L’emigrazione in America
Le due sorelle maggiori di mio padre emigrarono in America nel 1921. Maddalena (1894-1994), a Genova salì sulla nave Regina d'Italia e sbarcò a Ellis Island il 12 maggio, aveva 27 anni e due bambini piccoli. Corina Maria (1902-1985), partì sulla stessa nave da Napoli a 19 anni e vide la Statua della Libertà il 16 settembre.
I dati esatti dello sbarco sono pubblicati dal The American Family Immigration History Center e sono consultabili al sito EllisIsland.org. L'archivio degli emigranti, Passenger Record, che hanno raggiunto l'America è raccolto dalla The Statue of Liberty-Ellis Island Foundation, Inc. Per ricevere tutte le informazioni è sufficiente scrivere il cognome della persona sulla quale si vuole fare la ricerca biografica. La Fondazione pubblica anche la foto della nave e i registri firmati dai passeggeri allo sbarco. Dalla consultazione dei registri si capisce l'origine di alcuni errori nella trascrizione manuale di nomi e cognomi. Per esempio il nome Giuseppe, scritto sin dall'inizio Guiseppe è rimasto così negli uffici anagrafici e i discendenti lo hanno memorizzato come tale.
Quando diversi anni fa andai a conoscere di persona i parenti emigrati a Springfield Massachusetts, trovai che Maddalena era orgogliosa di parlare cinque lingue: caspanese, milanese, italiano, americano, inglese. Prima di andare in America aveva lavorato a Milano e, per questo, quando ne aveva bisogno, usava la parola adatta alla situazione appresa nel suo soggiorno nella grande metropoli lombarda. A Caspano, all'epoca, c'era molta povertà, si pativa la fame, per non parlare della vita di stenti che si doveva condurre, con difficoltà enormi a tirar avanti, salvo la presenza di alcune famiglie benestanti che probabilmente non orientavano i figli verso l'emigrazione d'oltreoceano. Le famiglie, di solito molto numerose e di umili condizioni economiche, erano decimate da emigrazione, malattie, incidenti di montagna. I figli più grandi dovevano accudire ai più piccoli e sperimentare anzitempo i ruoli genitoriali con i fratellini e le sorelline, distanti in età anche oltre due decenni. Nella famiglia di nonno Felice c'erano dieci figli: Maddalena, Giuseppe, Antonietta, Corina Maria, Onesto, Carlo, Margherita, Gino, Guerino, Rina. Tra la prima, nata nel 1894, e l'ultimo, nato nel 1917, correvano ben 23 anni di distanza.
Una fuga, più che un sogno
Mio nonno Felice (1868-1954), vedovo in giovane età, aveva perduto la moglie Giovanna per una diagnosi medica errata. All'emigrazione delle figlie in America, si aggiunsero: la morte di Antonietta, giovane madre con il marito all'estero e all'oscuro del decesso; l'emigrazione dei maschi a Roma; la morte di altri due figli di cui uno rimpatriato dagli USA per malattia e l'altro colpito da un tronco pesante, durante il trasporto a mano. Si narra che, affranto dal dolore, il povero uomo girasse per il paese invocando a sua volta la morte. La ripresa fu dura, ma venne, probabilmente sorretta dalla fede salda e dalla speranza della salvezza eterna.
Maddalena non nutriva alcun desiderio di ritorno a Caspano proprio perché aveva sostenuto troppe privazioni dalle quali era fuggita con piacere. Quel ricordo la dissuadeva. Del resto, in America arrivavano continuamente notizie di vita difficile sulla montagna. Maria era partita oltreoceano come sposa per procura, moglie del fratello del marito di Maddalena. Le Chistolini aggiunsero così al loro il cognome di Alissi.
A memoria della dinastia vi è una bella lapide, artistica e monumentale, nel cimitero di Caspano, ideata ed aggiornata con attenzione e con cura dai marmisti Mario e Alberto Papini di Morbegno. La lapide rappresenta un ricordo perenne, soprattutto per i lontani che mantengono un legame con i luoghi dai quali emigrarono i progenitori.
