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Yoani Sánchez. A Cuba Assad è soltanto una vittima
22 Luglio 2012
 

Le ultime settimane sono state molto dure per la stampa ufficiale cubana. Non è facile ritoccare la realtà anche se i nostri mezzi di comunicazione sono specializzati nel modificare le notizie. Hanno fatto i salti mortali per raccontare a loro modo la situazione siriana e adesso sono di nuovo in difficoltà per la presenza di un focolaio di colera nella parte orientale del Paese. I nostri media sono abituati a stigmatizzare i mali stranieri e a minimizzare le carenze locali. Basta leggere i recenti titoli del Granma per capire come non ci si dovrebbe mai comportare con le notizie. Subiamo da decenni questo tipo di disinformazione ma ancora ci sorprendiamo e inoltre ci sembra assurdo che possa convivere con gli appelli del governo che chiedono di mettere fine alla segretezza.

Il discorso delle autorità va in una direzione mentre le insipide pagine dei giornali ci portano da tutt'altra parte. Sono contraddizioni in rosso e nero, i soli colori che ospita nelle sue pagine l'organo ufficiale del Partito Comunista Cubano. Ascoltiamo i notiziari e ci rendiamo conto che Bashar al Assad è definito la vittima di una cospirazione internazionale. Le immagini dei villaggi distrutti e degli edifici bombardati sono accompagnate da pesanti accuse verso le forze di opposizione. La nostra televisione segue lo stesso copione recitato durante la crisi libica: riverenza per il presidente siriano, come è accaduto in passato con Muammar al Gaddafi. Ma la credulità degli spettatori non è la stessa di un anno fa, pochi sono disposti a fidarsi dei nostri mezzi di comunicazione che vengono visti con sospetto.

Noi cubani siamo abituati a leggere tra le righe, a interpretare i titoli positivi come negativi e a considerare le dichiarazioni di vittoria come una sconfitta. Insieme al sospetto ormai radicato, convive il fenomeno delle antenne paraboliche illegali, sempre più frequenti nelle famiglie cubane. Grazie a esse si ricevono programmi e notiziari, soprattutto dalla Florida, che ci consentono di verificare ciò che viene affermato dai commentatori nazionali. In questo modo possiamo paragonare costantemente le diverse fonti di informazione, ed evitare di cadere nella rete di chi vorrebbe orientare l'opinione pubblica. A Cuba esiste da troppo tempo una vera e propria schizofrenia informativa che ha provocato una forte polarizzazione delle opinioni popolari, un vero caos di giudizi.

Tutto diventa ancora più drammatico quando si tratta di questioni nazionali. In questo caso, la segretezza raggiunge il parossismo. È il caso del focolaio di colera che ha colpito la zona orientale del Paese. Abbiamo sentito parlare del problema per la prima volta una settimana dopo che un giornalista indipendente aveva dato la notizia. Solo quando non era più possibile continuare a nascondere la situazione, il periodico Granma ha pubblicato un articolo dove non si menzionava la parola colera, ma il nome scientifico del batterio Vibrio Cholerae. Per chi non è andato a consultare un dizionario, la notizia sembrava fare riferimento a una delle tante malattie diarroiche comuni durante i mesi di caldo intenso. La maggior parte dei cubani si è resa conto della gravità della questione solo quando ha verificato la notizia con altre persone. Per questo, la successiva nota informativa firmata dal Ministro della Salute Pubblica nella quale si parlava di 158 contagiati e 3 morti, è stata accolta con grande sfiducia. Nella prima pagina dell'edizione di sabato 14 luglio si poteva leggere un titolo allarmante che avvertiva: “Florida colpita da un'epidemia di tubercolosi. Il direttore chiude l'ospedale dove viene trattata la malattia”.

Conosciamo bene il vecchio trucco di mettere in evidenza le notizie internazionali negative per ridurre l'importanza dei problemi interni. Come se la formula banale dell'inferno esterno contrapposto al paradiso cubano potesse ancora funzionare. Al contrario, la gente si è sentita imbrogliata e presa in giro. La linea editoriale che prevedeva di minimizzare e di nascondere la situazione ha ottenuto il risultato opposto, alimentando i sospetti che dietro le cifre ufficiali si nascondesse una realtà inquietante. Alla base di questa manipolazione mediatica c'è l'assurda tesi che si debba parlare dei problemi soltanto dopo averli superati. Sempre che se ne parli. Ci troviamo di fronte alla vecchia idea di non agitare i panni sporchi sullo stenditoio dell'opinione pubblica, per non indebolire la Rivoluzione. L'informazione è sempre zoppicante mentre la trasparenza informativa viene vista come un atto di collaborazione con il nemico. Per questo motivo, noi che facciamo un giornalismo che tiene conto della realtà e vuol porre fine alla segretezza, dobbiamo combattere contro uno dei pilastri fondamentali del sistema cubano.

Non è possibile modificare un aspetto che è insito allo stesso processo politico ed è sempre stato il principale meccanismo di controllo e di potere. Per i nostri mezzi di comunicazione, Bashar al Assad continuerà a essere il leader indiscutibile del suo popolo fino al giorno in cui forse lo vedremo, improvvisamente e senza alcun passaggio informativo, cadere nelle mani dei suoi compatrioti o chiedere asilo in un altro Paese. Nei notiziari ufficiali si continuerà a parlare del colera come di un'epidemia che interessa la vicina Haiti e della tubercolosi come di un focolaio che riguarda l'altra sponda dello stretto della Florida. Niente deve danneggiare l'immagine del nostro paradiso caraibico artificiale!

 

Yoani Sánchez

Traduzione di Gordiano Lupi

(da Ser cultos para ser libres, 21 luglio 2012)


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