Il mare
(Questo pensiero di Stefania è stato letto durante la cerimonia di addio al suo funerale. L’ha accompagnata fino all’ultimo passo il flauto di Annalisa Spadolini, partner ideale di tanti sublimi momenti artistici)
L’amore per le cose belle della vita… cose semplici oramai per me. Una passeggiata col mio cane al parco della Caffarella, respirare gli odori della natura… che meraviglia! Guardare il cielo che cambia continuamente sotto i tuoi occhi, il verde che s’infila in mille modi sotto la terra… poi penso al mare. Il mio primo vero unico grande amore. Io se potessi vorrei essere mare. Cosa mi scatena il mare non si può raccontare! In tutti i suoi infiniti e molteplici aspetti, d’estate quando è caldo e calmo o mosso con i cavalloni e la spuma bianca grossa grossa, d’inverno, livido e grigio, con quei cieli che è troppo da sostenere! Io il mare me lo bacerei tutto, me lo porterei a casa e ci starei sempre insieme. Io vorrei andare a vivere al mare. Quando mi sogno felice, m’immagino in una casa sulla spiaggia a venti metri dal mare, e basta. Questa sarebbe la mia felicità, anche una catapecchia. Infatti, nella mia follia, sono andata a cercare una casa così a Fregene, ma non per averla, figuriamoci! per vederla e potermici immaginare dentro con la fantasia. (Stefania Iattarelli)
Stefania Iattarelli, nata a Roma nel ’64. Autrice, ideatrice e attrice di numerosi spettacoli si dedica con passione all’insegnamento delle tecniche del palcoscenico nelle scuole. Costituisce con Elisabetta Foti e Marinella Manni (che con Stefania lavorano in una redazione televisiva) l’Associazione Loba, ispirandosi al testo di Clarissa Pinkola Estes, Donne che corrono coi lupi – Il mito della donna selvaggia. Un‘opera che racchiude in sé arte, poesia e spiritualità per un’intensa ricerca della parte istintuale e creatrice della donna, ‘lupa ferina e al contempo materna’.
«Il nome della nostra Associazione: Loba, Lupa per l’appunto» si legge nello Statuto «incarna per noi il concetto universale di Donna Selvaggia, di Donna che corre con i lupi, ma anche di tutti quegli uomini che amano correre con le donne che corrono con i lupi. Anche perché per ciò che riguarda il ‘maschile’ un’altra scrittrice contemporanea, Virginie Despentes, ci suggerisce nel suo libro King Kong Girl che una emancipazione dell’uomo deve ancora venire, che anche il suo animo è confuso, perché troppo spesso soffocato in ruoli e modi fissi e stretti. L’ambiguità che si cela tra le pieghe di ogni essere umano, fondandone il carattere e determinandone spesso il destino, questo, è ciò che attrae il nostro sguardo».
Le ‘Lobe’ avevano creato un punto associativo a Roma – ‘I venerdì di Marinella’ – con chiari progetti da sviluppare e tante iniziative da intraprendere. Discorso interrotto con la scomparsa di Stefania, nell’ottobre del 2011, che mai, fino all’ultimo istante, ha smesso di interrogarsi sul senso della vita e dell’amore e di come poter reinventare la propria storia e il proprio destino.
Il 29 maggio del 2011, già provatissima da un male che se la stava divorando nonostante la sua accanitissima resistenza (“bastarda vecchia… io non voglio morire… hai capito? Io non voglio fare la fine della fiammiferaia!”) cura nell’Antico Casale di Colle Ionci a Velletri la lettura di una scelta di poesie al femminile di Maria Lanciotti, accompagnata al flauto da Annalisa Spadolini. Una lettura intensa che esprime tutta la volontà e lo sforzo di Stefania per arrivare a comprendere il gioco dell’esistenza, e come poter scombinare le carte, prima che cali il sipario.
Ed ecco i testi di quella lettura, che l’autrice desidera dedicare a Stefania, una ‘Loba’ che non c’è più ma vive nel sentire autentico di ogni donna.
IL SENTIRE DELLA LOBA
(poesie scelte - edite e inedite - di Maria Lanciotti)
Maja desnuda
La danza del cuore nudo io ballo,
la musica viene da lontano,
sonoro d’un film visto da bambina.
Maja desnuda,
gitana nella tempesta
amante della folgore.
Voglio tornare al mare
Voglio uscire dal lago limitato e torvo,
voglio tornare al mare,
lontano dai serpenti d’acqua
neghittosi e pigri.
Voglio tornare all’assalto di onde.
Nel mio cuore di fango
Nel mio cuore di fango
spuntano orchidee
i desideri odorano di zagare
le ginestre fioriscono superbe
e la zizzania si sposa con le spighe.
Nel mio cuore di fango
i merli innamorati fanno il nido.
