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Lidia Menapace. tristi pensieri (transitori) di fine estate
10 Settembre 2012
 

Sembra ancora estate, ma le mattine sono pungenti e i tramonti dolomitici che si vedono da casa mia, a Bolzano, rivelano uno straordinario repertorio di enrosadire, cioè di arrosature, di colori rosa, come si dice quassù con parola ladina, sempre più presto e sempre più veloci. Vero che anche lo sfumare violetto è bellissimo, ma dice che le giornate si accorciano visibilmente.

Voglio perciò raccontare che cosa è stata per me l'estate che finisce, poiché nella mia lunga vita ha segnato un passaggio molto importante.

Nell'estate del 2011 ho fatto un paio di faticate eccessive, tutte per motivi di impegni politici che avevo promesso di assolvere e così ho fatto con grande naturalezza, quasi abitudine, col famoso senso del dovere di una vecchia piemontese, nata e vissuta in una famiglie affettuosissima, e insieme molto rigida dal punto di vista etico. Lamentavo ogni tanto stanchezza e fiatone, raccogliendo commenti pari a ciò che mi dicevo da me: “che vuoi? mi stanco io, che ho la metà dei tuoi anni”, “il fiatone viene anche a me che sono giovane”, “via! sei umana pure tu”: tutto vero, però la stanchezza cresceva di gran carriera e il fiatone mi veniva anche a prendere i piatti dalla credenza per metterli in tavola.

Peccato, mi dicevo, proprio adesso che ho voglia di veder pubblicato un libro cui tengo, di teoria politica, con un paio o tre idee che mi sembrano nuove, spero di esserci quando uscirà.

Arrivo così al 25 aprile di quest'anno con una serie continua di discorsi iniziative e feste: e mentre vengo ospitata a Forlì da una compagna che prego di andar più piano per via del fiatone, mi chiede perché non mi faccio visitare, ha una zia di 96 anni, che certo non fa i cento metri, ma con un po' di pillole riesce a camminare bene. A Bolzano un paio di giorni dopo mi presento al pronto soccorso dove mi sembrano subito molto preoccupati e mi chiedono carte, esami del sangue, urina, elettrocardiogrammi, non ho nulla e dico la mia nota frase: “Dopo il morbillo non ho mai fatto nessuna malattia”, faticando ad essere creduta.

Quando dico che mi presenterò l'indomani per farmi ricoverare, devo firmare per uscire. Dal giorno dopo per una settimana sono presa nelle mani della Geriatria dove con bolzanina efficenza e asburgica buona amministrazione vengo osservata e visitata e si scopre che ho fatto un infarto di cui si vedono le conseguenze nell'affaticamento cardiaco, conferma il cardiologo; mi mandano poi in Diabetologia, che a Bolzano è molto buona e mi forniscono tutte le informazioni su come devo alimentarmi e controllare pressione e glicemia con tutte le macchinette e medicamenti necessari a tenere sotto controllo il diabete che mi hanno trovato. La diagnosi è fatta: ho i segni di un infarto pregresso e il diabete. Cerco di tirarmi in mente come e quando può essere successo l'attacco cardiaco e mi ricordo che verso la fine di gennaio 2012 una notte alle 3 mi sveglio con un forte dolore sopra lo sterno, mi siedo sul letto pensando che sia lo stomaco e che dovrò andare in bagno: ma se fosse la mia ultima ora, pace, aspetto. Non è la mia ultima ora, mi riaddormento a fatica e respirando male, ma ricomincio, il cuore non si ferma.

Le cure risultano efficaci, il fiatone torna “normale”, dormo coricata bassa, misuro la glicemia che va bene, l'organismo sembra molto reattivo, insomma posso dirmi contenta, con un fondo come di incertezza e piccolissima ansia che prima non avevo, quasi che, per dir così, la morte, che ho sempre saputo di avere in corpo come tutti/e, si fosse insediata con maggiore presenza in me: ma nulla di eccezionale, me lo dimentico spesso e continuo ad amare molto la vita e a godere di ogni cosa dai tramonti sulle Dolomiti a tutto ciò che mi capita.

