Il Minotauro non c'è, almeno fisicamente: il mostro è un fantasma, uno spettro interiore, un atavico spauracchio/orco del potere, un vincolo d'obbedienza. Non per questo è meno solido, duro e crudele; forse, anzi, lo è di più. Il labirinto invece è tangibile nel suo gioco di specchi, nella torsione esistenziale. Il labirinto imprigiona, stritola, inchioda in un presente d'assenza, noia + angoscia, nell'impossibilità e nell'impassibilità, la paura di osare nel gioco della vita. Circonvoluzioni come spirali di violenza, tentativi d'andare e poi ritrovarsi in vicoli ciechi, sabbia di clessidra, acqua che non lava.
Il triangolo familiare: padre, madre, figlio, i tre lati di una vicenda eterna, senza fine, allora come ora e come sarà.
Icaro & Dedalo s.r.l. (quasi una società contro voglia quantunque dovuta, specchio dell'homo oeconomicus: difatti è a responsabilità limitata... la burocrazia dei rapporti interpersonali, la talora trista/e ineluttabilità di quelli parentali?) è un lavoro di Gianfelice Facchetti del 2008 e viene riproposto in questi giorni al Teatro Leonardo da Vinci. Una scrittura ricca e piena, in questo viaggio metaforico, dolente e necessario, e, nel contempo, scabra, nuda, essenziale, lirica. Un'indagine del sempiterno conflitto generazionale, «insanabile, ossessivo, spinto fino al contrasto fisico: Dedalo è l'incarnazione di un potere patriarcale ottuso, fondato unicamente sul proprio autoritarismo, un ipotetico costruttore di macchine di morte, come se l'età adulta potesse coincidere solo col cinismo e la distruzione. Icaro è il figlio già rabbioso e ribelle fin dall'ora della nascita...», come ha ben scritto Renato Palazzi.
Il dramma si dipana fino alla ricomposizione/liberazione finale, quand'anche essa fosse morte. Rompere il guscio è morte e nuova vita; siamo fatti d'involucri che si crepano e spaccano, si dissolvono e rilasciano; crisalidi e poi farfalle. Anche se nel caso di Icaro le ali di cera bruceranno, ma ha attinto alla libertà delle nubi e del vento, al sogno di valicare il mare e scoprire che cosa si muove oltre la linea dell'orizzonte. Non conta la caduta, è il volo a contare.
Se la scena è cupa, l'atto conclusivo è catartico. Il padre-capobranco trova le lacrime che il ruolo assegnatogli a priori dal mondo escludeva, la consapevolezza, l'empatia con colui cui il futuro appartiene, oltre i veti sociali, oltre l'autoreferenzialità, sapendo infine spezzare le catene. «[...] il Minotauro, mostro uscito dalle “invenzioni” del potere (ultima l'atomica) per dominare con il terrore. La pièce potrebbe arenarsi negli schemi di una contestazione ideologica se non fosse condotta con un linguaggio teatrale post-moderno, che va diritto a toccare il pubblico giovane. […] Questo linguaggio ha nei momenti migliori l'intensità del realismo magico e, pregio non piccolo, vibra di sottesa ironia», così nella lettura di un fine e sensibile critico qual era Ugo Ronfani (Il Giorno, domenica 26 ottobre 2008).
Il trittico di attori – Pietro De Pascalis, Jacopo Fracasso e Annalisa Salis – offre una superba prova di sé, con potenza e misura. Assolutamente all'altezza del lavoro le scene e i costumi di Vittoria Papaleo e di grande suggestione ed evocatività l'accompagnamento sonoro, quasi un'eco, ora nostalgica ora martellante, alla precipitante corsa degli eventi.
Indubbio è il talento drammaturgico di Gianfelice Facchetti, qui impegnato con felici esiti anche nella regia.
Alberto Figliolia
Icaro & Dedalo s.r.l. di Gianfelice Facchetti.
Produzione Compagnia Facchetti-De Pascalis/Centro di Ricerca per il Teatro. Teatro Leonardo da Vinci, via Ampère 1 (MM2 Piola), Milano. Sino al 28 ottobre, orari: feriali 20:45, domenica 16.