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Maria Lanciotti. ‘Rossa una rosa’ per Stefania Iattarelli (1964 – 2011)
30 Luglio 2012
 

Il mare

(Questo pensiero di Stefania è stato letto durante la cerimonia di addio al suo funerale. L’ha accompagnata fino all’ultimo passo il flauto di Annalisa Spadolini, partner ideale di tanti sublimi momenti artistici)

 

L’amore per le cose belle della vita… cose semplici oramai per me. Una passeggiata col mio cane al parco della Caffarella, respirare gli odori della natura… che meraviglia! Guardare il cielo che cambia continuamente sotto i tuoi occhi, il verde che s’infila in mille modi sotto la terra… poi penso al mare. Il mio primo vero unico grande amore. Io se potessi vorrei essere mare. Cosa mi scatena il mare non si può raccontare! In tutti i suoi infiniti e molteplici aspetti, d’estate quando è caldo e calmo o mosso con i cavalloni e la spuma bianca grossa grossa, d’inverno, livido e grigio, con quei cieli che è troppo da sostenere! Io il mare me lo bacerei tutto, me lo porterei a casa e ci starei sempre insieme. Io vorrei andare a vivere al mare. Quando mi sogno felice, m’immagino in una casa sulla spiaggia a venti metri dal mare, e basta. Questa sarebbe la mia felicità, anche una catapecchia. Infatti, nella mia follia, sono andata a cercare una casa così a Fregene, ma non per averla, figuriamoci! per vederla e potermici immaginare dentro con la fantasia. (Stefania Iattarelli)

 

 

 

Stefania Iattarelli, nata a Roma nel ’64. Autrice, ideatrice e attrice di numerosi spettacoli si dedica con passione all’insegnamento delle tecniche del palcoscenico nelle scuole. Costituisce con Elisabetta Foti e Marinella Manni (che con Stefania lavorano in una redazione televisiva) l’Associazione Loba, ispirandosi al testo di Clarissa Pinkola Estes, Donne che corrono coi lupi – Il mito della donna selvaggia. Un‘opera che racchiude in sé arte, poesia e spiritualità per un’intensa ricerca della parte istintuale e creatrice della donna, ‘lupa ferina e al contempo materna’.

«Il nome della nostra Associazione: Loba, Lupa per l’appunto» si legge nello Statuto «incarna per noi il concetto universale di Donna Selvaggia, di Donna che corre con i lupi, ma anche di tutti quegli uomini che amano correre con le donne che corrono con i lupi. Anche perché per ciò che riguarda il ‘maschile’ un’altra scrittrice contemporanea, Virginie Despentes, ci suggerisce nel suo libro King Kong Girl che una emancipazione dell’uomo deve ancora venire, che anche il suo animo è confuso, perché troppo spesso soffocato in ruoli e modi fissi e stretti. L’ambiguità che si cela tra le pieghe di ogni essere umano, fondandone il carattere e determinandone spesso il destino, questo, è ciò che attrae il nostro sguardo».

Le ‘Lobe’ avevano creato un punto associativo a Roma – ‘I venerdì di Marinella’ – con chiari progetti da sviluppare e tante iniziative da intraprendere. Discorso interrotto con la scomparsa di Stefania, nell’ottobre del 2011, che mai, fino all’ultimo istante, ha smesso di interrogarsi sul senso della vita e dell’amore e di come poter reinventare la propria storia e il proprio destino.

 

Il 29 maggio del 2011, già provatissima da un male che se la stava divorando nonostante la sua accanitissima resistenza (“bastarda vecchia… io non voglio morire… hai capito? Io non voglio fare la fine della fiammiferaia!”) cura nell’Antico Casale di Colle Ionci a Velletri la lettura di una scelta di poesie al femminile di Maria Lanciotti, accompagnata al flauto da Annalisa Spadolini. Una lettura intensa che esprime tutta la volontà e lo sforzo di Stefania per arrivare a comprendere il gioco dell’esistenza, e come poter scombinare le carte, prima che cali il sipario.

