Torno su Taranto, perché è la prosecuzione di una nuova giurisprudenza che bisogna sostenere e propagandare, alla quale bisogna trovare alleanze sociali e Taranto è un test di eccezionale importanza. Ho citato in proposito il caso Thyssen Krupp e quello dell'amianto a Casale. In ambedue i casi viene fatta ricadere la responsabilità penale sulla proprietà e sulla dirigenza, sicché i danni all'ambiente e alla salute o alla sicurezza sul lavoro non restano generiche osservazioni e consigli di riguardarsi o di stare attenti (non respirare? per esempio), ma caricano sulle spalle di chi ha il potere ed estrae profitto dalle varie lavorazioni nocive la responsabilità di farlo senza riguardo alcuno per l'ambiente e per le persone: è finita, d'ora in avanti dovranno rendere conto, buttare sangue, cioè - per loro - soldi. È assolutamente necessario favorire questa tendenza del diritto, trattando forme tempo passaggi gradualità necessarie col motto “le fabbriche non debbono chiudere, e la popolazione, i lavoratori e le lavoratrici debbono essere al più presto e gradualmente sottratti/e ai rischi per la salute, a spese degli inquinatori”.
Secondo me bisogna prendere al balzo anche una affermazione del ministro in carica per l'ambiente, che lamenta il consumo anzi l'abuso di terra, la cementificazione selvaggia, si potrebbero aggiungere in blocco le “grandi opere”. Sante parole: ma allora i Tav? da mantenere anche se il Portogallo si ritira e la Francia pure? e il raddoppio della ferrovia del Brennero? mentre le province autonome di Trento e Bolzano già trattano per evitare i tagli ai treni interregionali utili per i pendolari e si è già costituito un Comitato delle due province e sia di parlanti italiano che di parlanti tedesco contro la Tav del Brennero (che sarebbe giusto chiamate Tac)? I treni ad alta velocità sarebbe meglio chiamarli col loro nome (ad alta capacità) perché sono previsti soprattutto per le merci, per questo si può prevedere che corrano quasi sempre in galleria (d'altra parte il terreno nel fondovalle è di solito poco, per decreto della “natura” o per evento della geologia). E quando la poca terra sarà consumata da strade autostrade e ferrovie velocissime, ma non ce ne sarà più per produrre patate verdure allevamenti o formaggi ecc. ecc. e dovremo importare anche il prezzemolo, che economia sovrana potremo esercitare? mah!
Credo che per certi beni che vengono troppo facilmente detti “comuni”, sarà il caso di rispolverare la nozione marxiana di “beni e valori d'uso”, cioè che non soggiacciono ad alcuna proprietà, nemmeno comune o collettiva o pubblica: infatti la terra, l'acqua e l'aria (e anche la riproduzione, a mio parere) hanno la caratteristica di beni che non possono essere assoggettati al profitto, dunque non debbono essere proprietà privata, ma nemmeno all'uso indiscriminato e quindi nemmeno alla proprietà collettiva: e se sono beni in uso alla popolazione della terra, da quelle popolazioni debbono essere passati in uso senza inquinamento né abuso distruzione ecc. alle generazioni future. Per questo nelle Costituzioni dei paesi dell'area sovietica i vandalismi e gli abusi dei beni d'uso erano puniti molto severamente. Credo valga la pena di ripassare queste nozioni. E anche pretendere che i ministri, quando dicono qualcosa, cerchino di capire le inevitabili conseguenze di ciò che dicono.
Lidia Menapace