Soltanto nella pubblicità. Soltanto in quest'astratto luogo esiste, il luogo lievemente artefatto della comunicazione pubblicitaria, copia della realtà nelle sue forme di pulsioni imposte o bisogni (anche d'immedesimazione) indotti. Parliamo della famiglia perfetta. Grande idea e regia, quella di Paolo Genovese, che s'inventa un film, La famiglia perfetta (soggetto condiviso con Luca Miniero, sceneggiatura a sei mani, con lo stesso Miniero e Marco Alessi, e sceneggiatura originale di Fernando Leon de Aranoa), davvero pregevole, nel quale il registro comico e quello drammatico, il dolceamaro esistenziale, s'intrecciano alla perfezione, senza sbavature, senza forzature, con levità ma senza, nel contempo, rinunciare alla riflessione su importanti temi.
Leone (Sergio Castellitto) è un uomo ricco e solo che ingaggia, dietro promessa di un lauto compenso, una compagnia di attori in difficoltà economica per inscenare un Natale familiare di cui non può disporre, perché rappresentino la sua famiglia, quella “famiglia perfetta” di cui ha nostalgia – una nostalgia dell'assenza –, quella famiglia che forse ha respinto per sempre. Carmen (Claudia Gerini), moglie nel mondo reale del capocompagnia Fortunato (Marco Giallini), deve fingere di essere la compagna di vita di Leone. Fortunato, a sua volta, nella finzione è sposato con Sole (Carolina Crescentini) che nella quotidianità è davvero innamorata di lui, ma non può essere corrisposta perché c'è Carmen. Insomma, un bel caos, con venature pirandelliane, in una mutazione, nella vicenda-recita del Natale e della “famiglia perfetta” che dovrebbe durare solamente 24 ore, fra persone e personaggi.
Completano il cast attoriale e domestico “Nonna Rosa” (Ilaria Occhini) e i “figli” Daniele (Giacomo Nasta), Angelo (Lorenzo Zurzolo), Pietro (Eugenio Franceschini) e Luna (Eugenia Costantini).
Insorge, come c'era da attendersi, anche una commedia degli equivoci, dove al copione creato da Leone si trasgredisce con improvvisazioni evidenziate vieppiù dalla stralunata Alicia (Francesca Neri), fascinosa giovane signora capitata per caso nell'allegro malinconico strampalato improvvisato (e nella provvisorietà procede con una sorta di ferrea logica) nucleo familiare. Alicia, amante abbandonata nella notte di Natale, per telefono, dal suo uomo (sposato) e dalla macchina in panne, è un elemento (funzionale) di ulteriore surrealtà.
Si ride molto sfruttando le situazioni, ma, come detto, la serietà dei casi della vita fa capolino, implacabilmente.
Spiega Paolo Genovese: «I vari componenti della famiglia in affitto verranno tutti continuamente messi in crisi da Leone che non permetterà a nessuno di procedere in armonia e in equilibrio, come dovrebbe capitare a un nucleo che si presume ideale, perché cercherà sempre di mettere in evidenza i difetti e le contraddizioni dell'istituzione familiare in sé. Da abile burattinaio qual è, tenterà di farli esplodere, svelando ipocrisie e accentuando i diversi attriti. Il suo scopo principale diventa quello di dimostrare che la famiglia non funziona e non può funzionare e questo porta il pubblico a interrogarsi sul perché lui agisca in quel modo, sino a quando un evento finale metterà in luce i vari retroscena della rappresentazione». E una sorpresa ci sarà.
Morale: Viva la famiglia con tutte le sue imperfezioni.
Alberto Figliolia