un momento all’altro si attende il grido: “Tu quoque Angiolino, fili mi”…
Se questa è la situazione, si capisce allora che Berlusconi a un certo punto abbia pensato che l’unica carta in mano sia quella di fare strike, e far saltare il banco: in modo, per esempio, che la legge elettorale resti la maialata concepita da Roberto Calderoli; cosicché un sinedrio di qualche decina di persone abbia di nuovo la possibilità di “nominare” deputati e senatori; e questo sta bene a tutti, e il presidente Napolitano se ne faccia una ragione, che oltretutto non è neppure affar suo…
Insomma, possono esserci tanti buoni (si fa per dire: buoni per lui) motivi per aver indotto Berlusconi a giocare la carta calata in queste ore. Forse, il tutto, si tradurrà in un semplice ridurre il danno; forse così riuscirà a raccogliere parte dello scontento moderato che il governo Monti produce e alimenta… Forse ci crede veramente, e non si rende conto che se per i tecnici il momento magico è finito, per lui la campana è suonata da tempo, e farebbe bene a seguire i consigli dell’amico Flavio Briatore…
Resta il regime: che non è solo Berlusconi (ne è “semplicemente” uno degli anelli, l’ultimo, che morde e stringe, ma è una catena); resta l’analisi radicale: il libro “giallo” sulla peste italiana che inquina e avvelena l’Italia e l’Europa; c’è una continuità, garantita anche – e grazie – ai sedicenti “discontinui”. Restano temi come giustizia e legalità, con i loro nodi irrisolti, e le questioni lasciate colpevolmente incancrenire. Un regime che soffoca, produce violenza e morti. È da qui che tocca partire e cominciare. Ma per tornare al fango e alla melma: chissà, forse c’è del metodo nella follia berlusconesca. Forse la ciambella non verrà col proverbiale buco, ma non è detto che non ne esca qualcosa di commestibile (per lui, beninteso).
Valter Vecellio
(da Notizie Radicali, 7 dicembre 2012)