Fuori dal tempo fermo
Drago con cento artigli
non avevi braccia per serrarmi,
drago con cento teste
non avevi bocca per dirmi resta.
Sabbia pastosa non fluisce,
scuoto e capovolgo la clessidra.
Lacrime congelate
stillano salate
riportandomi al tempo.
Fuori dall’illusione di te
ritrovai melodie di scogliere
innamorate del fondo.
Per vedovanza di te
mi rivestii d’azzurro.
Perdendo vinco
Avere la rosa e mano che la coglie,
io stessa giardiniera del mio roseto.
Nevicata di maggio sui campi
accaldati flette boccioli sorpresi.
Avere cuore di donna e polso di
uomo, vincendo perdo. Pago
con fumo di sogni
la luce dell’alba.
Avere piedi nomadi e vasto deserto,
i sandali persi nella vana rincorsa.
Essere donna e albero, radici
nel cielo e chioma nella terra.
Perdendo vinco.
A Emily Dickinson
Ho letto la tua lettera
indirizzata al mondo
Emily Dickinson
che ronza d’api e odora di gaggie.
Ho letto la tua lettera
da un secolo in viaggio
per arrivare a me.
Oscilla – gentile melodia –
fra le sponde del tempo.
La mia gola selvaggia
Soffia il ricordo sui tizzoni anneriti. Faville
di memoria incendiano campi di fieno.
S’apre la mia gola india,
malinconia fuggiasca percuote le cime.
La mia gola libera urlo ferino
smanioso di luna
la mia gola selvaggia immensa canta.
Fiumi cuprei sotto la pelle guizzano
in grotte azzurre di mari intemperati.
Donna
Donna - fiamme fanno corona
alla tua testa appassionata.
Il compagno
- innamorato del morso -
s’addormenta sognando pomi
e mano che li colga.
Donna - guardati dal vomere
e dal cinghiale: vogliono carpire il segreto
che ti fa tendere la mano.
Il lupo non l’ho mai incontrato
Peccato - il lupo non l’ho mai incontrato
mentre rubavo rubini all’agrifoglio.
Il lupo ha sempre fame – dicono.
Il lupo è cattivo – dicono – il lupo
impaurisce la luna
il lupo insidia il gregge – dicono.
Incontrai cani – custodi di agnelli –
ma il lupo non l’ho mai incontrato.
Sbagliai a vestirmi di rosso
a mettere sulle trecce il cappuccio.
Il lupo non l’ho mai incontrato –
Peccato. Volevo chiedergli di accompagnarmi
a incontrare l’uomo, che vuole mangiarmi.
Inchiesta
Ricerca spietata
d’assoluto.
Fede e credo
ampi come il cielo.
Cercare senza requie
il volto il nome
l’unico perché.
E io a danzare
fra scoppi di coriandoli
come selvaggia
attorno ad un feticcio.
Ruggito
Imprigionato
nel fortilizio
di cellule viventi
rugge
lo spirito indomato.
Progetto
Liberarmi di muffe
parassiti
e licheni
Crescere:
me stessa
per me stessa
Qualunque pianta io sia.
Oltre
Costretta nel recinto
di schemi
l’anima avvilisce
Libera e brada
oltre la barriera
a gareggiare col vento
esuberante
avventata
ritrovata
l’anima canta.
Bolide
Bolide di vita:
schiuma di lava
che vuol farsi terra.
Eva del desiderio
E lo sporco da strofinare
sull’altare di pietra.
Con le anche ruotanti
percuoti ansante
l’indelebile macchia.
Eva del desiderio
il sapore di mela
ti resiste ostinato
nella bocca veemente.
Amore belva
Ventre, anfratto di amore belva.
Donna, discepola del lupo.
Zanne, spade d’avorio dirette all’aorta.
Amore belva, carnivoro delle praterie,
insaziabile e solo.
Dedalo
Derubata e ladra
m’aggiro
tra fili spinati
intersecati.
Ree
Perdono – chiedevo io –
figlia madre sposa.
Madre perdona la mia disobbedienza
figli perdonate la mia ignoranza
sposo, che ci fai su di me?
Donne, ci hanno avvilite.
Non vestite merletti
non coprite l’odore buono di ascelle
non rasate il velluto del pube.
Donne, sempre ree.
Colpevoli di essere donne.
Brigantessa alla macchia
Scialle nero
colori di guerra
strisciati
sulla pancia
e cavigliera
ballo musica nova
musica disperata
Ardono i ceri rossi
brucia la mirra
Ballo a piedi nudi
brigantessa alla macchia
e nacqui
devota e donna.
Escamotage
Mi travestii da uomo
e mi sedussi
per non essere più
schiava e tiranna
Note d’un mandolino stonato
fanno ridere e piangere
A volte per vivere si rovescia la vita
Cogli l’ortica per me
Cogli l’ortica per me
a mani nude,
mio colto giardiniere.