Le lettere custodite per anni
Fu durante il mio viaggio in America che Lina, figlia di Maria, sposata Ferola, mi mostrò una lettera scritta dal nonno nel 1946 e conservata gelosamente per tanti anni. Letta e riletta decine di volte, pur senza comprendere tutte le parole in essa contenute, la lettera restava salda nelle mani della nipotina che mai aveva visto il nonno di persona.
Venuta meno anche Lina (1922-2011), le figlie hanno avuto modo di raccogliere le belle lettere del bisnonno, scritte nella calligrafia dell'epoca, e di inviarmele perché le traducessi in inglese e permettessi loro di capirne il contenuto. Si tratta di quattro documenti, ormai storici, dai quali si capisce qualcosa della vita sociale del dopoguerra, in un paesino di montagna segnato, come molti altri, dalla sofferenza. Due lettere recano la data del 1946, una ha la data del 1951 ed una è senza data.
Cenni sull'istruzione in Valtellina tra fine Ottocento e primo Novecento
La calligrafia delle lettere del nonno e la logicità del discorso evidenziano una buona scolarizzazione. Abbiamo condotto una breve ricerca storica, per capire quale fosse la situazione dell'istruzione in Valtellina, all'epoca della scuola elementare di nonno Felice (1874) e all'epoca dell'emigrazione delle figlie maggiori (1921).
A partire dall'unità d'Italia l'istruzione in Valtellina registrava indici crescenti di scolarità. Nel 1874, gli studiosi contemporanei, parlavano di scarse percentuali di analfabeti nella provincia di Sondrio, con punte molto basse rispetto alle altre province italiane. L'impegno per la diffusione dell'istruzione obbligatoria era dunque una costante che tuttavia non si associava ad uno spirito imprenditoriale della popolazione. M. Gianasso nel volume Strutture scolastiche e realtà sociale in una provincia italiana, Bissoni, Sondrio 1968, spiega l'alto livello di scolarità come «l'adempimento di un dovere e l'osservanza di un obbligo da parte di una popolazione ligia alla legge ed abituata nei secoli all'obbedienza ed all'ossequio al potere costituito» ed ancora: «Può essere utile cercare di cogliere le caratteristiche degli abitanti quali si sono andati forgiando nei secoli, riferendoci anche ai brevi cenni illustrativi di carattere storico ed economico che già sono stati anticipati nel corso della trattazione. I valtellinesi, salvo poche eccezioni limitate e ben circoscritte nel tempo, non furono i costruttori della loro storia. Per secoli subirono le successive dominazioni e non ebbero né la forza, né la possibilità di far sentire una voce autonoma ed indipendente nel campo politico ed amministrativo, né in quello sociale ed economico. La passività e la mancanza di iniziativa sembrano essere le caratteristiche peculiari della nostra gente nei secoli» (p. 46). Nel 1921, epoca dell'emigrazione da Caspano, la situazione dell'istruzione è descritta come segue da Gianasso: «Nel quadro della lotta contro l'analfabetismo, sorsero nel 1921 in Italia alcune associazioni che si prefiggevano lo scopo di elevare culturalmente il livello delle masse popolari portando l'istruzione agli adulti analfabeti abitanti nelle località più impervie e quindi sprovviste di scuole» (p. 56).
Il dato costante sembra essere da un lato l'attenzione e la cura per l'istruzione e d'altro lato l'isolamento sociale ed economico della popolazione che, sebbene istruita, non aveva modo di impegnare proficuamente la propria imprenditorialità nella comunità locale. In questo contesto, l'emigrazione emerge come una svolta importante, per lo meno come tentativo di superare le avverse condizioni di vita.
I temi sociali e politici nella vita quotidiana
Le lettere inviate dalla Valtellina lasciano trasparire il mondo dei valori delle generazioni del primo Novecento: l'amore per la famiglia, la consapevolezza della conclusione del ciclo della vita, il sentimento della ricompensa eterna, il culto delle Madonna, la critica sociale al comportamento di chi svolgeva un servizio pubblico. Una gerarchia nella quale il posto di merito spetta senz'altro alla religione, unica sponda di sicurezza. Solo gli uomini possono fallire, non certo la giustizia divina.
Sento che ai il disiderio di vedere tuo nonno e io più che contento sarei di videre tutti i miei cari biadeghini una volta prima che moro sai mia cara che conto la bellezza di 80 anni e poco mirimasto di rimanere in compagnia di tutti i miei cari figli e biadeghini.
