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Gianmario Bonfadini: La galleria antibomba della Baiacca a Sondrio.
Ingresso galleria sul Lungo Mallerro
Ingresso galleria sul Lungo Mallerro 
18 Settembre 2006
 
I massicci bombardamenti aerei effettuati a partire dall’ottobre del 1942 anche su centri di secondaria importanza, resero necessaria, vista la mancanza di sicuri ripari in caso di attacco nemico, la costruzione di nuovi rifugi antiaereo che potessero contenere buona parte della popolazione costretta a rimanere in città.
A Sondrio si decise per la soluzione dello scavo dei ricoveri all’interno degli affioramenti rocciosi diffusi nel perimetro urbano della città, il primo dei quali, in località Scarpatetti, capace di contenere settecento persone era già in fase di ultimazione nell’agosto del 1943. Il vantaggio di poter disporre di più zone dove ricavare piccoli e meno affollati rifugi sfumò dopo aver sondato la consistenza (scarsa) di molte di esse. Si decise quindi di scavare una lunga galleria nello sperone di S. Bartolomeo, dal primo tornante della strada che da via De Simoni sale per la Valmalenco alla sponda destra del torrente Mallero, a nord del ponte di Piazza Cavour.
Il 25 aprile del 1943 il Comitato provinciale di protezione antiaerea di Sondrio incaricò l’ingegner Ugo Martinola di redigere il progetto che fu approvato dalla Direzione Generale dei Servizi per la Protezione antiaerea del Ministero dell’Interno il 26 ottobre seguente. L’ing. Martinola si occupò anche della direzione dei lavori che ebbero inizio nel giugno del 1944 a cura della ditta sondriese Moroni Primo Eugenio di Angelo, impresa a cui il Comune, in data 19 maggio 1944, appaltò i lavori a spese del Ministero dell’Interno.La ditta si aggiudicò l’appalto con un ribasso del 15,65% sulla base d’asta di 3.603.425,65 £.
Il Comune di Sondrio chiese in uso temporaneo ai proprietari i terreni privati adiacenti senza dover ricorrere allo strumento dell’esproprio: «Mi lusingo di essere abbastanza buon cittadino per comprendere le necessità del momento e i diritti del Comune in ogni tempo» scrisse il prof. Giuseppe Guicciardi in una lettera del 2 giugno 1944 indirizzata al Comune.
 
Lo scavo in roccia della galleria antibomba procedette tra le difficoltà per il reperimento degli operai nati dal 1899 al 1926, la carenza di carburante e di esplosivo e l’inflazione che faceva lievitare i prezzi a dismisura per cui i preventivi erano sempre disattesi.
L’ottimo materiale di scarto venne in parte scaricato nell’alveo del Mallero e in parte utilizzato per il prolungamento verso sud della via Caimi. Per i trasporti venne utilizzato l’autoveicolo a gassogeno 1100 targa SO di proprietà dell’Impresa Autotrasporti Val Gerola, temporaneamente requisito e posto a disposizione della ditta Moroni assuntrice dei lavori.
 
Ulteriori problemi di natura economica e burocratica rallentarono la continuazione dei lavori fino a che, con una lettera del 1 maggio 1945 al Sindaco di Sondrio, l’ingegner Martinola comunicò la sospensione dei lavori essendo venuto a cessare lo scopo della costruzione, essendo cioè finita la guerra. Il rifugio della Baiacca, capace di 5.000 persone e costato complessivamente 3.746.000 £, non fu quindi mai completato. I costruendi rifugi della Baiacca e del Collegio Nazionale furono però regolarmente invasi dal pubblico durante gli attacchi e dai ragazzi nelle ore di sospensione dei lavori, quando i vagoncini che servivano per il trasporto dei materiali erano abbandonati sulle rotaie senza essere affrancati e venivano «messi in movimento per trastullo».
Il 15 marzo del 1947 una commissione del Ministero degli Interni visitò il rifugio, ne certificò il collaudo e chiese l’approvazione del Consiglio comunale di Sondrio che giunse il 28 agosto successivo.
Non fu subito chiarito chi fosse il proprietario definitivo della galleria, sta di fatto che il Comune, rispondendo a chi chiese rimborsi per via dei danni causati dallo scoppio di esplosivo, consigliò di rivolgersi al Genio Civile o all’Intendenza di Finanza in quanto i lavori furono disposti e finanziati dallo Stato.
 
L’estensione della galleria, che è lunga m 319, larga m 4 e alta al centro della volta m 3,10, non è rettilinea ma poligonale per meglio seguire l’andamento della roccia ed assicurare un forte spessore di protezione sia in senso verticale sia in senso orizzontale. Distribuiti lungo il perimetro sei grandi vani, che dovevano servire da zone cosiddette di sfollamento e di riposo specie per le donne e i bambini, misurano m 20 per m 8,80 e dovevano essere in gran parte dotati di panche in legno. Il progetto originale, prevedeva servizi igienici con sistema fognario, luce elettrica e lampade di sicurezza.
Attualmente il rifugio è in gestione al Comune. Esiste un progetto elaborato da professionisti aderenti all’associazione Bottega della scultura che ne prevede l’utilizzo per esposizioni e installazioni di arte contemporanea.
  
Gianmario Bonfadini

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