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Gordiano Lupi. Un poeta di nome Virgilio 
Cent’anni di Piñera - Seconda Parte
20 Luglio 2012
 

Da Un bamboleo frenético

(Un dondolio frenetico)

 

 

Giochi infantili

 

Quando un proiettile esce

da un revolver di legno

quando non si ode lo scoppio

né si vede un corpo perforato;

quando il bambino che brandisce l’arma

dice: Ti ho ucciso, cadi,

il tempo, profeticamente,

dispone le pozze di sangue.

 

Dispone anche il destino

di uccidere o essere ucciso;

perseguiti o ti accerchiano

gridi: arrenditi!

o gridi: salvami!

 

In questa grande confusione

che la vita ti prepara,

porti una tigre legata

che non vede l’ora di sciogliersi;

tu lo sai, hai paura,

pretendi di imbalsamarla,

ma lei fugge il coltello

e te lo mette nelle mani.

 

Questi giochi infantili

son sogni bianchi che spaventano;

cominciano nell’innocenza,

finiscono nel sudario.

 

(1962)

 

 

Il risultato

 

Quando mi pentirò

dei miei crimini

ti manderò un telegramma.

Verrai vestito di bianco,

darai calce alla mia anima.

 

Piangerò sulle tue spalle

per ricoprire il tuo vestito;

neri diamanti nel tuo petto

e nero fumo nelle tue viscere.

 

Affonderemo il pugnale

in un sogno esorbitante:

prenderà la forma dell’agnello

che viene fuori dalla tigre sciolta.

 

Con le ferite faremo rime

e con le grida sciarade;

l’espiazione sarà un passatempo

nell’eternità che mi attende.

 

Dopo mi siederò a tavola

per mangiare del pane sacro:

io lo spezzerò nero,

tu me lo darai bianco.

 

(1962)

 

 

Mentre morivo

 

Mentre morivo immaginavo una fossa,

badilate di terra, acqua stagnante,

rumori confusi, bocche serrate,

e io, che cadevo a capofitto nella fossa.

 

Mentre morivo immaginai la mia immagine

con gli occhi cupi e i capelli ritti

contemplando il supremo sconforto:

la morte travestita con la mia immagine.

 

Così stavo morendo, con indigestione

di fiori e vermi. Spirando

sopra la mia bocca sboccata;

 

ordinando i miei resti, i miei avversari,

collocando le mie ossa nel nulla

e vomitando la mia immagine funebre.

 

(1963)

 

 

Testamento

 

Siccome sono stato iconoclasta

non voglio diventare una statua;

se nella vita sono stato carne,

nella morte non voglio essere marmo.

 

Siccome io provengo da un posto

di demoni e di angeli,

come angelo e demonio morto

continuerò per quelle strade…

 

In tale eternità vedrò

nuovi demoni e angeli,

con loro converserò

in un linguaggio cifrato.

 

E tutti comprenderanno

il io non piango, fratello mio…

Così fui, così vissi,

così sognai e passai il trance.

 

(1967)

 

 

 

Da Una broma colosal (Uno scherzo colossale)

Raccolta Postuma (1988)

 

 

La cosa meno importante

 

La cosa meno importante:

che tu non mi ami,

e la più importante:

che sono colui che ti ama.

È il mio splendido vantaggio,

e non come pensano gli sciocchi,

il mio triste vantaggio.

Sono una cosa tua,

il piano che stai suonando,

e mentre suoni, ti dici:

Un piano è solo un piano”.

Ma anche,

quasi con amarezza:

Com’è innamorato di me!”.

Vorresti graffiarmi

- e comprendo la tua rabbia -:

non sei disposta ad accarezzarmi,

mentre io,

con la sovranità dell’amore,

ti accarezzo con lo sguardo.

E la tua anima, come un vampiro,

beve il sangue della mia anima:

ogni goccia è il calice del lento veleno

che si somministrano gli indifferenti.

Rotto, esangue,

incorporeo, mentre sto morendo

posso dirti:

Non amarmi.

 

(1967)

 

 

Una notte

 

Una notte nella calle Zanja,

saltando tra cinesi impavidi,

ascoltai una voce che mi diceva:

Come sei sciocco, Virgilio!,

pensando a tutte quelle boscaglie,

quei mari, quelle montagne:

lascia il bosco agli alberi

e attendi un amore di passaggio.

Che sciocco sei. Se sapessi,

o riuscissi a indovinarlo,

non apriresti così tanto gli occhi,

e mi tenderesti la mano.

Una notte nella calle Zanja.

Ma io non mi sono fermato.

 

(1969)

 

 

Bene, diciamo

 

A Lezama

 

Bene, diciamo che abbiamo vissuto,

non certamente – anche se sarebbe elegante –

come i greci della polis raggiante,

ma simili a statue criselefantine,

e con un’ombra di steatopigia.

Abbiamo vissuto in un’isola,

forse non come volevamo,

però come potevamo.

In ogni caso demolimmo alcuni templi

e costruimmo altri

che forse dureranno

o saranno a loro tempo demoliti.

Abbiamo scritto infaticabilmente,

sognato quanto basta

per penetrare la realtà.

Innalzammo dighe

contro l’idolatria e il crepuscolare.

Abbiamo reso omaggio al sole

e, cosa ancora più splendida,

lottammo per essere splendenti.

Adesso, in silenzio per un momento,

udiamo città ridotte in polvere,

ardere in pavesi insegne manoscritte,

e il lento, quotidiano gocciolare dell’odio.

Ma, è solo una pausa nel nostro divenire.

Presto ci metteremo a conversare.

Non dalle rovine, ma dal ricordo,

perché credimi: sono senza gravità

e noi adesso cominciamo.

 

(1972)

 

Traduzioni di Gordiano Lupi


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