 

Ed ecco i testi di quella lettura, che l’autrice desidera dedicare a Stefania, una ‘Loba’ che non c’è più ma vive nel sentire autentico di ogni donna.

 

 

 

IL SENTIRE DELLA LOBA

(poesie scelte - edite e inedite - di Maria Lanciotti)

 

 

Maja desnuda

 

La danza del cuore nudo io ballo,

la musica viene da lontano,

sonoro d’un film visto da bambina.

 

Maja desnuda,

gitana nella tempesta

amante della folgore.

 

 

Voglio tornare al mare

 

Voglio uscire dal lago limitato e torvo,

voglio tornare al mare,

lontano dai serpenti d’acqua

neghittosi e pigri.

 

Voglio tornare all’assalto di onde.

 

 

Nel mio cuore di fango

 

Nel mio cuore di fango

spuntano orchidee

i desideri odorano di zagare

le ginestre fioriscono superbe

e la zizzania si sposa con le spighe.

 

Nel mio cuore di fango

i merli innamorati fanno il nido.

 

 

Fuori dal tempo fermo

 

Drago con cento artigli

non avevi braccia per serrarmi,

drago con cento teste

non avevi bocca per dirmi resta.

 

Sabbia pastosa non fluisce,

scuoto e capovolgo la clessidra.

Lacrime congelate

stillano salate

riportandomi al tempo.

 

Fuori dall’illusione di te

ritrovai melodie di scogliere

innamorate del fondo.

 

Per vedovanza di te

mi rivestii d’azzurro.

 

 

Perdendo vinco

 

Avere la rosa e mano che la coglie,

io stessa giardiniera del mio roseto.

Nevicata di maggio sui campi

accaldati flette boccioli sorpresi.

 

Avere cuore di donna e polso di

uomo, vincendo perdo. Pago

con fumo di sogni

la luce dell’alba.

 

Avere piedi nomadi e vasto deserto,

i sandali persi nella vana rincorsa.

Essere donna e albero, radici

nel cielo e chioma nella terra.

 

Perdendo vinco.

 

 

A Emily Dickinson

 

Ho letto la tua lettera

indirizzata al mondo

Emily Dickinson

che ronza d’api e odora di gaggie.

 

Ho letto la tua lettera

da un secolo in viaggio

per arrivare a me.

 

Oscilla – gentile melodia –

fra le sponde del tempo.

 

 

La mia gola selvaggia

 

Soffia il ricordo sui tizzoni anneriti. Faville

di memoria incendiano campi di fieno.

S’apre la mia gola india,

malinconia fuggiasca percuote le cime.

La mia gola libera urlo ferino

smanioso di luna

 

la mia gola selvaggia immensa canta.

 

Fiumi cuprei sotto la pelle guizzano

in grotte azzurre di mari intemperati.

 

 

Donna

 

Donna - fiamme fanno corona

alla tua testa appassionata.

Il compagno

- innamorato del morso -

s’addormenta sognando pomi

e mano che li colga.

 

Donna - guardati dal vomere

e dal cinghiale: vogliono carpire il segreto

che ti fa tendere la mano.

 

 

Il lupo non l’ho mai incontrato

 

Peccato - il lupo non l’ho mai incontrato

mentre rubavo rubini all’agrifoglio.

Il lupo ha sempre fame – dicono.

Il lupo è cattivo – dicono – il lupo

impaurisce la luna

il lupo insidia il gregge – dicono.

 

Incontrai cani – custodi di agnelli –

ma il lupo non l’ho mai incontrato.

 

Sbagliai a vestirmi di rosso

a mettere sulle trecce il cappuccio.

 

Il lupo non l’ho mai incontrato –

Peccato. Volevo chiedergli di accompagnarmi

a incontrare l’uomo, che vuole mangiarmi.