Mia cara Lina consolamoci che ciabiamo di buono il paradiso mediante che facciamo buone oppere e sacrifici e sempre ricordare del Signore e la Madonna e un giorno che avremo la fortuna di salvare l'anima si abbraceremo in cielo.
E nella tua letterina tanti ringraziamente del tuo pensiero che ciai messo un $ 1 ma i buoni Italiani mano consignato la lettera aperta e il $ 1 l'anno preso loro.
Però mia cara Lena sono stato contento che o ricevuto i ritratti e molto contendo avidervi in fottografia e li tengo per mia memoria; e Se miriesce presto vi mandirò la mia fottografia.
Guarda mia cara Lena di non mette più dinari nelle lettere senza assicurarli perche qui abbiamo un servizio di brigante.
Mi scuserai del mio lungo scritto e ora non miresta altro che i viarti i miei più care e affezionate salute e baci e credami
per sempre tuo Aff.mo
Nonno
Chistolini Felice
Non mancano le raccomandazioni sull'educazione dei figli che devono essere preservati dai pericoli ed allevati secondo il timor di Dio.
Ti raccomando i tuo due care bambini di curarle dai pericoli e di alivarli col S. timor di Dio.
La descrizione di come le condizioni di vita a Caspano fossero di povertà e stenti, contiene implicitamente la conferma di quanto fosse stata corretta la scelta dell'emigrazione in un paese conosciuto per opulenza e benessere.
...ora causa della brutta guerra tanto soffro quì mia cara andiamo molto male generi care alle stelle e pochi denari e quindi tocca proprio soffrire spero mia Lina che vojaltri stante bene sò che l'America non manca nulla.
Il nonno lamenta anche di non avere la carta da lettera adatta per scrivere:
...mi scuserai della brutta carta che mando non avevo altra carta.
Uno spaccato essenziale dal quale emerge la dipendenza psicologica, oltre che economica, del villaggio di montagna dalla città americana. Non si accenna al trauma migratorio della gente che abbandonava tutto per non tornare mai più indietro. Costituisce invece un elemento ricorrente la spedizione di pochi dollari, di vestiti, di generi alimentari, aiuto costante agli anziani e alle famiglie rimaste al paese. Fino a circa il 1958, dall'America arrivavano tessuti e vestiti che le donne di montagna cucivano abilmente per chi ne aveva bisogno. Ogni pacco era avvolto nella stoffa e cucito ermeticamente. La mentalità della donazione di chi vive nel paese ricco ed aiuta chi vive nel paese povero si è mantenuta fino a pochi decenni fa. La generazione, costituita dai figli del primo flusso migratorio, tornata in Italia in vacanza, negli anni successivi al secondo dopoguerra, ancora manteneva l'idea di far visita ai poveri parenti italiani. Oggi qualche americano continua a spedire un dollaro nella busta delle lettere inviate ai parenti di Caspano. Memoria presente di un comportamento antico che racchiudeva solidarietà temprate dalle privazioni.
Nelle consuete lettere di Natale e di Pasqua c'era il dollaro che racchiudeva un certo senso di unità della famiglia, una unità talvolta sconosciuta tra i parenti in Italia. Nonostante le distanze enormi, quelle lettere hanno costituito l'insegnamento che si è mantenuto fino alla mia generazione. Conservo decine di biglietti di auguri che, puntualmente, sono arrivati dalle zie Maddalena e Maria e dai loro figli. Sempre le stesse frasi, ripetute con diligenza nell'italiano sbiadito, ma mai dimenticato, e la notizia importante di una nascita, di un matrimonio, di una malattia, di un decesso. Biglietti ai quali ho sempre risposto, dapprima per spinta solerte di mio padre, e poi per mia convinzione personale.
La terza e la quarta generazione in emigrazione sono protagoniste di un'altra storia che potrebbe essere descritta dalla posta elettronica. Di questa nuova comunicazione, al momento non abbiamo traccia né memoria, salvo annotare quale raro incontro in facebook, o in altri social network, probabilmente più effetto della globalizzazione che della appartenenza esplicita alla biografia migratoria degli antenati.
Sandra Chistolini