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Lidia Menapace. Thyssen Krupp, amianto del Monferrato, TAV, ILVA
(foto sky.it)
(foto sky.it) 
28 Agosto 2012
 

La questione del'Ilva va considerata -tra l'altro- come un passo di una tendenza imboccata da parte della magistratura da qualche tempo: la tendenza cioè di considerare penalmente responsabili i proprietari e/o i gestori delle fabbriche inquinanti o delle lavorazioni pericolose ecc. ecc.

Si tratta di una cosa nuova, ma che si sta affermando e -a mio parere- è stato troppo poco messa in luce. Precedenti sono: il caso della Thyssen Krupp (il Gotha della grande industria!) denunciata e condannata per omicidio dopo l'“incidente” che costò la vita ad operai che lavoravano in condizioni di insicurezza, perché l'impianto doveva poi essere smantellato. Il secondo caso è quello condotto da Guariniello, che ha fatto condannare per omicidio i responsabili della fabbrica che inquinava con l'amianto il Monferrato... Un terzo caso potrebbe anche essere il Tav, e il quarto è certamente l'Ilva.

Questa tendenza deve essere sostenuta, perché modifica le responsabilità, affermando che i danni provocati dalla proprietà industriale non debbono essere risarciti dalla spesa pubblica (come ora, con eterni processi civili) ma dalla proprietà che nel nostro ordinamento costituzionale è tutelata, ma anche assoggettata a limiti: la sua “funzione sociale”... Se viene meno a ciò è condannabile, può essere chiamata a rispondere penalmente davanti ai giudici.

A questo punto ci sono in campo i sindacati, che rappresentano e tutelano il lavoro e la salute dei lavoratori e lavoratrici; le istituzioni pubbliche che dovrebbero tutelare l'interesse generale, cioè lavoro e salute di tutti e tutte le e i cittadini/e. Anche il governo ha il compito di tutelare l'interesse generale, ma se tratta con la proprietà si schiera con chi rappresenta un interesse particolare, per di più sotto inchiesta: si tratta di una inammissibile scelta a tutela degli interessi privati, una scelta non equa.

La strada è quella di sostenere la magistratura e attendere il suo responso, speriamo nella direzione delle sentenze citate. A questo punto si tratta l'esecuzione -per esempio- imponendo che per i lavori di profonda ristrutturazione degli impianti si debbono occupare gli operai dell'Ilva che così mantengono il lavoro e controllano che la fabbrica venga messa in condizioni di nuocere sempre meno a loro e alla città.

Vorrei che Rifondazione prendesse questa posizione e sostenesse l'alleanza tra lavoratrici lavoratoti e cittadini/e di Taranto.

Nei piani di risanamento l'Ilva dovrà cacciare i soldi dei profitti fatti sul sangue di uomini donne bambine bambini. Chi si prepara ad andare al Governo non può accettare l'alleanza con la proprietà, almeno per un elementare segno di prudenza. Non basta uno stomaco forte.

 

Lidia Menapace


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