 

 

Inchiesta

 

Ricerca spietata

d’assoluto.

Fede e credo

ampi come il cielo.

Cercare senza requie

il volto il nome

l’unico perché.

 

E io a danzare

fra scoppi di coriandoli

 

come selvaggia

attorno ad un feticcio.

 

 

Ruggito

 

Imprigionato

nel fortilizio

di cellule viventi

 

rugge

 

lo spirito indomato.

 

 

Progetto

 

Liberarmi di muffe

parassiti

e licheni

 

Crescere:

 

me stessa

per me stessa

 

Qualunque pianta io sia.

 

 

Oltre

 

Costretta nel recinto

di schemi

l’anima avvilisce

 

Libera e brada

oltre la barriera

a gareggiare col vento

esuberante

avventata

ritrovata

 

l’anima canta.

 

 

Bolide

 

Bolide di vita:

 

schiuma di lava

 

che vuol farsi terra.

 

 

Eva del desiderio

 

E lo sporco da strofinare

sull’altare di pietra.

 

Con le anche ruotanti

percuoti ansante

l’indelebile macchia.

 

Eva del desiderio

 

il sapore di mela

ti resiste ostinato

nella bocca veemente.

 

 

Amore belva

 

Ventre, anfratto di amore belva.

Donna, discepola del lupo.

Zanne, spade d’avorio dirette all’aorta.

Amore belva, carnivoro delle praterie,

insaziabile e solo.

 

 

Dedalo

 

Derubata e ladra

m’aggiro

tra fili spinati

intersecati.

 

 

Ree

 

Perdono – chiedevo io –

figlia madre sposa.

 

Madre perdona la mia disobbedienza

figli perdonate la mia ignoranza

sposo, che ci fai su di me?

 

Donne, ci hanno avvilite.

 

Non vestite merletti

non coprite l’odore buono di ascelle

non rasate il velluto del pube.

 

Donne, sempre ree.

 

Colpevoli di essere donne.

 

 

Brigantessa alla macchia

 

Scialle nero

colori di guerra

strisciati

sulla pancia

e cavigliera

ballo musica nova

musica disperata

 

Ardono i ceri rossi

brucia la mirra

 

Ballo a piedi nudi

brigantessa alla macchia

e nacqui

devota e donna.

 

 

Escamotage

 

Mi travestii da uomo

e mi sedussi

per non essere più

schiava e tiranna

 

Note d’un mandolino stonato

fanno ridere e piangere

 

A volte per vivere si rovescia la vita

 

 

Cogli l’ortica per me

 

Cogli l’ortica per me

a mani nude,

mio colto giardiniere.

 

Nel luogo abbandonato

cogli l’ortica per me,

mio suonatore di assenze.

 

 

Tropici

 

Orzo caramellato

il colore del ventre

e dentro acquattato

sonnecchia l’urlo

L’ombelico a fatica

gli resiste

e labbra strette

su contenuto furore d’amore

come barchette

su calma piatta d’onde

di solfuro.

 

Nave alla vela

questo mio ventre

bruno

corroso dai venti

dei tropici celesti.

 

 

Ensemble

 

Amore danza

danza amore

Non corpi avvinghiati

nel tango passionale

al ritmo dell’habanera

 

mosse studiate e tese

 

ma sciolti e briosi

nell’abbraccio

 

presa di un momento

e complice distacco

 

 

Ma non tagli mai pane

 

Ti piace il bianco metallo

ti piace il fioretto e il pugnale

 

fremi a toccare le lame

 

ma non tagli mai pane.

 

 

Le parole non dette

 

Le parole non dette

muoiono strozzate

nella crosta indurita

dall’assenza

di forti buoi

frustati sui lombi.

 

 

Per quella focaccia

 

Rimugina la crosta

di pane nero

nella bocca vuota di denti,

amore affamato.

 

Te la rendo per quella focaccia

speziata di erbe amare

e drogata,

che mi desti nel tempo

dell’aureo appetito.

