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Roberto Malini. Traffico di schiavi e organi umani nel Sinai 
EveryOne Group fa i nomi dei complici in Sudan dei trafficanti
Una zona del campo profughi di Shegerab (Sudan)
Una zona del campo profughi di Shegerab (Sudan) 
20 Ottobre 2012
 

All'attenzione urgente del governo del Sudan, delle Nazioni Unite, del Consiglio d'Europa, della società civile

 

 

Traffico di esseri umani nel Sinai: un fenomeno atroce che dimostra da anni come le autorità politiche e religiose dell'Egitto, del Sudan e degli altri paesi coinvolti in questo barbaro commercio si mostrino indifferenti e spesso complici del crimine organizzato e dei movimenti terroristici, che traggono finanziamento proprio dalla vendita di armi, droga, esseri umani e organi. Un fenomeno che ci rivela come la vita umana di chi è povero e perseguitato non valga nulla neppure per le organizzazioni governative, non governative e sovrannazionali che avrebbero il compito statutario di di difenderla. Il denaro e il potere, anche se provengono da crimini atroci, consentono ai loro perpetratori di diventare “intoccabili”, corrompendo le autorità e acquistando posizioni di prestigio. Gli eroi, in questa barbarie che si svolge sotto gli occhi di un mondo indifferente, sono pochi e da tanto tempo chiedono alle istituzioni di interrompere il commercio di schiavi, l'omicidio di giovani profughi finalizzato al commercio di reni e altri organi umani, l'abuso sessuale di donne e bambini perpetrato da sadici aguzzini, le torture cui i predoni sottopongono i loro prigionieri.

Sembra impossibile che certi orrori accadano in un'epoca in cui si tengono annualmente migliaia di conferenze sui diritti umani, si pubblicano libri e rapporti che condannano lo schiavismo, la tortura, la tratta di donne e bambini per il mercato criminale della prostituzione e degli organi. Sembra incredibile che le autorità e le organizzazioni umanitarie siano in possesso degli stessi numeri telefonici usati dai predoni per estorcere riscatti pesantissimi alle famiglie di profughi in loro potere, le cui grida disperate le inducono a pagare fino a 50 mila dollari pro capite, quasi sempre indebitandosi con altri criminali. Sembra incredibile che nessuno si muova per combattere questa barbarie, che non si svolge più solo in Eritrea (dove agenti del governo e disertori collaborano con i trafficanti), in Sudan, in Egitto e negli altri paesi arabi, ma anche in Israele, in Europa e in tutto il mondo, dove complici degli schiavisti si mettono a disposizione per ricevere - attraverso agenzie di money transfer o conti bancari - il denaro dei riscatti. Oltre ai predoni del Sinai, alla rete di criminali Rashaida e ai movimenti del terrore (Al Quaeda e i gruppi fondamentalisti armati), molti eritrei, etiopi e sudanesi, anche con lo status di rifugiati, fanno ormai parte della rete criminale che si è estesa ovunque e collabora con le grandi mafie internazionali.

Le denunce da parte di organizzazioni impegnate in questa difficile azione di contrasto al traffico - Agenzia Habeshia, Gruppo EveryOne, New Generation Foundation for Human Rights, Ong Gandhi, Eritrean Refugees Protection Group, Icer, America Team for Displaced Eritreans, Eritrean Youth Solidarity for Change (EYSC) e poche altre - cadono spesso nel vuoto e solo di rado hanno indotto le autorità a intervenire per liberare gli ostaggi e perseguire i criminali.

Oggi, 20 ottobre 2012, abbiamo inviato a tutte le autorità e istituzioni del Sudan e a quelle internazionali una nuova lista di complici del traffico di esseri umani e organi. Gli attivisti umanitari che lavorano per ottenere queste informazioni rischiano la vita sia nei paesi coinvolti dalla tratta, sia all'estero, perché la criminalità organizzata e i movimenti terroristici che gestiscono il commercio di schiavi e organi umani sono diffusi ovunque e - repetita juvant - lavorano in sinergia con la mafia internazionale. Alcuni difensori dei diritti umani sono già stati uccisi, altri hanno visto i criminali colpire i loro figli e le loro famiglie. Il loro coraggio non sarà vano solo se indurrà le istituzioni e le autorità ad abbandonare le loro posizioni di indifferenza e ad agire, in nome dei valori basilari della civiltà. La lista inviata alle autorità è completa di nomi, cognomi e altri dati che identificano i criminali al di là di ogni dubbio, mentre la lista diffusa presso la società civile e i media (qui di seguito) comprende solo le iniziali dei cognomi e non riporta il nome dei locali presso cui alcuni criminali lavorano. La lista proviene da fonte sicura, che ci ha già aiutato in importanti azioni umanitarie contro il traffico di profughi eritrei:

Teshome H., eritreo da Sesewe; Yohanes Tsegay H. (24), eritreo da Mereta Sebene; Biniyam H. (35), eritreo da Golij, opera a Khartoum; Musie T. (46), eritreo; Ibrahim F. E. (40), eritreo, opera a Shegeraib; Ahmed Salh K., sudanese, opera a Shegeraib (gestisce un locale); Nasr Edris H. (30), opera a Shegeraib; Ahmed G. (35), opera a Shegeraib; Ali E., sudanese, opera a Shegeraib (lavora in una caffetteria); Ahmed E., sudanese, opera a Shegeraib (lavora in una caffetteria).

 

Roberto Malini, EveryOne Group


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