Per giorni mi sono chiesta cosa avesse voluto dire Alfano quando, all'interno di un suo discorso, non ricordo più su cosa, aveva ripetuto svariate volte “siamo al nodo semantico”; ecco questo mi ha torturato per giorni. Lo sapevo decifrare solo nella poesia ma sentivo che se Alfano aveva catturato la mia attenzione dovevo almeno chiedermi quale fosse il nucleo principale della sua ideazione, quale legame avesse tacitamente visualizzato e quali relazioni simboliche avesse esplicitato a chi, credo pochi, potesse capire. Ricordo gli occhi ispirati, un po' bovini ma mesti, cortigiani, quasi arrendevoli, un po' come gli si fosse visualizzata davanti una vecchia storia che pensava di aver rimosso, allontanato, sepolto. E invece quella storia con il suo orco tornava, come tutte le ossessioni che, cacciate dalla porta, rientrano dalla finestra.
E così il nodo non era il nucleo semantico che ben conoscono i critici, che non perdono tempo come me a sentire Alfano. Era proprio un nodo alla gola, un inghiottire una medicina amara, un respiro corto di cui la stampa dirà poi che ne avrebbe pianto. A me la rabbia era sembrata contenuta, la frase sui microfoni non adatti alla “sua altezza” faceva intendere in politichese la sua sconfitta alla ricomparsa dell'“incubo”. Invece... oggi un'altra dichiarazione... “sono un uomo.... sia chiaro sono un uomo... perché l'uomo deve essere uomo prima che politico... e io sarò uomo prima che politico”. E così il nodo è tornato e con esso stavolta anche un'avvitata da strozzare il respiro. Mi ha fatto rabbia e pena, seccata di aver perso con lui tanto tempo perché io il tempo voglio spenderlo altrove.
Dove? Voglio seguire passo passo la dieta che farà perdere 8 kg ad un grande statista che tanto bene ha procurato al nostro paese. Altro che Alfano!
Patrizia Garofalo