 

 

*

donna non sei

se la colpa

trattieni

d’un paradiso

perduto

 

*

alga

donna

farfalla

onda

anelito

vento

 

*

io spuma

che lambisce

i tuoi confini

senza inondare mai

la tua sostanza

 

arido e sterile

ti rimase il cuore

 

ricco di silenzi

 

*

nicchia

nel granito

 

quest’amore

templare

 

*

il flauto

incanta il cobra

 

il cobra

l’incantatore

 

*

servente

 

mastico pelle

 

per la tua calzatura

 

*

la bambola ha perso

trucco

capelli

una gamba

 

col cuore di pezza

giocano

i cani randagi

 

*

sazia dei tuoi silenzi

affamata di amorevoli

gesti

 

mi sdoppiai:

 

inganno per averti

 

*

amanti di pietra

rivestono gli amati

della loro stessa

sostanza:

simulacri d’un sogno

 

*

stanca di masticare

la mia coda

 

mordo

 

in baci di fuoco

la tua gola!

 

*

setacciavo fiumi

per un granello

d’oro

 

mi punse lo scorpione

 

rinsavii

 

morendo

 

*

svolto l’angolo

e incontro

l’unicorno

 

 

Vita

 

La lotta silenziosa della donna

a mani nude

a petto nudo

e fiori fra i capelli e fra le labbra

è cielo dentro gli occhi

che sfavilla.

La lotta silenziosa della donna

rimbomba per la terra

e dentro i mari

montagne smuove e torri

polverizza.

La lotta silenziosa della donna

occhi asciutti

e ferite aperte

e canto di battaglia nella gola,

è solamente vita che si dona.

 

 

Rossa una rosa

(A Stefania, 31 ottobre 2011)

 

I tuoi capelli lunghi

Lo sguardo umido

Sotto le lunghe ciglia

Lo stupore la curiosità

Il sorriso caldo

La mente accesa

La bellezza del fiore di collina

Di conchiglia marina

(Lo sguardo umido

Sotto le lunghe ciglia)

La voce il riso

Il sogno d’una casa

Vicino al mare

(Anche una catapecchia

Un tetto, quattro mura)

Visitata d’inverno

Vuota e abbandonata

Lasciando orme sulla coltre di sabbia

(Loba che dove passa

Lascia un segno)

E raccontare che non è vero

Che una rosa muore se la cogli

(Le spine non finiscono di pungere)

Resta lo splendore della fioritura

Impresso

Senza tempo

(Lo sguardo umido

Sotto le lunghe ciglia)

Il profumo dei capelli lunghi

Di labbra fresche

Come rose rosse

Schiuse nel pieno del fiammeggiante amore

(Di te parlava il flauto

Le tue stesse parole)

E tu che volevi essere mare

Mare sei

(Lo sguardo umido

Sotto le lunghe ciglia)

La tua casa immensa

Fra onde e stelle

E tu scavalchi finestre

Imposte chiuse

(Così, per gioco, che non ne hai bisogno)

Per spalancare vani e lasciare impronte

E ovunque sei

(I tuoi capelli lunghi…)

Profumo di giardini e di fondali

E il tuo nome come un petalo si posa

(Lieve, di rosa rossa)

Ovunque il pensiero lo raccoglie

E lo rilancia la brezza vagabonda

Del mare che tu sei

Profondo azzurro

Illuminante fiaba

(Il flauto accompagna la tua danza)

 

 

 

Nota a margine. Grazie alla collaborazione della famiglia di Stefania, con la quale ci siamo messi in contatto per l'odierna presentazione, stiamo allestendo una piccola scheda biografica che ci consentirà di approfondire la conoscenza di quest'artista e operatrice culturale che abbiamo avuto occasione di incontrare al crocevia di Tellusfolio. La nota verrà pubblicata domani, sempre in questa collocazione.


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