Racconto per eccesso di importanza che mi do? o per megalomania? Non proprio, almeno credo: so insomma che ci sono altre ragioni, politiche.

Da quando ho incominciato a discutere della crisi capitalistica, non ho mai smesso, né mutato analisi, sono convinta che questa entro cui siamo non è la “crisi”, non la nostra, ad esempio, è la crisi del capitalismo e che ha caratteri tali da farmi concludere che probabilmente è l'inizio della crisi finale del capitalismo, se si conviene che come tutte le cose storiche, anche il capitalismo avrà una fine; che esso non è la fine della storia, se non trionfa nella barbarie della sua crisi: ché allora sarà per davvero la fine del mondo.

Può darsi che sia stata influenzata in questa analisi dalla mia salute, nel senso di farmi dire messaggi di fine e di mutamento profondo e radicale? onestamente non credo, ma siccome può essere, ripassate le parola che ho detto e dico. E non dimenticate che un aiuto alla crisi, al capitalismo, può venirgli, oltre che da sé e dallo straordinario potere che ha accumulato e gestisce, dalle molte risorse materiali e intellettuali, che gestisce e compra, anche dalla sua capacità di nascondersi e di nascondere la natura della “sua” crisi, facendola passare per “la” crisi.

Infatti manda e sparge messaggi continui di “unità”, “coesione”, di “stare insieme”: ci si chiede di finire con le divisioni, di essere “coesi”, e che “solo insieme” ecc. Non è vero, ma se riesce a convincere di ciò gli uomini, le donne, cioè la maggioranza della popolazione del mondo resteranno a disposizione dell'alleanza capitalismo patriarcato, cioè della massima barbarie possibile. Del resto siamo proprio sicure, sicuri che l'uscita dalla crisi del '29, dalla Grande depressione sia stata buona e giusta? ha provocato fascismo nazismo e seconda guerra mondiale, il rinvio delle donne a casa e l'azzeramento di gran parte dell'emancipazione.

Abbiamo già visto che cosa vuol dire uscire dalla crisi capitalistica invece che cercar di uscire dal capitalismo in crisi. E allora l'atomica non c'era. Sono veramente preoccupata. È l'unica cosa che mi fa pensare che sarebbe meglio morire.

 

Postille

 

Quale Corea? Ma il regista che ha vinto quest'anno il Leone d'oro a Venezia è sud o nordcoreano? La Rai ha accuratamente evitato di dirlo, definendolo solo coreano. Ma le Coree sono due. La Corea del sud è uno degli alleati più sbandierato degli Usa e dell'Occidente in generale. Il regista vincitore, che pare abbia fatto un film bellissimo (speriamo di poterlo vedere) ha ringraziato cantando una melodia molto dolce, ovviamente incomprensibile e che comunque sarà stata in coreano: parlano la stessa lingua nelle due Coree. L'unico elemento di possibile riconoscimento è stato che -finita la canzone- ha salutato col pugno chiuso, saluto internazionalmente noto.

Penso dunque che il regista del film vincitore sia della Corea del Nord: perché non dirlo? E perché invece il saluto a pugno chiuso è stato tagliato in tutte le possibili repliche?

 

Largo ai giovani. Come è noto si trattò di un famoso slogan fascista e tale resta, nel senso che il suo significato è reazionario e non perché lo dica io che sono vecchissima e quindi corporativa, ma anche ben poco coinvolta personalmente come è ovvio.

Quando quel motto fu lanciato, servì per sostituire alla classe liberalborghese al potere la parte più di destra della stessa classe, nessun rinnovamento, ma una turnazione al peggio nell'interno della borghesia, esattamente come oggi.

 

Lidia Menapace


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