Nuova grave perdita per la dissidenza cubana. Dopo Laura Pollán, se ne va anche Oswaldo Payá, uno degli uomini migliori, perché teso alla ricerca di una conciliazione, di una via di mezzo tra gli opposti estremismi. Tutti lo ricordano per il “Progetto Varela” che gli valse il Premio Sacharov, una richiesta di referendum per cambiare la Costituzione cubana in senso democratico e liberale. Nessuno cita la sua opera incompiuta,il “Progetto Heredia”, a cui teneva molto, come spesso mi diceva nel corso delle mail che ci scambiavamo quando traducevo in italiano i suoi articoli. Il Progetto Heredia prende il nome dal grande poeta cubano che dovette soffrire un lungo esilio e riguarda le restrizioni migratorie di cui soffrono i cubani, sia per uscire dal paese che per tornare, una volta che il governo gli ha dichiarati emigranti definitivi.
Il grande sogno di Payá era quello di realizzare una Cuba inclusiva, dove tutti i cubani avessero diritto d'asilo e potessero sentirsi a casa propria, senza bisogno di autorizzazioni governative per entrare e uscire. Questo è il progetto che ha lasciato incompiuto, ma che la parte migliore della dissidenza cubana deve cercare di realizzare. Cuba deve essere di tutti i cubani.
Adesso è il momento del dolore, dopo aver pianto Laura Pollán, fondatrice e portavoce delle Damas de Blanco (14 ottobre 2011), in circostanze poco chiare, si aggiunge la morte del candidato Nobel per la Pace. Alcuni parlano di delitto di Stato, di omicidio premeditato, ma non ce la sentiamo di seguirli su una strada pericolosa. L'autista spagnolo che guidava l'auto sulla quale viaggiava Payá ha dichiarato davanti al suo console: «Ho perso il controllo dell'auto e sono uscito di strada». Inutile cercare spiegazioni da film di 007 per un tragico evento luttuoso che colpisce ogni persona amante della libertà.
Gordiano Lupi
» Un'intervista a Yoani Sánchez è uscita oggi su Libero