Giochi infantili
Quando un proiettile esce
da un revolver di legno
quando non si ode lo scoppio
né si vede un corpo perforato;
quando il bambino che brandisce l’arma
dice: Ti ho ucciso, cadi,
il tempo, profeticamente,
dispone le pozze di sangue.
Dispone anche il destino
di uccidere o essere ucciso;
perseguiti o ti accerchiano
gridi: arrenditi!
o gridi: salvami!
In questa grande confusione
che la vita ti prepara,
porti una tigre legata
che non vede l’ora di sciogliersi;
tu lo sai, hai paura,
pretendi di imbalsamarla,
ma lei fugge il coltello
e te lo mette nelle mani.
Questi giochi infantili
son sogni bianchi che spaventano;
cominciano nell’innocenza,
finiscono nel sudario.
(1962)
Il risultato
Quando mi pentirò
dei miei crimini
ti manderò un telegramma.
Verrai vestito di bianco,
darai calce alla mia anima.
Piangerò sulle tue spalle
per ricoprire il tuo vestito;
neri diamanti nel tuo petto
e nero fumo nelle tue viscere.
Affonderemo il pugnale
in un sogno esorbitante:
prenderà la forma dell’agnello
che viene fuori dalla tigre sciolta.
Con le ferite faremo rime
e con le grida sciarade;
l’espiazione sarà un passatempo
nell’eternità che mi attende.
Dopo mi siederò a tavola
per mangiare del pane sacro:
io lo spezzerò nero,
tu me lo darai bianco.
(1962)
Mentre morivo
Mentre morivo immaginavo una fossa,
badilate di terra, acqua stagnante,
rumori confusi, bocche serrate,
e io, che cadevo a capofitto nella fossa.
Mentre morivo immaginai la mia immagine
con gli occhi cupi e i capelli ritti
contemplando il supremo sconforto:
la morte travestita con la mia immagine.
Così stavo morendo, con indigestione
di fiori e vermi. Spirando
sopra la mia bocca sboccata;
ordinando i miei resti, i miei avversari,
collocando le mie ossa nel nulla
e vomitando la mia immagine funebre.
(1963)
Testamento
Siccome sono stato iconoclasta
non voglio diventare una statua;
se nella vita sono stato carne,
nella morte non voglio essere marmo.
Siccome io provengo da un posto
di demoni e di angeli,
come angelo e demonio morto
continuerò per quelle strade…
In tale eternità vedrò
nuovi demoni e angeli,
con loro converserò
in un linguaggio cifrato.
E tutti comprenderanno
il io non piango, fratello mio…
Così fui, così vissi,
così sognai e passai il trance.
(1967)
La cosa meno importante
La cosa meno importante:
che tu non mi ami,
e la più importante:
che sono colui che ti ama.
È il mio splendido vantaggio,
e non come pensano gli sciocchi,
il mio triste vantaggio.
Sono una cosa tua,
il piano che stai suonando,
e mentre suoni, ti dici:
“Un piano è solo un piano”.
Ma anche,
quasi con amarezza:
“Com’è innamorato di me!”.
Vorresti graffiarmi
- e comprendo la tua rabbia -:
non sei disposta ad accarezzarmi,
mentre io,
con la sovranità dell’amore,
ti accarezzo con lo sguardo.
E la tua anima, come un vampiro,
beve il sangue della mia anima:
ogni goccia è il calice del lento veleno
che si somministrano gli indifferenti.
Rotto, esangue,
incorporeo, mentre sto morendo
posso dirti:
Non amarmi.
(1967)
Una notte
Una notte nella calle Zanja,
saltando tra cinesi impavidi,
ascoltai una voce che mi diceva:
Come sei sciocco, Virgilio!,
pensando a tutte quelle boscaglie,
quei mari, quelle montagne:
lascia il bosco agli alberi
e attendi un amore di passaggio.
Che sciocco sei. Se sapessi,
o riuscissi a indovinarlo,
non apriresti così tanto gli occhi,
e mi tenderesti la mano.
Una notte nella calle Zanja.
Ma io non mi sono fermato.
(1969)
Bene, diciamo
A Lezama
Bene, diciamo che abbiamo vissuto,
non certamente – anche se sarebbe elegante –
come i greci della polis raggiante,
ma simili a statue criselefantine,
e con un’ombra di steatopigia.
Abbiamo vissuto in un’isola,
forse non come volevamo,
però come potevamo.
In ogni caso demolimmo alcuni templi
e costruimmo altri
che forse dureranno
o saranno a loro tempo demoliti.
Abbiamo scritto infaticabilmente,
sognato quanto basta
per penetrare la realtà.
Innalzammo dighe
contro l’idolatria e il crepuscolare.
Abbiamo reso omaggio al sole
e, cosa ancora più splendida,
lottammo per essere splendenti.
Adesso, in silenzio per un momento,
udiamo città ridotte in polvere,
ardere in pavesi insegne manoscritte,
e il lento, quotidiano gocciolare dell’odio.
Ma, è solo una pausa nel nostro divenire.
Presto ci metteremo a conversare.
Non dalle rovine, ma dal ricordo,
perché credimi: sono senza gravità
e noi adesso cominciamo.
(1972)