È vero, avete ragione. Un parcheggiatore abusivo è una persona che svolge illegalmente un lavoro, andrebbe denunciato, perseguito, ammonito, ecc. Ma quando il parcheggiatore abusivo in questione è un signore dall’età indefinibile, con tanti… troppi problemi economici, reduce da una non meglio identificata malattia che gli ha devastato la gola lasciandogli una voce che suona come un citofono guasto, con ben 10 figli da mantenere, passi sopra la legge e chiudi un occhio. Quando poi questo signore è gentile, attento, simpatico, divertente, severo e acuto, ci passi sopra due volte. E se quel signore oltre a parcheggiarti l’auto ti prende la posta, ti guarda il negozio quando ti allontani, ti va a imbucare la bolletta e ti custodisce le buste della spesa… be’, allora al diavolo la legge, al diavolo le denunce, diventa un mito. E se quel mito muore, in un grigio giorno di pioggia di ottobre, ti ritrovi a piangere come se avessi perso un nonno.
Giovanni (cognome mai pervenuto) era un mito, nella città di Acireale, in provincia di Catania. Aveva perduto un lavoro da panettiere anni prima e, per non cedere alla disperazione, si era “reinventato” parcheggiatore. Abusivo, naturalmente. Aveva eletto a suo luogo di lavoro il Largo Giovanni XXIII, una piazzetta grande quanto un fazzoletto stretta tra la cattedrale e il palazzo del vescovado, dove lui riusciva a far posto anche a venti macchine tutte insieme. Si sedeva sulla sua sedia di paglia, il bastoncino di un lecca-lecca sempre in bocca, un cappello da “vigile urbano” in testa, una busta di plastica a fargli da cappuccio nei giorni di pioggia e una mantellina se faceva freddo… Stava lì dall’alba alla notte, e solo a tarda ora ritornava a casa, attraversando a piedi tutta la città. Il centro storico di Acireale contava su di lui. Sorrideva a tutti, aiutava tutti, riportava a casa i bambini che si perdevano, difendeva le ragazze dai molestatori, faceva ridere i tassisti che ogni tanto facevano base lì da lui, si lasciava ritrarre dai turisti stranieri che adoravano quella sua faccia da “classico vecchietto siciliano”. In giro si diceva che spendesse i soldi per cose futili, forse per gli alcolici, per cui molte persone invece di pagarlo con gli spiccioli gli portavano generi alimentari… il panettone a Natale, l’uovo a Pasqua, un arancino, un panino. Lui accettava sempre tutto e ti raccontava la sua giornata, con quella voce resa gracchiante dalla malattia, col suo sorriso senza denti. Viveva lì, Giovanni, e c’era sempre per tutti. Anche per il vescovo, che doveva chinare il capo davanti alle sue direttive autoritarie, da vero maestro del parcheggio: “A machina a mintissi cchiu ritta!” (L’auto la metta più dritta!), “Arreeti, arreeti!” (indietro, indietro!), “Bbonu accussì, s’abbenedica” (Va bene così, la saluto).
La polizia non diceva nulla, anche se lo sapeva che era lì illegalmente, i vigili urbani tolleravano il suo abusivismo, perché Giovanni portava il buonumore anche a loro (e loro ogni tanto gli portavano il caffè). E quando c’erano grandi cerimonie in cattedrale o in piazza Duomo li aiutava a mantenere l’ordine pubblico. Era un mito, Giovanni… con quel suo completo nero-con-cravatta quando doveva presenziare al parcheggio delle auto durante qualche funerale. Oggi sarà lui ad arrivare in cattedrale dentro un carro, scortato da chi lo ha amato anche solo per un istante. Ma nessuno aiuterà i suoi parenti a parcheggiare, lì, in largo Giovanni XXIII. O se no Largo Giovanni, e basta.
Grazia Musumeci