Con “Mobbing” si intende una forma di terrore psicologico sul posto di lavoro, esercitata attraverso comportamenti aggressivi e vessatori ripetuti, da parte di colleghi o superiori.
Il termine inglese “Stalking”, appostarsi, avvicinarsi di soppiatto alla preda, da pochi anni viene utilizzato per indicare comportamenti persecutori e molesti: lo stalker è a tutti gli effetti un cacciatore: segue le tracce della vittima, la spia, la pedina, la sorveglia, le si avvicina di soppiatto, la attira in tranelli ed inganni, cerca di catturarla e farla sua, e troppo spesso la uccide.
In realtà si tratta di due termini che descrivono comportamenti persecutori estremamente violenti, con conseguenze terribili che occupano troppo spesso le pagine dei giornali.
Ma non sono altrettanto conosciuti e divulgati i sistemi per denunciarli, per proteggersi ed essere protetti.
In questi giorni le nostre strade in Sicilia sono invase da molteplici faccioni curatissimi e sorridenti che pregustano il piacere di governarci, con sistemi e programmi poco dedicati ai problemi sociali attuali. Nessuno di questi ha fatto un discorso semplice finalizzato alla lotta alla violenza sulle donne, mobbing o stalking che sia.
Mi piacerebbe se dalle bocche dei faccioni venissero fuori fumetti con frasi semplici, quasi da arrotino di quartiere come per esempio: “Donne, se vi perseguitano fate il 112, 118 o il numero 1522, attivo 24 ore/24, o il numero di telefono messo a disposizione dal mio partito (segue numero) o altri consigli semplici”.
Oppure un altro faccione che dica: “Uomini, se la vostra donna vi ha lasciato ricordatevi che NON È VOSTRA. Lasciatela in pace!”
O ancora: “Uomini, se vi viene voglia di riprendervi con la forza una ex, fidanzata o moglie, chiamate il 1522, o chiedete aiuto ai vostri amici e in ogni caso non avvicinatevi a Lei per nessun motivo!”.
È possibile inoltre che non ci sia ancora sufficiente confidenza con i termini inglesi e che le donne abbiano problemi a identificare la persecuzione con lo stalking? In parole semplici perché non chiamare questi fenomeni con il semplice termine “persecuzioni”, perché di persecuzione si tratta e non sembra che il mondo maschile (a cui noi stesse donne deleghiamo troppo potere a tutti i livelli), voglia interessarsene concretamente, confermando ulteriormente la tesi della persecuzione di genere.
Come se queste donne uccise poi non avessero nella loro famiglia padri o fratelli e anche figli, che si dilanieranno con i sensi di colpa per non essere intervenuti prima, perché hanno sperano che i problemi si sarebbero risolti da soli, ma principalmente perché non sanno che non è così.
O dobbiamo ancora aspettare che ci siano padri di donne perseguitate che uccidono, perché temono che altrimenti vengano uccise le figlie.
Perché la verità è che non c’è alcuna educazione continua dei cittadini sui metodi per contrastare la persecuzione, qualche spot ogni tanto con personaggi molto noti. Perché i metodi esistono e non è solo la denuncia alle forze dell’ordine o al poco conosciuto numero verde, ma è l’educazione al rispetto e la possibilità di parlare e di essere ascoltati.
In Italia esistono varie associazioni come per esempio quella per la prevenzione del suicidio.
Forse è arrivato il momento di fare un’associazione di tutti i cittadini di buona volontà per la prevenzione delle persecuzioni di genere, che parta sempre dal rispetto e dall’idea che per contrastare le persecuzioni è necessario fare leva molto di più sul mondo maschile che su quello femminile. È molto più importante che siano gli uomini più impegnati a rispettare e a non perseguitare più le donne, piuttosto che le donne a non assoggettarsi oltre alle persecuzioni maschili.
Linda Pasta