Nel luogo abbandonato
cogli l’ortica per me,
mio suonatore di assenze.
Tropici
Orzo caramellato
il colore del ventre
e dentro acquattato
sonnecchia l’urlo
L’ombelico a fatica
gli resiste
e labbra strette
su contenuto furore d’amore
come barchette
su calma piatta d’onde
di solfuro.
Nave alla vela
questo mio ventre
bruno
corroso dai venti
dei tropici celesti.
Ensemble
Amore danza
danza amore
Non corpi avvinghiati
nel tango passionale
al ritmo dell’habanera
mosse studiate e tese
ma sciolti e briosi
nell’abbraccio
presa di un momento
e complice distacco
Ma non tagli mai pane
Ti piace il bianco metallo
ti piace il fioretto e il pugnale
fremi a toccare le lame
ma non tagli mai pane.
Le parole non dette
Le parole non dette
muoiono strozzate
nella crosta indurita
dall’assenza
di forti buoi
frustati sui lombi.
Per quella focaccia
Rimugina la crosta
di pane nero
nella bocca vuota di denti,
amore affamato.
Te la rendo per quella focaccia
speziata di erbe amare
e drogata,
che mi desti nel tempo
dell’aureo appetito.
*
donna non sei
se la colpa
trattieni
d’un paradiso
perduto
*
alga
donna
farfalla
onda
anelito
vento
*
io spuma
che lambisce
i tuoi confini
senza inondare mai
la tua sostanza
arido e sterile
ti rimase il cuore
ricco di silenzi
*
nicchia
nel granito
quest’amore
templare
*
il flauto
incanta il cobra
il cobra
l’incantatore
*
servente
mastico pelle
per la tua calzatura
*
la bambola ha perso
trucco
capelli
una gamba
col cuore di pezza
giocano
i cani randagi
*
sazia dei tuoi silenzi
affamata di amorevoli
gesti
mi sdoppiai:
inganno per averti
*
amanti di pietra
rivestono gli amati
della loro stessa
sostanza:
simulacri d’un sogno
*
stanca di masticare
la mia coda
mordo
in baci di fuoco
la tua gola!
*
setacciavo fiumi
per un granello
d’oro
mi punse lo scorpione
rinsavii
morendo
*
svolto l’angolo
e incontro
l’unicorno
Vita
La lotta silenziosa della donna
a mani nude
a petto nudo
e fiori fra i capelli e fra le labbra
è cielo dentro gli occhi
che sfavilla.
La lotta silenziosa della donna
rimbomba per la terra
e dentro i mari
montagne smuove e torri
polverizza.
La lotta silenziosa della donna
occhi asciutti
e ferite aperte
e canto di battaglia nella gola,
è solamente vita che si dona.
Rossa una rosa
(A Stefania, 31 ottobre 2011)
I tuoi capelli lunghi
Lo sguardo umido
Sotto le lunghe ciglia
Lo stupore la curiosità
Il sorriso caldo
La mente accesa
La bellezza del fiore di collina
Di conchiglia marina
(Lo sguardo umido
Sotto le lunghe ciglia)
La voce il riso
Il sogno d’una casa
Vicino al mare
(Anche una catapecchia
Un tetto, quattro mura)
Visitata d’inverno
Vuota e abbandonata
Lasciando orme sulla coltre di sabbia
(Loba che dove passa
Lascia un segno)
E raccontare che non è vero
Che una rosa muore se la cogli
(Le spine non finiscono di pungere)
Resta lo splendore della fioritura
Impresso
Senza tempo
(Lo sguardo umido
Sotto le lunghe ciglia)
Il profumo dei capelli lunghi
Di labbra fresche
Come rose rosse
Schiuse nel pieno del fiammeggiante amore
(Di te parlava il flauto
Le tue stesse parole)
E tu che volevi essere mare
Mare sei
(Lo sguardo umido
Sotto le lunghe ciglia)
La tua casa immensa
Fra onde e stelle
E tu scavalchi finestre
Imposte chiuse
(Così, per gioco, che non ne hai bisogno)
Per spalancare vani e lasciare impronte
E ovunque sei
(I tuoi capelli lunghi…)
Profumo di giardini e di fondali
E il tuo nome come un petalo si posa
(Lieve, di rosa rossa)
Ovunque il pensiero lo raccoglie
E lo rilancia la brezza vagabonda
Del mare che tu sei
Profondo azzurro
Illuminante fiaba
(Il flauto accompagna la tua danza)
Nota a margine. Grazie alla collaborazione della famiglia di Stefania, con la quale ci siamo messi in contatto per l'odierna presentazione, stiamo allestendo una piccola scheda biografica che ci consentirà di approfondire la conoscenza di quest'artista e operatrice culturale che abbiamo avuto occasione di incontrare al crocevia di Tellusfolio. La nota verrà pubblicata domani, sempre in questa collocazione.