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Lidia Menapace. La crisi è strutturale
20 Luglio 2012
 

Francamente non vedo lo scandalo, dico sul governo Monti, né le delusioni, del resto. Mi ricordo di aver detto e scritto, subito dopo la caduta di Berlusconi, che non c'era poi tanto da gioire, o da gloriarsi, dato che non l'avevamo per nulla fatto cadere noi: è stata la sua classe che l'ha ritirato, perché era impresentabile e faceva troppi danni. Inoltre ho segnalato subito il rischio Napolitano, che -per non si sa quale ragione- ha cominciato ancor prima della scoperta del governo Monti a trasformare l'Italia in Repubblica presidenziale, del tutto fuori controllo costituzionale.

C'è qualcuno che pensa che la “tecnica” sia “oggettiva”? Ancora, dopo la brevettazione dei farmaci contro l'Aids, dopo l'ospedale-azienda, la scuola asservita alle settimane bianche in bassa stagione turistica, e l'industria della cultura? e dopo che il ministro della Difesa in carica, “tecnico”, ma anche ambasciatore della Repubblica per il momento fuori servizio, chiama “furore ideologico” la richiesta di tagliare le spese militari e in particolare gli F35 (neanche fosse nel CdA di Finmeccanica)? e che un alto funzionario ministeriale al momento “tecnicizzato” come ministro dell'Economia in sostituzione dell'interim fino a pochi giorni fa esercitato da Monti, si riveli così poco a conoscenza della Costituzione italiana a proposito di autonomie?

E ancora: non capisco perché tutti si arrovellino per nominare la crisi, finanziaria, economica, italiana, europea, ecc.: non è crisi strutturale e globale del capitalismo e non è lì il rischio generale e la straordinaria occasione? trasecolo.

Facciamo un piccolo ripasso scolastico: il sistema capitalistico, nato in Europa nel corso di secoli e sviluppatosi quando si accompagnò alla formazione degli stati liberali con i primi diritti fondamentali (non estesi agli operai) e voto (escluse tutte le donne e gli uomini delle classi popolari) ha avuto spesso crisi, congiunturali, più o meno pesanti e diffuse, che ha “risolto” con l'emigrazione (dall'Irlanda affamata agli Usa, dalla Francia al Canadà, dall'Italia unificata al mondo), con lo schiavismo (manodopera a basso costo) e con il colonialismo, cioè andando a depredare popoli considerati “inferiori”. Ciononostante incorse in una crisi molto grave all'inizio del XX, quando celebrava il suo trionfo, che autonominava “Belle époque”, cui seguiva -poco dopo il trionfo dell'Expo parigina (1910)- la prima guerra mondiale, tipicamente interimperialistica, alla fine della quale il comando capitalistico era passato dal Regno Unito agli Usa, dove tuttora sta.

Segue un periodo detto “tra le due guerre (1920-1940)” nel corso del quale il principio di nazionalità fa strage del liberalismo politico, sicché in Europa si affermano regimi dittatoriali a cominciare dal Fascismo e poi Franchismo e poi Salazarismo e poi Nazismo (1922-1933) (regimi simili si affermavano anche in Jugoslavia, Ungheria,, Polonia, Romania). Prima e in concomitanza era scoppiata la Rivoluzione d'ottobre (1917) che portava alla conquista del potere statale in Russia e alla formazione dell'Urss, insieme di popoli e stati riuniti sotto la sigla di Unione delle repubbliche socialiste sovietiche, destinata a un rapido allargamento politico internazionale e a un difficile e illiberale sviluppo interno, comunque incomparabilmente superiore al vecchio sistema zarista per occupazione, scolarità, emancipazione femminile e medicina pubblica.

Nel 1929 si era manifestata una crisi del capitalismo di insolita gravità, (la Grande Depressione) che si “conclude” con l'avvio della seconda guerra mondiale perché l'economia capitalistica pur potendo disporre di un grande economista come lord Keynes, che suggeriva grandi investimenti pubblici (anche in armamenti) per rimettere in moto l'economia, accettava con grande difficoltà la proposta keynesiana di Roosevelt (New Deal), mentre Hitler l'applicava, con il supporto di Krupp (sempre lui dalla Grosse Bertha, il cannone che poteva sparare su Parigi nel '70 alla Thyssen Krupp) e dei militari e appunto alla fine dichiarava la guerra avendo un apparato militare fortissimo e capace di far pensare a una sua vittoria. Ci volle una alleanza molto difficile tra i paesi liberali capitalistici e l'Urss per vincere su Hitler.

La guerra, la seconda guerra mondiale, dal 1939 al 1945 brucia in risorse una enormità di cose (i bombardamenti sulle città) e in vite umane quanto non aveva mai fatto nemmeno la più spaventosa delle pestilenze, né quella di Atene narrata da Tucidide, né quella di Firenze narrata da Boccaccio, né quella di Londra del 1777, né quella di Milano narrata da Manzoni: nemmeno insieme: perché Hitler “inventò” l'economia dei campi di sterminio per ebrei omosessuali testimoni di Geova, oppositori politici e comunisti in quanto tali. Milioni di uccisi innocenti, usati prima in un delirio di sfruttamento capitalistico, fino alla morte di fatica nel lavoro, e fino agli esperimenti medici su umani viventi, insomma una cosa che non si può dimenticare perché a quegli eccessi il sistema capitalistico può arrivare anche in paesi civili colti e moderni come la Germania è sempre stata. Magari anche fomentando più o meno vere rivoluzioni e primavere con aiuti militari e presenze Nato e Cia, più o meno occulte.

Spaventoso con l'atomica a disposizione.

 

Se si profila una crisi strutturale e globale del capitalismo vale la pena intanto di chiamarla sempre col suo nome e insieme di pensare e operare quasi solo per l'alternativa, che -con gli attuali rapporti di forza- può essere quasi solo culturale: eppure mutare la cultura che il capitalismo in crisi ha disseminato (massimo di economicismo mercantile, individualismo estremo, mercificazione della vita, dei corpi ecc.) da rifiutare e da respingere, si fa mettendo in atto altre forme del vivere, del produrre, del riprodurre: una impresa certo titanica, ma anche vitale e piena di speranza, per la quale merita impegnarsi: se no, invece di darsi tanto da fare a spulciare episodietti o ripassare ricette non più agibili (il capitalismo in crisi non é più riformabile) è meglio darsi alla bella vita bruciando le ultime risorse esistenti, e farlo in compagnia invece che da soli. O no?

 

Lidia Menapace


 
 
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