Ad Anna Lanzetta
Vedo al bar due ragazzi, giovanissimi e ne colgo il primo approccio.
Non sono insieme. Consumano una colazione.
– Come ti chiami?
– Marco.
– Sei su facebook? Dimmi... Marco come? ...Io Giovanni Mesischia, stasera ti chiedo l’amicizia… ti va?
– Ok.
Niente altro, Marco resta e l’altro esce. Tra breve saranno amici in face book.
Io ho quasi i lacrimoni.
Sentirò dai giornali poco dopo del ragazzo che si è suicidato, sembra, per la derisione, lo scherno, le parole grosse di un gruppo facebook che lo etichettava “ragazzo in rosa”.
Avverto labirinti dove possono perdersi anima ed infanzia, dove la ricerca è azzerata e la reciprocità virtuale. Percepisco “il danno” anche a fronte dei vantaggi dei social network e vedo solo “il danno” e non so dargli un altro nome. Rileggo il tuo scritto Anna. “L’infanzia nel cuore”, quella che ho portato dentro da sempre e che avverto dolermi dentro. È così egoista da non volersi perdere nel vuoto che le gira intorno oggi. Non posso condividere niente né urlare, né parlare né tanto meno insegnare… Riesco a piangere e già mi sembra qualcosa.
patrizia